De Bello Civili Libro 1; Par. 7: versione tradotta - StudentVille

De Bello Civili, Libro 1 - Par. 7

Quibus rebus cognitis Caesar apud milites contionatur. Omnium temporum iniurias inimicorum in se

commemorat; a quibus deductum ac depravatum Pompeium queritur invidia atque obtrectatione laudis suae, cuius ipse honori et

dignitati semper faverit adiutorque fuerit. Novum in re publica introductum exemplum queritur, ut tribunicia intercessio armis

notaretur atque opprimeretur, quae superioribus annis armis esset restituta. Sullam nudata omnibus rebus tribunicia potestate

tamen intercessionem liberam reliquisse. Pompeium, qui amissa restituisse vldeatur, dona etiam, quae ante habuerint, ademisse.

Quotienscumque sit decretum, darent operam magistratus, ne quid res publica detrimenti caperet (qua voce et quo senatus

consulto populus Romanus ad arma sit vocatus), factum in perniciosis legibus, in vi tribunicia, in secessione populi templis

locisque editioribus occupatis: atque haec superioris aetatis exempla expiata Saturnini atque Gracchorum casibus docet; quarum

rerum illo tempore nihil factum, ne cogitatum quidem. nulla lex promulgata, non cum populo agi coeptum, nulla secessio facta.

Hortatur, cuius imperatoris ductu v VIIII annis rem publicam felicissime gesserint plurimaque proelia secunda fecerint, omnem

Galliam Germaniamque pacaverint, ut eius existimationem dignitatemque ab inimicis defendant. Conclamant legionis XIII, quae

aderat, milites–hanc enim initio tumultus evocaverat, reliquae nondum convenerant–sese paratos esse imperatoris sui

tribunorumque plebis iniurias defendere.

Versione tradotta

Cesare, venuto a conoscenza di questi fatti, parla ai soldati. Rammenta gli affronti fattigli dagli avversari in ogni

tempo; e si duole che Pompeo, per invidia e gelosia della sua gloria, sia stato da essi sedotto e corrotto, mentre egli stesso

lo ha sempre aiutato nella carriera e ne è stato il sostenitore. Lamenta che è stato introdotto un precedente, insolito nello

stato, cioè che il veto dei tribuni, che negli anni addietro era stato ristabilito con le armi, con le armi ora venga infamato

e soffocato. Silla, pur avendo spogliato il potere dei tribuni di ogni forza, tuttavia aveva lasciato libero il veto; Pompeo,

che sembra avere restituito i privilegi perduti, ha tolto anche quelli che i tribuni hanno avuto in passato. Ogniqualvolta si

decretò che i magistrati provvedessero affinché lo stato non ricevesse alcun danno (e con questa formula e con questo decreto

il popolo romano veniva chiamato alle armi), ciò fu fatto in caso di leggi perniciose, di azioni di forza dei tribuni, di

sommosse popolari, con l’occupazione di templi e di posizioni dominanti; e rammenta che questi fatti del passato sono stati

espiati con la morte di Saturnino e dei Gracchi. In quel tempo nulla di questo fu fatto e neppure pensato: non fu promulgata

nessuna legge, non vi fu inizio di ricorso al popolo, non venne fatta alcuna sommossa. Esorta i soldati a difendere dagli

avversari la reputazione e l’onore del comandante sotto la cui guida, durante nove anni, hanno servito fedelmente lo stato e

combattuto moltissime battaglie con esito favorevole, hanno portato pace in tutta la Gallia e la Germania. Elevano un grido di

approvazione i soldati della XIII legione che era presente (questa infatti egli aveva richiamato all’inizio del disordine,

le altre invece non erano ancora giunte), proclamando di essere pronti a respingere le ingiurie arrecate al loro comandante e

ai tribuni della plebe.

  • Letteratura Latina
  • De Bello Civili di Giulio Cesare
  • Cesare

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