Multa a Caesare in eam sententiam dicta sunt quare negotio desistere non posset; neque suam neque populi Romani consuetudinem pati uti optime meritos socios desereret, neque se iudicare Galliam potius esse Ariovisti quam populi Romani. Bello superatos esse Arvernos et Rutenos a Q. Fabio Maximo, quibus populus Romanus ignovisset neque in provinciam redegisset neque stipendium imposuisset. Quodsi antiquissimum quodque tempus spectari oporteret, populi Romani iustissimum esse in Gallia imperium; si iudicium senatus observari oporteret, liberam
debere esse Galliam, quam bello victam suis legibus uti voluisset.
Versione tradotta
Molte cose furon dette da Cesare in questo senso, perché non poteva desistere da quel dovere; non era né consuetudine sua né del popolo romano permettere di abbandonare alleati ottimamente benemeriti né poteva ritenere che la Gallia fosse più di Ariovisto che del popolo romano. Gli Arverni ed i Ruteni erano stati vinti in guerra da Q. Fabio Massimo, ed il popolo romano aveva loro perdonato né li aveva ridotti in provincia né aveva imposto il tributo.
Che se bisognasse guardare qualsiasi epoca antichissima, il potere del popolo romano era stato giustissimo in Gallia; se si dovesse osservare il giudizio del senato, la Gallia doveva essere libera, e aveva voluto che (seppur ) vinta con una guerra godesse delle sue leggi.
- Letteratura Latina
- Libro 1
- Cesare
- De Bello Gallico