Paragrafo
136
Sed quomodo in omni vita rectissime praecipitur ut perturbationes fugiamus id est motus animi nimios rationi non
obtemperantes sic eiusmodi motibus sermo debet vacare ne aut ira existat aut cupiditas aliqua aut pigritia aut ignavia aut tale
aliquid appareat maximeque curandum est ut eos quibuscum sermonem conferemus et vereri et diligere videamur. Obiurgationes
etiam nonnumquam incidunt necessariae in quibus utendum est fortasse et vocis contentione maiore et verborum gravitate acriore
id agendum etiam ut ea facere videamur irati. Sed ut ad urendum et secandum sic ad hoc genus castigandi raro invitique veniemus
nec unquam nisi necessario si nulla reperietur alia medicina sed tamen ira procul absit cum qua nihil recte fieri nihil
considerate potest.
Paragrafo 137
Magnam autem partem clementi castigatione licet uti
gravitate tamen adiuncta ut et severitas adhibeatur et contumelia repellatur atque etiam illud ipsum quod acerbitatis habet
obiurgatio significandum est ipsius id causa qui obiurgetur esse susceptum. Rectum est autem etiam in illis contentionibus quae
cum inimicissimis fiunt etiam si nobis indigna audiamus tamen gravitatem retinere iracundiam pellere; quae enim cum aliqua
perturbatione fiunt ea nec constanter fieri possunt neque is qui adsunt probari. Deforme etiam est de se ipsum praedicare falsa
praesertim et cum inrisione audientium imitari militem gloriosum.
Paragrafo 138
Et
quoniam omnia persequimur volumus quidem certe dicendum est etiam qualem hominis honorati et principis domum placeat esse cuius
finis est usus ad quem accommodanda est aedificandi descriptio et tamen adhibenda commoditatis dignitatisque diligentia. Cn.
Octavio qui primus ex illa familia consul factus est honori fuisse accepimus quod praeclaram aedificasset in Palatio et plenam
dignitatis domum quae cum vulgo viseretur suffragata domino novo homini ad consulatum putabatur. Hanc Scaurus demolitus
accessionem adiunxit aedibus. Itaque ille in suam domum consulatum primus attulit hic summi et clarissimi viri filius in domum
multiplicatam non repulsam solum rettulit sed ignominiam etiam et calamitatem.
Paragrafo
139
Ornanda enim est dignitas domo non ex domo tota quaerenda nec domo dominus sed domino domus honestanda est et ut
in ceteris habenda ratio non sua solum sed etiam aliorum sic in domo clari hominis in quam et hospites multi recipiendi et
admittenda hominum cuiusque modi multitudo adhibenda cura est laxitatis. Aliter ampla domus dedecori saepe domino fit si est in
ea solitudo et maxime si aliquando alio domino solita est frequentari. Odiosum est enim cum a praetereuntibus dicitur:
o
domus antiqua heu quam dispari
dominare domino
quod quidem his temporibus in multis licet
dicere.
Paragrafo 140
Cavendum autem est praesertim si ipse aedifices ne extra modum
sumptu et magnificentia prodeas quo in genere multum mali etiam in exemplo est. Studiose enim plerique praesertim in hanc
partem facta principum imitantur ut L. Luculli summi viri virtutem quis? at quam multi villarum magnificentiam imitati! Quarum
quidem certe est adhibendus modus ad mediocritatemque revocandus. Eademque mediocritas ad omnem usum cultumque vitae
transferenda est. Sed haec hactenus.
