Paragrafo 116
Quorum vero
patres aut maiores aliqua gloria praestiterunt ii student plerumque eodem in genere laudis excellere ut Q. Mucius P. f. In iure
civili Pauli filius Africanus in re militari. quidam autem ad eas laudes quas a patribus acceperunt addunt aliquam suam ut hic
idem Africanus eloquentia cumulavit bellicam gloriam quod idem fecit Timotheus Cononis filius qui cum belli laude non inferior
fuisset quam pater ad eam laudem doctrinae et ingenii gloriam adiecit. fit autem interdum ut nonnulli omissa imitatione maiorum
suum quoddam institutum consequantur maximeque in eo plerumque elaborant ii qui magna sibi proponunt obscuris orti
maioribus.
Paragrafo 117
Haec igitur omnia cum quaerimus quid deceat complecti animo
et cogitatione debemus; in primis autem constituendum est quos nos et quales esse velimus et in quo genere vitae quae
deliberatio est omnium difficillima. Ineunte enim adulescentia cum est maxima inbecillitas consilii tum id sibi quisque genus
aetatis degendae constituit quod maxime adamavit. Itaque ante implicatur aliquo certo genere cursuque vivendi quam potuit quod
optimum esset iudicare.
Paragrafo 118
Nam quod Herculem Prodicus dicit ut est apud
Xenophontem cum primum pubesceret quod tempus a natura ad deligendum quam quisque viam vivendi sit ingressurus datum est exisse
in solitudinem atque ibi sedentem diu secum multumque dubitasse cum duas cerneret vias unam Voluptatis alteram Virtutis utram
ingredi melius esset hoc Herculi “Iovis satu edito” potuit fortasse contingere nobis non item qui imitamur quos cuique visum
est atque ad eorum studia institutaque impellimur. Plerumque autem parentium praeceptis imbuti ad eorum consuetudinem moremque
deducimur; alii multitudinis iudicio feruntur quaeque maiori parti pulcherrima videntur ea maxime exoptant; nonnulli tamen sive
felicitate quadam sive bonitate naturae sine parentium disciplina rectam vitae secuti sunt
viam.
Paragrafo 119
Illud autem maxime rarum genus est eorum qui aut excellenti
ingenii magnitudine aut praeclara eruditione atque doctrina aut utraque re ornati spatium etiam deliberandi habuerunt quem
potissimum vitae cursum sequi vellent; in qua deliberatione ad suam cuiusque naturam consilium est omne revocandum. Nam cum in
omnibus quae aguntur ex eo quomodo quisque natus est ut supra dictum est quid deceat exquirimus tum in tota vita constituenda
multo est ei rei cura maior adhibenda ut constare in perpetuitate vitae possimus nobismet ipsis nec in ullo officio
claudicare.
Paragrafo 120
Ad hanc autem rationem quoniam maximam vim natura habet
fortuna proximam utriusque omnino habenda ratio est in deligendo genere vitae sed naturae magis; multo enim et firmior est et
constantior ut fortuna nonunquam tamquam ipsa mortalis cum immortali natura pugnare videatur. Qui igitur ad naturae suae non
vitiosae genus consilium vivendi omne contulerit is constantiam teneat (id enim maxime decet) nisi forte se intellexerit
errasse in deligendo genere vitae. Quod si acciderit (potest autem accidere) facienda morum institutorumque mutatio est. Eam
mutationem si tempora adiuvabunt facilius commodiusque faciemus; sin minus sensim erit pedetemptimque facienda ut amicitias
quae minus delectent et minus probentur magis decere censent sapientes sensim diluere quam repente
praecidere.
Versione tradotta
In verità, quelli i cui padri o antenati si segnalarono in qualche genere di
gloria, si studiano per lo più di emergere in quel medesimo genere, come, per esempio, Quinto Mucio, figlio di Publio, nel
diritto civile, e l'Africano, figlio di Paolo, nell'arte della guerra. Certuni, però, alle glorie ereditate dai padri, ne
aggiunsero qualcuna tutta loro, come, per esempio, il medesimo Africano coronò la gloria dell'armi con quella dell'eloquenza;
e lo stesso fece Timoteo, figlio di Conone, il quale, non inferiore al padre nella gloria militare, vi aggiunse quella della
cultura e dell'ingegno. Del resto, accade talvolta che alcuni, lasciando da parte l'imitazione dei loro maggiori, perseguano
un loro particolare proposito, e per lo più pongono in ciò ogni diligenza soprattutto coloro che, nati da parenti oscuri, si
prefiggono un alto e nobile ideale.
