Interea ea legione, quam secum habebat, militibusque, qui ex provincia convenerant, a lacu Lemanno, qui in flumen Rhodanum influit, ad montem Iuram, qui fines Sequanorum ab Helvetiis dividit, milia passuum decem novem murum in altitudinem pedum sedecim fossamque perducit. Eo opere perfecto praesidia disponit, castella communit, quo facilius si se invito transire conarentur, prohibere possit. Ubi ea dies quam constituerat cum legatis, venit et legati ad eum reverterunt, negat se more et exemplo populi Romani posse iter ulli per provinciam dare et, si vim facere conentur, prohibiturum ostendit. Helvetii ea spe deiecti navibus iunctis ratibusque compluribus factis, alii vadis Rhodani, qua minima altitudo fluminis erat, nonnumquam interdiu, saepius noctu si perrumpere possent conati, operis munitione et militum concursu et telis repulsi hoc conatu destiterunt.
Versione tradotta
Intanto con quella legione, che aveva con sé, e coi soldati che si eran radunati dalla provincia, traccia una muraglia ed un fossato di diciannove mila passi e di sedici piedi di altezza, dal lago Lemanno, che sfocia nel Rodano, al monte Giura, che divide i territori dei Sequani dagli Elvezi.
Conclusa quell’opera, dispone guarnigioni, fortifica torri perché potesse bloccare più facilmente se tentassero di passare, (essendo) lui contrario. Quando quella giornata, che aveva stabilito con gli ambasciatori, giunse e gli ambasciatori ritornarono da lui, dice che lui, secondo la tradizione e l’esempio del popolo romano, non può concedere ad alcuno il passaggio attraverso la provincia e qualora tentassero la forza, dichiara che l’avrebbe proibito. Gli Elvezi delusi da quella speranza, unite delle navi e fatte parecchie zattere, alcuni per i guadi del Rodano, dove la profondità del fiume era minima, talvolta di giorno, più spesso di notte tentando se potessero forzare, respinti dalla fortificazione dell’opera e dall’accorrere e dalle armi dei soldati desistettero da tale tentativo.
- Letteratura Latina
- Libro 1
- Cesare
- De Bello Gallico