Versione tradotta
Un
giusto e sapiente precetto vuole che noi, in ogni momento della vita, evitiamo i turbamenti dell'animo, cioè quei moti
incomposti che si oppongono alla ragione. Ebbene, anche il discorso familiare dev'essere assolutamente libero da tali moti,
perché non non si manifesti collera né alcun'altra passione, e perché non ne traspaia né fiacchezza né viltà di cuore né altro
simile difetto. Soprattutto dobbiamo cercar di mostrare apertamente il nostro rispetto e il nostro affetto per quelli coi quali
conversiamo. Talvolta sono necessari anche i rimproveri, e nel farli bisogna forse adoperare una intensità di voce maggiore e
una più aspra gravità di parole; bisogna perfino atteggiarsi in modo da sembrare adirati. Ma, come i medici solo nei casi
estremi ricorrono al ferro e al fuoco, cosi noi ricorreremo a questa specie di rimproveri, solo di rado e a malincuore, e non
mai se non per necessità, quando, cioè, non si trovi nessun altro rimedio; ma anche allora stia lungi da noi l'ira, con la
quale non si può far nulla né di giusto né di assennato.
Nella maggior
parte dei casi basta fare un dolce rimprovero, non disgiunto da una certa sostenutezza, di modo che si adoperi la severità
senza scendere fino all'offesa. E anche quel tanto di amaro che il rimprovero comporta, bisogna far capire che l'abbiamo
adoperato per amor di colui che si rimprovera. E anche in quei contrasti, che sorgono tra noi e i nostri più fieri nemici, se
pure ci accada di sentir cose indegne di noi, dobbiamo serbar tuttavia una dignitosa compostezza, reprimendo lo sdegno. Tutto
ciò che si fa nell'impeto d'una passione, non può né rispettare la coerenza né ottenere lode dai presenti. Gran brutta cosa è
anche il decantare i propri meriti, soprattutto non veri, e imitare il soldato millantatore, provocando le risa di chi ci
ascolta.
Io voglio, o almeno vorrei, trattare compiutamente ogni cosa;
conviene perciò dire anche quale dev'essere, a mio parere, la casa di un uomo che gli onori e i meriti hanno posto in alto.
Scopo principale della casa è l'utilità pratica; e appunto a questa deve conformarsi la struttura generale dell'edificio;
bisogna tuttavia tener conto a un tempo della comodità e della dignità. A Gneo Ottavio, che, primo della sua famiglia, fu
eletto console, tornò, com'è noto, a grande onore l'aver costruito sul Palatino una bellissima e dignitosissima casa; e
poiché tutti andavano a vederla, si credeva che quella avesse aiutato il suo padrone, uomo nuovo, ad arrivare al consolato.
Scauro la demolì per farne un'appendice al suo palazzo. Fu cosi che, mentre quello portò per primo nella sua casa il
consolato, questi, figlio di un grande e illustre personaggio, riportò nella sua casa più volte ingrandita non solo la
sconfitta elettorale, ma anche il disonore e la sventura.
E giustamente:
poiché la dignità della persona deve trovar nella casa il suo ornamento, ma non deve cercare in essa la sua prima ed ultima
ragione. Non la casa deve conferir decoro al padrone, ma il padrone alla casa. E come in tutte le cose si deve tener conto non
solo di sé, ma anche degli altri, così trattandosi della casa di un personaggio illustre, nella quale bisogna ricevere molti
ospiti e ammettere molta gente d'ogni sorta, si procuri che essa abbia una giusta ampiezza; se no, una casa troppo vasta, se
rimane vuota e deserta, risulta indecorosa per il padrone, tanto più se, in altro tempo e con altro padrone, era di solito
molto frequentata. Fa pena sentir dire dai passanti:
0 casa antica, in quali man cadesti!
cosa che in questi tempi si
può dire a proposito di molti.
E bisogna guardarsi, specialmente se
uno si fabbrica per sé la sua casa, dall'eccedere nella spesa e nella magnificenza: in questo campo il cattivo esempio è
contagioso e pernicioso. I più, infatti, specialmente a questo riguardo, si sforzano di imitare gli atti esteriori dei grandi.
Chi, ad esempio, imitò l'intima virtù del grande Lucio Lucullo? Quanti, invece, non imitarono la magnificenza delle sue ville!
Ma almeno in fatto di ville si osservi la modestia, e ci si attenga alla giusta misura; e la giusta misura, la si applichi
anche a tutti i bisogni e a tutti i comodi della vita. Ma di ciò basti.
- Letteratura Latina
- De Officiis di Cicerone
- Cicerone