Ab urbe condita, Libro 1, Par. 9 - Studentville

Ab urbe condita, Libro 1, Par. 9

[1] Iam res Romana adeo erat valida ut cuilibet finitimarum civitatum bello par esset; sed penuria mulierum

hominis aetatem duratura magnitudo erat, quippe quibus nec domi spes prolis nec cum finitimis conubia essent. [2] Tum ex

consilio patrum Romulus legatos circa vicinas gentes misit qui societatem conubiumque novo populo peterent: [3] urbes quoque,

ut cetera, ex infimo nasci; dein, quas sua virtus ac di iuvent, magnas opes sibi magnumque nomen facere. [4] Satis scire,

origini Romanae et deos adfuisse et non defuturam virtutem; proinde ne gravarentur homines cum hominibus sanguinem ac genus

miscere. [5] Nusquam benigne legatio audita est: adeo simul spernebant, simul tantam in medio crescentem molem sibi ac posteris

suis metuebant. Ac plerisque rogitantibus dimissi ecquod feminis quoque asylum aperuissent; id enim demum compar conubium fore.

[6] Aegre id Romana pubes passa et haud dubie ad vim spectare res coepit. Cui tempus locumque aptum ut daret Romulus

aegritudinem animi dissimulans ludos ex industria parat Neptuno equestri sollemnes; Consualia vocat. [7] Indici deinde

finitimis spectaculum iubet; quantoque apparatu tum sciebant aut poterant, concelebrant ut rem claram exspectatamque facerent.

[8] Multi mortales conuenere, studio etiam videndae novae urbis, maxime proximi quique, Caeninenses, Crustumini, Antemnates.

[9] Iam Sabinorum omnis multitudo cum liberis ac coniugibus venit. Inuitati hospitaliter per domos cum situm moeniaque et

frequentem tectis urbem vidissent, mirantur tam breui rem Romanam crevisse. [10] Ubi spectaculi tempus venit deditaeque eo

mentes cum oculis erant, tum ex composito orta vis signoque dato iuventus Romana ad rapiendas virgines discurrit. [11] Magna

pars forte in quem quaeque inciderat raptae: quasdam forma excellentes, primoribus patrum destinatas, ex plebe homines quibus

datum negotium erat domos deferebant. [12] Unam longe ante alias specie ac pulchritudine insignem a globo Thalassi cuiusdam

raptam ferunt multisque sciscitantibus cuinam eam ferrent, identidem ne quis violaret Thalassio ferri clamitatum; inde

nuptialem hanc vocem factam. [13] Turbato per metum ludicro maesti parentes virginum profugiunt, incusantes violati hospitii

foedus deumque invocantes cuius ad sollemne ludosque per fas ac fidem decepti venissent. [14] Nec raptis aut spes de se melior

aut indignatio est minor. Sed ipse Romulus circumibat docebatque patrum id superbia factum qui conubium finitimis negassent;

illas tamen in matrimonio, in societate fortunarum omnium civitatisque et quo nihil carius humano generi sit liberum fore. [15]

Mollirent modo iras et, quibus fors corpora dedisset, darent animos; saepe ex iniuria postmodum gratiam ortam; eoque melioribus

usuras viris quod adnisurus pro se quisque sit ut, cum suam vicem functus officio sit, parentium etiam patriaeque expleat

desiderium. [16]Accedebant blanditiae virorum, factum purgantium cupiditate atque amore, quae maxime ad muliebre ingenium

efficaces preces sunt.

Versione tradotta

[1] Già lo

stato romano era così potente da essere eguale in guerra a qualunque delle città vicine ma per mancanza di donne la grandezza

era destinata a durare una sola generazione poiché non avevamo speranza di prole in patria né matrimonio con i popoli vicini.

[2] Allora su consiglio dei senatori Romolo mandò ambasciatori ai popoli vicini che chiedessero alleanza e matrimoni per il

nuovo popolo: [3] anche le città come le altre non nascono dal piccolo; e poi quelle che sono aiutate dal proprio valore e

dagli dei si conquistarono una grande potenza ed una grande forza. [4] Era ben noto che al sorgere di Roma avevano assistito

gli dei e che a Roma non sarebbe venuto meno il valore: quindi non rifiutassero di mescolare uomini con uomini, il sangue e la

stirpe. [5] In nessun luogo l’ambasciata fu ascoltata con favore; a tal punto disprezzavano e nello stesso tempo temevano una

così grande potenza che cresceva per sé e per i posteri. Gli ambasciatori furono congedati mentre i più domandavano se avessero

aperto un asilo anche per le donne; quello veramente sarebbe stato un matrimonio ben combinato. [6] I giovani romani non

sopportavano questo e la situazione cominciò a volgere decisamente verso una soluzione violenta. Per offrire ad essa tempo e

luogo adatto, Romolo, dissimulando il suo risentimento, prepara a bella posta dei giorni solenni, in onore di nettuno equestre

e li chiama “consuali”. [7] Ordina poi che lo spettacolo sia annunciato ai popoli confinanti e lo celebrano con tutta la

celebrità di cui erano capaci a quei tempi per rendere l’avvenimento splendido ed attraente. [8] Convennero molti uomini anche

per curiosità di vedere la nuova città e specialmente tutti i più vicini, gli abitanti. [9] E poi tutta la folla sei Sabini

venne con figli e le mogli. Invitati ospitalmente casa per casa avendo visto il luogo e le mura e la città ricca di cose, si

stupiscono che in così breve tempo la potenza romana fosse tanto cresciuta. [10] Quando venne il momento dello spettacolo e

volte là gli occhi erano concentratissimi sui giochi, allora secondo quanto stabilito scoppiò un parapiglio e al segnale

convenuto la gioventù romana si slancia da una parte per rapire le vergini. [11] Una gran parte fu rapita per caso, a seconda

di colui in cui ciascuna si imbatteva; ma alcune, le più belle destinate ai senatori, più in vista, le trasportavano a casa

uomini della plebe, ai quali era stato dato quell’incarico [12] Una che spiccava di gran lunga fra le altre per la bellezza

dell’aspetto, poiché molti chiedevano a chi la portassero, rapita dalla squadra di un certo Talassio, si gridava continuamente

perché nessuno la violasse e la portavano a Talassico; di qui è nato questo grido nuziale [13] Sconvolta la festa dalla paura i

mesti parenti delle vergini fuggono via lamentando che fosse stato violato il patto di ospitalità, invocando il dio alla cui

festa e ai cui giochi erano venuti, ingannati contro la religione e la parola data. [14] Né alle vergini rapite la speranza di

sé è migliore o minore immaginazione, ma lo stesso Romolo andava in giro e spiegava ciò che era avvenuto per superbia dei padri

che avevano negato il connuvio coi vicini, esse tuttavia sarebbero state nel matrimonio, sarebbero state associate nel possesso

di tutti di tutti i beni della cittadinanza e dei figli, cosa cui nulla è più caro al genere umano. [15] Placassero soltanto le

ire e a coloro i quali avevo assegnato i corpi dessero gli animi. Spesso dall’offesa nasce in un secondo tempo l’affetto e

avrebbero avuto dei mariti tanto migliori in quanto ciascuno si sarebbe sforzato per quanto possibile, una volta adempiuto ai

doveri del suo ruolo, di non far sentire loro la nostalgia della patria e dei genitori “. [16] Si aggiungevano le blandizie dei

mariti che giustificavano l’accaduto con la loro passione d’amore, preghiere queste che hanno grande efficacia sull’animo

femminile.

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