Omnibus his resistitur, omnibusque oratio consulis, Scipionis, Catonis opponitur.
Catonem veteres inimicitiae Caesaris incitant et dolor repulsae. Lentulus aeris alieni magnitudine et spe exercitus ac
provinciarum et regum appellandorum largitionibus movetur, seque alterum fore Sullam inter suos gloriatur, ad quem summa
imperii redeat. Scipionem eadem spes provinciae atque exercituum impellit, quos se pro necessitudine partiturum cum Pompeio
arbitratur, simul iudiciorum metus, adulatio atque ostentatia sui et potentium, qui in re publica iudiciisque tum plurimum
pollebant. Ipse Pompeius, ab inimicis Caesaris incitatus, et quod neminem dignitate secum exaequari volebat, totum se ab eius
amicitia averterat et cum communibus inimicis in gratiam redierat, quorum ipse maximam partem illo affinitatis tempore
iniunxerat Caesari; simul infamia duarum legionum permotus, quas ab itinere Asiae Syriaeque ad suam potentiam dominatumque
converterat, rem ad arma deduci studebat.
Versione tradotta
Tutte queste opinioni incontrano l’opposizione: la più
accanita è nei discorsi del console, di Scipione e di Catone. Catone è animato contro Cesare da vecchie inimicizie e dall’
amarezza della sconfitta elettorale. Lentulo, gravato dai debiti, è animato dalla speranza di avere in mano un esercito e
delle province, di arricchirsi con grandi ricompense per l’elargizione di titoli regali: si vanta, tra i suoi, di diventare un
secondo Silla, capo assoluto del potere. Scipione è spinto dalla stessa speranza di avere in mano una provincia e degli
eserciti; pensa, data la sua stretta parentela con Pompeo, di dividere con lui questo comando; nello stesso tempo ha timore di
un processo; si aggiungano l’ostentazione e le adulazioni dei potenti, allora molto influenti nel governo e nei tribunali. Lo
stesso Pompeo, infine, incitato dai nemici di Cesare, non voleva che qualcuno lo uguagliasse nel grado (il potere), aveva rotto
con lui ogni vincolo di amicizia ed era rientrato in relazione con i nemici comuni, gran parte dei quali egli stesso aveva
attirati a Cesare al tempo della loro parentela; nello stesso tempo era inquieto dell’infamia che gli procurava l’aver
deviato le due legioni dalla loro marcia verso l’Asia e la Siria per farne uno strumento del suo dominio, e desiderava
quindi la guerra come unica soluzione.
- Letteratura Latina
- De Bello Civili di Giulio Cesare
- Cesare