De Officiis, Libro 1, Par. da 121 a 125 - Studentville

De Officiis, Libro 1, Par. da 121 a 125

Paragrafo 121
Commutato autem

genere vitae omni ratione curandum est ut id bono consilio fecisse videamur. Sed quoniam paulo ante dictum est imitandos esse

maiores primum illud exceptum sit ne vitia sint imitanda deinde si natura non feret ut quaedam imitari possit (ut superioris

filius Africani qui hunc Paulo natum adoptavit propter infirmitatem valetudinis non tam potuit patris similis esse quam ille

fuerat sui) si igitur non poterit sive causas defensitare sive populum contionibus tenere sive bella gerere illa tamen

praestare debebit quae erunt in ipsius potestate iustitiam fidem liberalitatem modestiam temperantiam quo minus ab eo id quod

desit requiratur. Optima autem hereditas a patribus traditur liberis omnique patrimonio praestantior gloria virtutis rerumque

gestarum cui dedecori esse nefas et vitium iudicandum est.

Paragrafo 122
Et quoniam

officia non eadem disparibus aetatibus tribuuntur aliaque sunt iuvenum alia seniorum aliquid etiam de hac distinctione dicendum

est. Est igitur adulescentis maiores natu vereri exque iis deligere optimos et probatissimos quorum consilio atque auctoritate

nitatur; ineuntis enim aetatis inscitia senum constituenda et regenda prudentia est. Maxime autem haec aetas a libidinibus

arcenda est exercendaque in labore patientiaque et animi et corporis ut eorum et in bellicis et in civilibus officiis vigeat

industria. Atque etiam cum relaxare animos et dare se iucunditati volent caveant intemperantiam meminerint verecundiae quod

erit facilius si in eiusmodi quidem rebus maiores natu nolent interesse.

Paragrafo

123
Senibus autem labores corporis minuendi exercitationes animi etiam augendae videntur danda vero opera ut et amicos

et iuventutem et maxime rem publicam consilio et prudentia quam plurimum adiuvent. Nihil autem magis cavendum est senectuti

quam ne languori se desidiaeque dedat; luxuria vero cum omni aetati turpis tum senectuti foedissima est. Sin autem etiam

libidinum intemperantia accessit duplex malum est quod et ipsa senectus dedecus concipit et facit adulescentium impudentiorem

intemperantiam.

Paragrafo 124
Ac ne illud quidem alienum est de magistratuum de

privatorum [de civium] de peregrinorum officiis dicere. Est igitur proprium munus magistratus intellegere se gerere personam

civitatis debereque eius dignitatem et decus sustinere servare leges iura discribere ea fidei suae commissa meminisse. Privatum

autem oportet aequo et pari cum civibus iure vivere neque summissum et abiectum neque se efferentem tum in re publica ea velle

quae tranquilla et honesta sint; talem enim solemus et sentire bonum civem et dicere.

Paragrafo

125
Peregrini autem atque incolae officium est nihil praeter suum negotium agere nihil de alio anquirere minimeque

esse in aliena re publica curiosum.–Ita fere officia reperientur cum quaeretur quid deceat et quid aptum sit personis

temporibus aetatibus. Nihil est autem quod tam deceat quam in omni re gerenda consilioque capiendo servare

constantiam.

Versione tradotta

Paragrafo 121
Ma, una volta cambiato il genere di vita, bisogna in ogni maniera cercare che di noi si

dica: " L'ha fatto con sano intelletto". Ho detto poc'anzi che dobbiamo imitare i nostri antenati. Aggiungo due riserve.

Prima: non dobbiamo imitarne i difetti. Seconda: può darsi che la nostra natura non ci consenta d'imitarne certe virtù, come

il figlio dell'Africano Maggiore, colui che adottò l'altro Africano, figlio di Paolo, non poté, per la malferma salute,

somigliare tanto a suo padre, quanto questi era somigliato al padre suo; in tal caso, chi non può, o difendere cause nel foro,

o arringare il popolo nelle assemblee, o far guerre, dovrà almeno dar prova di quelle virtù che saranno in suo potere, quali la

giustizia, la lealtà, la generosità, la moderazione, la temperanza, cosìche tanto meno si desideri da lui ciò che gli manca. Ma

la migliore eredità che i padri possano trasmettere ai figli, eredità più preziosa d'ogni patrimonio, è la gloria della virtù

e delle belle imprese: macchiarla, è delitto e sacrilegio.

Paragrafo 122
Ancora. Le

diverse età non hanno gli stessi doveri: altri sono i doveri dei giovani, altri quelli dei vecchi. A proposito di questa

distinzione conviene perciò dire qualche cosa. E' dovere del giovane rispettare gli anziani, scegliendo tra essi i più

specchiati e stimati, per appoggiarsi al loro autorevole consiglio; perché l'inesperienza giovanile ha bisogno di essere

sorretta e guidata dalla saggezza dei vecchi. E soprattutto bisogna tener lontani i giovani dai piaceri sensuali, ed

esercitarli nel tollerare le fatiche e i travagli dell'animo e del corpo, sì che possano adempiere con vigorosa energia i loro

doveri militari e civili. E anche quando vorranno allentare lo spirito e abbandonarsi alla letizia, si guardino

dall'intemperanza e si ricordino del pudore; cosa che riuscirà loro tanto più facile se non impediranno che a ricreazioni di

tal genere assistano gli anziani.

Paragrafo 123
Quanto ai vecchi, essi dovranno

diminuire le fatiche del corpo e aumentare gli esercizi della mente; e dovranno impegnarsi ad aiutare con consigli e saggezza

quanto più è possibile gli amici, la gioventù e, soprattutto, la patria. D'altra parte, non c'è cosa da cui la vecchiaia

debba più rifuggire che dall'abbandonarsi a una torpida inerzia; e la lussuria, se è brutta in ogni età, nella vecchiaia è

suprema vergogna; se poi vi si aggiunge anche l'intemperanza nei piaceri, doppio è il male, perché la vecchiaia, mentre

disonora se stessa, rende più sfacciata l'intemperanza dei giovani.

Paragrafo 124
Ma

non è neppure fuor di luogo il dire qualcosa sui doveri dei magistrati, dei privati cittadini e dei forestieri. Compito

particolare del magistrato, dunque, è di ben comprendere che egli rappresenta lo Stato, e deve perciò sostenerne la dignità e

il decoro; deve far rispettare le leggi e amministrar la giustizia, ricordando sempre che tutto questo è affidato alla sua

lealtà. Quanto al privato, conviene che egli viva in perfetta uguaglianza di diritti coi suoi concittadini, né umiliato e

avvilito né prepotente e superbo; e oltre a ciò curi che nello Stato regnino ordine e onestà: tale è colui che noi, di solito,

stimiamo e chiamiamo buon cittadino.

Paragrafo 125
Dovere, poi, del forestiere, o di

passaggio o residente, è di badare soltanto ai fatti suoi, non immischiandosi negli affari degli altri e non ficcando il naso

nella politica di uno Stato che non è il suo. Questi sono all'incirca i doveri che si ritrovano indagando quale sia l'essenza

del decoro in rapporto alle persone, alle circostanze e alle età. Ma il sommo del decoro consiste pur sempre nel mantenere la

coerenza in ogni azione e in ogni risoluzione.

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