Ora, quando noi cerchiamo che cosa
sia il decoro, dobbiamo abbracciare con la mente tutte queste considerazioni; ma in primo luogo dobbiamo stabilire chi e quali
vogliamo essere, e qual genere di vita vogliamo seguire deliberazione questa che è la più difficile fra tutte. Perché, entrando
nella giovinezza, quando più debole è la forza del raziocinio, ciascuno si sceglie quel modo di vivere di cui si è maggiormente
invaghito; per cui si trova impigliato in un certo sistema di vita, prima ancora d'aver potuto giudicare qual sia il
migliore.
Racconta Prodico, come si legge in Senofonte, che Ercole,
nella prima giovinezza, che è il tempo assegnato dalla natura per la scelta del cammino che ognuno percorrerà nella vita,
giunse in un luogo solitario e che ivi sedendo (si aprivano innanzi a lui due strade, una del Piacere, l'altra della Virtù),
stette lungamente e intensamente riflettendo tra sé, in quale delle due fosse meglio entrare. Ebbene, questa consapevole e
libera scelta del proprio stato poté forse toccare in sorte a un Ercole, " nato dal seme di Giove ma non può certo capitare
egualmente a noi, che di solito imitiamo coloro che attraggono il nostro spirito e che ci inducono a seguir ciecamente le loro
occupazioni e il loro tenore di vita; il più delle volte, poi, imbevuti dei precetti dei nostri genitori, noi siamo dolcemente
condotti a prendere i loro costumi e le loro abitudini. Altri si lasciano trascinare dal giudizio della moltitudine e
vagheggiano con più acceso desiderio quelle cose che alla maggior parte degli uomini sembrano infinitamente belle. Solo pochi,
o per felicità di fortuna o per bontà di natura, seguono il retto cammino della vita, pur senza la scuola e la guida dei
genitori.
Ma la specie più rara è quella di coloro che, dotati di una
singolare altezza d'ingegno, o di una squisita cultura e dottrina, o dell'una e dell'altra cosa insieme, hanno anche il
tempo e l'agio di scegliere liberamente quella particolar maniera di vita a cui il loro genio naturale li porta; e appunto in
questa scelta ciascuno deve scrutare e penetrare la propria natura con la più vigile attenzione. Perché, se in ogni singola
azione il decoro si determina, come sopra ho detto, dalla rispondenza di essa al carattere di ciascuno, così, nell'ordinamento
di tutta la vita, con tanto maggior cura bisogna cercare tale armonia, sì che possiamo in tutto il corso della vita essere
coerenti con noi stessi e non zoppicare in alcun dovere.
E poiché,
in questa determinazione, la natura ha il maggior potere, e subito dopo viene la fortuna, dell'una e dell'altra bisogna
certamente tener conto nella scelta dello stato, ma più della natura, che è molto più salda e costante, sì che talvolta pare
che la fortuna, come mortale, venga in conflitto con l'immortale natura. Chi dunque avrà conformato il proprio tenore di vita
alla propria natura, purché non viziosa, si mantenga ad esso coerente (in ciò consiste il maggior decoro), tranne che non
s'accorga d'avere errato nella scelta della carriera. In questo caso, che facilmente può darsi, bisogna cambiar sistema di
vita. E questo cambiamento sarà tanto più facile e agevole quando le circostanze aiutano; se no, lo si faccia a poco a poco e a
passo a passo, a quel modo che le amicizie, che non ci garbano e non ci soddisfano, conviene, a giudizio dei savi, allentarle a
poco a poco anziché troncarle d'un tratto.
- Letteratura Latina
- De Officiis di Cicerone
- Cicerone