Storie di Erodoto, Libro 1 - par 3 - 6 - Studentville

Storie di Erodoto, Libro 1 - par 3 - 6

[3] A parer mio, dimostra la debolezza degli antichi stati anche la considerazione seguente, certissima: prima dei fatti di Troia, è evidente che la Grecia non ha saputo mai riunire le proprie forze e dirigerle a un’impresa comune. Mi pare anzi che neppure tutta possedesse ancora il nome attuale e che nell’epoca precedente ad Elleno, figlio di Deucalione, tale appellativo non esistesse nemmeno. Furono invece singole genti, sembra, e soprattutto i Pelasgi a fornire di volta in volta il proprio nome a tratti sempre più ampi del paese. Quando crebbe nella regione di Ftia la potenza d’Elleno e dei suoi, accadeva di frequente che gli altri stati li chiamassero, bisognosi d’aiuto. Fu allora che in ognuno di questi paesi, per effetto di tali relazioni, a mio vedere, si diffuse progressivamente il nome di Elleni; ma non poté affermarsi né a lungo né sul complesso delle stirpi greche. Lo testimonia manifestamente Omero: infatti, vissuto molto più tardi della guerra di Troia, non accomunò mai, in nessun punto della sua opera, tutti gli Elleni sotto questo nome, né lo conferì ad altri, eccettuati quelli che provennero dalla Ftiotide al seguito di Achille e che invero erano gli Elleni originari. Nei suoi versi nomina i Danai gli Argivi e gli Achei. In effetti non ha mai neppure espresso il nome di barbari in quanto, a mio avviso, neanche i Greci erano ancora contraddistinti, in antitesi, con un unico appellativo. Dunque, quelli ché singolarmente, una città dopo l’altra, nei limiti di quanti si comprendevano tra loro, e più tardi nel loro complesso ebbero nome di Greci, non si collegarono mai prima della guerra troiana per organizzare uno sforzo comune, per l’inconsistenza politica e l’assoluta mancanza di reciproci rapporti. Ma anche per questa famosa spedizione si riunirono quando avevano già acquistato maggiore dimestichezza con il mare. [4] Minosse fu il più antico, tra quanti conosciamo per tradizione orale, a procurarsi una flotta e a dominare la parte più estesa del mare detto attualmente greco. Resse le isole Cicladi e ne colonizzò per primo il maggior numero, dopo averne espulsi i Cari e avervi preposto come governatori i suoi figli. Naturalmente cercava, per quanto era in suo potere di spazzar via dalle rotte marittime la pirateria per agevolare l’afflusso dei suoi tributi. [5] Infatti i Greci antichi e i barbari, che sul continente vivevano in località costiere, o abitavano le isole, dopo che presero con più stabilità e frequenza a trafficare tra loro per nave tendevano all’esercizio della pirateria. Li capeggiavano le personalità più in vista, per lucro privato e per reperire il cibo necessario agli individui più deboli del loro popolo. Assalivano centri sforniti di mura difensive, costituiti di villaggi sparsi e li mettevano a sacco: le loro risorse vitali provenivano essenzialmente da questa attività, che mentre non aveva ancora in sé nulla di indecoroso, costituiva piuttosto il mezzo per procurarsi una discreta rinomanza. Ne fanno fede alcune popolazioni del continente, che ancora ai nostri tempi si onorano di praticare con successo questa professione e i poeti antichi, che mettono invariabilmente in bocca ai loro eroi, in qualsiasi approdo sbarchino, la domanda: «siete pirati?»; e gli interrogati non suscitano affatto l’impressione di disprezzare un’attività simile, né pare che la giudichino indegna quelli che esigono una risposta. Anche sulla terraferma praticavano un brigantaggio reciproco. E ancora oggi, in molte terre di Grecia, la vita si svolge con queste antiquate consuetudini: nel paese dei Locri Ozoli, ad esempio, degli Etoli e degli Acarnani e nei territori circostanti. In particolare dall’antico uso della pirateria s’è inveterato in questi abitatori del continente il costume d’indossare sempre le armi. [6] Poiché era abitudine un tempo in Grecia che tutti circolassero armati: le abitazioni non fortificate, i reciproci rapporti irti di rischi avevano imposto l’abitudine di passare la vita in armi, al modo dei barbari. Queste terre greche, dove ancora oggi si vive con il sistema antico, sono indizio di costumanze simili in vigore un tempo e generalmente estese. Primi gli Ateniesi deposero l’uso di camminare armati: con modi di vita sciolti dal rigido tenore antico, divennero meno austeri, più delicati. Per questa preziosa raffinatezza, non è molto da che i rappresentanti più anziani delle classi facoltose hanno smesso d’indossare lunghi chitoni in lino e d’intrecciare alla sommità del capo con cicale d’oro il nodo dei capelli. Pertanto anche tra gli Ioni i più vecchi per la loro parentela con gli Ateniesi, mantennero a lungo questa moda. Furono i primi gli Spartani ad adottare un sistema di vestire misurato e semplice, moderno: anche per quanto concerne gli altri aspetti della vita i più abbienti generalmente si mantennero allo stesso livello del popolo. Gli Spartani furono anche i primi a spogliarsi e, mostrandosi nudi in pubblico, a spalmarsi con abbondanza d’olio in occasione degli esercizi ginnici. In antico invece, anche alle Olimpiadi, gli atleti gareggiavano con una cintura sui fianchi, e non è gran tempo che quest’uso si è estinto. Ancora oggi vige presso alcune genti barbare, specie in Asia, la pratica di istituire gare di pugilato e di lotta in cui gli atleti si affrontano muniti di cintura. Si potrebbe provare che anticamente in Grecia si adottava, sotto molti e svariati aspetti, un regime di vita analogo a quello dei barbari del nostro tempo.

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