Libro 1 Paragrafo 106
Ex quo intellegitur corporis voluptatem non satis
esse dignam hominis praestantia eamque contemni et reici oportere sin sit quispiam qui aliquid tribuat voluptati diligenter ei
tenendum esse eius fruendae modum. Itaque victus cultusque corporis ad valitudinem referatur et ad vires non ad voluptatem.
Atque etiam si considerare volumus quae sit in natura excellentia et dignitas intellegemus quam sit turpe diffluere luxuria et
delicate ac molliter vivere quamque honestum parce continenter severe sobrie.
Libro 1
Paragrafo 107
Intellegendum etiam est duabus quasi nos a natura indutos esse personis; quarum una communis est ex eo
quod omnes participes sumus rationis praestantiaeque eius qua antecellimus bestiis a qua omne honestum decorumque trahitur et
ex qua ratio inveniendi officii exquiritur altera autem quae proprie singulis est tributa. ut enim in corporibus magnae
dissimilitudines sunt alios videmus velocitate ad cursum alios viribus ad luctandum valere itemque in formis aliis dignitatem
inesse aliis venustatem sic in animis existunt maiores etiam varietates.
Libro 1 Paragrafo
108
Erat in L. Crasso in L. Philippo multus lepos maior etiam magisque de industria in C. Caesare L. filio; at isdem
temporibus in M. Scauro et in M. Druso adulescente singularis severitas in C. Laelio multa hilaritas in eius familiari Scipione
ambitio maior vita tristior. de Graecis autem dulcem et facetum festivique sermonis atque in omni oratione simulatorem quem
eirona Graeci nominarunt Socratem accepimus contra Pythagoram et Periclem summam auctoritatem consecutos sine ulla hilaritate.
Callidum Hannibalem ex Poenorum ex nostris ducibus Q. Maximum accepimus facile celare tacere dissimulare insidiari praeripere
hostium consilia. In quo genere Graeci Themistoclem et Pheraeum Iasonem ceteris anteponunt in primisque versutum et callidum
factum Solonis qui quo et tutior eius vita esset et plus aliquanto rei publicae prodesset furere se
simulavit.
Libro 1 Paragrafo 109
Sunt his alii multum dispares simplices et
aperti qui nihil ex occulto nihil de insidiis agendum putant veritatis cultores fraudis inimici itemque alii qui quidvis
perpetiantur cuivis deserviant dum quod velint consequantur ut Sullam et M. Crassum videbamus. quo in genere versutissimum et
patientissimum Lacedaemonium Lysandrum accepimus contraque Callicratidan qui praefectus classis proximus post Lysandrum fuit.
Itemque in sermonibus alium [quemque] quamvis praepotens sit efficere ut unus de multis esse videatur quod in Catulo et in
patre et in filio idemque in Q. Mucio + Mancia vidimus. Audivi ex maioribus natu hoc idem fuisse in P. Scipione Nasica
contraque patrem eius illum qui Ti. Gracchi conatus perditos vindicavit nullam comitatem habuisse sermonis [ne Xenocratem
quidem severissimum philosophorum] ob eamque rem ipsam magnum et clarum fuisse. Innumerabiles aliae dissimilitudines sunt
naturae morumque minime tamen vituperandorum.
Libro 1 Paragrafo 110
Admodum autem
tenenda sunt sua cuique non vitiosa sed tamen propria quo facilius decorum illud quod quaerimus retineatur. Sic enim est
faciendum ut contra universam naturam nihil contendamus ea tamen conservata propriam nostram sequamur ut etiamsi sint alia
graviora atque meliora tamen nos studia nostra nostrae naturae regula metiamur; neque enim attinet naturae repugnare nec
quicquam sequi quod assequi non queas. ex quo magis emergit quale sit decorum illud ideo quia nihil decet invita Minerva ut
aiunt id est adversante et repugnante natura.
Versione tradotta
106
Da ciò si comprende che il piacere dei sensi non è troppo degno dell' uomo nobile e che, anzi, conviene
disprezzarlo e respingerlo; se c'è però qualcuno che conceda qualche cosa al piacere, ponga ogni cura nell'usarne con
sapiente moderazione. Perciò il vitto e la cura della persona abbiano per fine, non il piacere, ma la buona salute e il vigore
delle forze. Anzi, sol che vogliamo riflettere un poco sopra l'eccellenza e la dignità della natura umana, comprenderemo
quanto sia turpe una vita che nuota nel lusso e si sprofonda nelle mollezze, e per contro quanto sia bella una vita modesta e
frugale, austera e sobria.
Oltre a questo, bisogna riflettere
che la natura ci ha come dotati di due caratteri: l'uno è comune a tutti, per cui tutti siamo partecipi della ragione, cioè di
quella eccellenza onde noi superiamo le bestie: eccellenza da cui deriva ogni specie di onestà e di decoro, e da cui si desume
il metodo che conduce alla scoperta del dovere; l'altro, invece, è quello che la natura ha assegnato in modo specifico alle
singole persone. Invero, come nei corpi ci sono grandi differenze (alcuni, per l'agilità, sono evidentemente adatti alla
corsa, altri, per la robustezza, alla lotta, e similmente, per ciò che riguarda le sembianze, alcuni hanno in sé la bellezza,
altri la grazia), così negli animi appaiono dissomiglianze anche maggiori.
108
In Lucio Crasso e in Lucio Filippo c'era molto spirito, ma ne possedeva ancor più, e di più ricercato, Gaio
Cesare, il figlio di Lucio; ma in quei medesimi tempi MauroScauro e il giovane Mario Druso possedevano una straordinaria
austerità; Gaio Lelio, invece, molta giocondità, mentre maggiore era l'ambizione e più serio il comportamento del suo amico
Scipione. Fra i Greci, poi, sappiamo che Socrate era affabile e gioviale e piacevole conversatore, e, in ogni discorso, maestro
in quella particolare fìnzione che i Greci chiamano ei)/rwna per contro, Pitagora e Pericle conseguirono somma autorità, pur
senz'ombra di buon umore. Astuto fu (com'è noto), tra i capitani cartaginesi Annibale, tra i nostri Quinto Massimo esperti
entrambi nell'arte di celare, tacere, dissimulare, tendere insidie, prevenire e sventare i disegni del nemico. Per questo
rispetto i Greci antepongono Temistocle e Giàsone di Fere a tutti gli altri; ed esaltano in particolar modo lo scaltro e
ingegnoso espediente di Solone, il quale, per meglio tutelar la sua vita e per più giovare alla sua patria, si finse
pazzo.
Ben diversi da costoro vi sono altri, candidi e
schietti, i quali credono che non si debba far nulla di nascosto, nulla per inganno, amanti della verità, nemici della frode; e
altri ancora vi sono, disposti a sopportare qualunque affronto e a inchinarsi a qualunque persona, pur di raggiungere il
proprio intento, come vedevamo fare a Silla e a Marco CrassoPer questo rispetto, insigne per scaltrezza e per pazienza fu
(com'è noto) lo spartano Lisandro; tutto l'opposto fu Callicratida, che successe a Lisandro nel comando dell'armata.
Similmente, nel conversare familiare, qualcuno, per potente che sia, non ottiene altro effetto che di sembrare uno dei tanti.
L'abbiamo notato nei due Catuli padre e figlio, e anche in Quinto Mucio Mancia. Ho sentito dire dai nostri vecchi che la
stessa disinvoltura l'ebbe Publio Scipione Nasica; al contrario, il padre di lui, quello che represse gli scellerati tentativi
di Tiberio Gracco, non aveva alcuna affabilità nel parlare; come non l'ebbe neanche Senocrate, il più rigido e burbero dei
filosofi, il quale, appunto per questa mancanza di affabilità, fu grande e famoso. Ci sono poi innumerevoli altre differenze
psicologiche e morali, non però meritevoli di biasimo alcuno.
110
Ogni uomo deve accuratamente coltivare le sue qualità naturali (le buone, s'intende, non le cattive), per poter
più facilmente conservare quel decoro di cui andiamo parlando. E il modo da tenere è questo: non dobbiamo far nulla contro
l'universale natura umana e, nel pieno rispetto di essa, dobbiamo seguir la nostra particolare, in modo che, anche se altri
abbiano altre attitudini maggiori e migliori, noi misuriamo le nostre alla stregua della nostra natura: non giova, invero,
contrastare alla propria natura o inseguire qualcosa che non si può raggiungere. Da ciò emerge più evidente la vera essenza del
decoro, appunto perché nulla è decoroso a dispetto, come suol dirsi, di Minerva, cioè, nel caso nostro, della
natur
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