De Officiis, Libro 1, Par. da 141 a 145 - Studentville

De Officiis, Libro 1, Par. da 141 a 145

Paragrafo 141
In omni autem actione suscipienda tria sunt tenenda

primum ut appetitus rationi pareat quo nihil est ad officia conservanda accommodatius deinde ut animadvertatur quanta illa res

sit quam efficere velimus ut neve maior neve minor cura et opera suscipiatur quam causa postulet. Tertium est ut caveamus ut ea

quae pertinent ad liberalem speciem et dignitatem moderata sint. Modus autem est optimus decus ipsum tenere de quo ante diximus

nec progredi longius. Horum tamen trium praestantissimum est appetitum obtemperare

rationi.

Paragrafo 142
Deinceps de ordine rerum et de opportunitate temporum dicendum

est. Haec autem scientia continentur ea quam Graeci eutaxin nominant non hanc quam interpretamur modestiam quo in verbo modus

inest sed illa est eutaxia in qua intellegitur ordinis conservatio. Itaque ut eandem nos modestiam appellemus sic definitur a

Stoicis ut modestia sit scientia rerum earum quae agentur aut dicentur loco suo collocandarum. Ita videtur eadem vis ordinis et

collocationis fore; nam et ordinem sic definiunt compositionem rerum aptis et accommodatis locis. Locum autem actionis

opportunitatem temporis esse dicunt; tempus autem actionis opportunum Graece eukairia Latine appellatur occasio. Sic fit ut

modestia haec quam ita interpretamur ut dixi scientia sit opportunitatis idoneorum ad agendum

temporum.

Paragrafo 143
Sed potest eadem esse prudentiae definitio de qua principio

diximus hoc autem loco de moderatione et temperantia et harum similibus virtutibus quaerimus. Itaque quae erant prudentiae

propria suo loco dicta sunt; quae autem harum virtutum de quibus iam diu loquimur quae pertinent ad verecundiam et ad eorum

approbationem quibuscum vivimus nunc dicenda sunt.

Paragrafo 144
Talis est igitur ordo

actionum adhibendus ut quemadmodum in oratione constanti sic in vita omnia sint apta inter se et convenientia; turpe enim

valdeque vitiosum in re severa convivio digna aut delicatum aliquem inferre sermonem. Bene Pericles cum haberet collegam in

praetura Sophoclem poetam iique de communi officio convenissent et casu formosus puer praeteriret dixissetque Sophocles: “O

puerum pulchrum Pericle!” “At enim praetorem Sophocle decet non solum manus sed etiam oculos abstinentes habere.” Atqui hoc

idem Sophocles si in athletarum probatione dixisset iusta reprehensione caruisset. Tanta vis est et loci et temporis. Ut si qui

cum causam sit acturus in itinere aut in ambulatione secum ipse meditetur aut si quid aliud attentius cogitet non reprehendatur

at hoc idem si in convivio faciat inhumanus videatur inscitia temporis.

Paragrafo

145
Sed ea quae multum ab humanitate discrepant ut si qui in foro cantet aut si qua est alia magna perversitas facile

apparet nec magnopere admonitionem et praecepta desiderat; quae autem parva videntur esse delicta neque a multis intellegi

possunt ab iis est diligentius declinandum. Ut in fidibus aut tibiis quamvis paulum discrepent tamen id a sciente animadverti

solet sic videndum est in vita ne forte quid discrepet vel multo etiam magis quo maior et melior actionum quam sonorum

concentus est.

Versione tradotta

Paragrafo 141
Nell'intraprendere un'azione, qualunque sia, bisogna

osservare costantemente tre norme: prima, che il sentimento obbedisca alla ragione (e questo è il miglior modo per adempiere i

nostri doveri); poi, che si determini esattamente l'importanza della cosa che si vuole effettuare, per non assumersi cura e

fatica maggiore o minore di quel che la cosa richiede; infine, procurare che tutto ciò che riguarda l'aspetto e la dignità di

un uomo libero, non oltrepassi la giusta misura. E misura perfetta è mantener rigorosamente quel decoro, del quale ho parlato

innanzi, senz'andare troppo oltre. Di queste tre norme, peraltro, la più importante è che il sentimento obbedisca alla

ragione.

Paragrafo 142
Ora dobbiamo parlare dell'ordine, in cui si devono disporre, e

del tempo, in cui si devono compiere, le nostre azioni. Questi due concetti son compresi in quella facoltà che i Greci chiamano

eu)taXi/a (cioè buon ordine); non già quella che noi rendiamo con la voce moderazione (parola in cui è inclusa la nozione di

modo, nel senso di misura), ma quella eutaxia, che significa osservanza dell'ordine. Del resto, a chiamarla anche col nome di

moderazione, ce ne danno pieno diritto gli Stoici, i quali la definiscono come la facoltà di collocare nel loro giusto luogo

tutte quelle cose che si devono fare o dire. Appare così chiaramente che i due termini ordine e collocazione sono equivalenti.

In verità, gli Stoici definiscono e deducono questi concetti così: l'ordine è l'arte di collocare e disporre le cose nel

luogo e più adatto; ma il luogo dell'azione non è che l'opportunità del tempo; e il tempo opportuno per l'azione è quello

che i Greci chiamano eu)kairi/a e che noi chiamiamo occasione. Ne segue che questa moderazione, interpretata così come ho

detto, é l'arte di conoscere e di scegliere il tempo opportuno per ogni nostra

azione.

Paragrafo 143
Ma tale definizione può convenire anche a quella prudenza, della

quale abbiamo parlato nel principio del libro, mentre qui, in questo punto, noi andiamo esaminando la moderazione, temperanza e

altre simili virtù. Perciò, se i caratteri e le proprietà della prudenza sono stati descritti a suo luogo, ora dobbiamo

descrivere i caratteri e le proprietà di queste virtù delle quali già da tempo parliamo e che hanno attinenza con la verecondia

e mirano ad ottenere l'approvazione di quelle persone con le quali viviamo.

Paragrafo

144
Ora, dunque, noi dobbiamo imporre alle nostre azioni un ordine tale che per esso, come in un discorso

armonicamente composto, così nella nostra vita tutti gli atti e tutti i detti siano in pieno e perfetto accordo fra di loro.

E' cosa molto brutta e molto sconveniente introdurre in un argomento serio motti e lazzi degni di un banchetto, o peggio

ancora, qualche discorso frivolo ed osceno. Bella fu la risposta di Pericle. Aveva egli per collega nel comando dell'esercito

il poeta Sofocle. Un giorno si riunirono a convegno i due uomini per cose del comune ufficio. Passa per caso dinanzi a loro un

bellissimo giovinetto. " Oh, che bel ragazzo, Pericle!", esclama Sofocle. E l'altro, pronto: "No, no, Sofocle; un comandante

deve saper tenere a freno non solo le mani, ma anche gli occhi". Eppure, se Sofocle avesse detto quelle stesse parole in una

rivista di atleti, non avrebbe meritato alcun rimprovero. Tanta è l'importanza del luogo e del tempo. Così, se uno, dovendo

trattare una causa, ci si preparasse in viaggio o a passeggio, o se si sprofondasse in qualche altro pensiero, non sarebbe

biasimato; ma se facesse la medesima cosa in un convito, passerebbe da maleducato, non avendo il senso

dell'opportunità.

Paragrafo 145
Tuttavia quegli atti che discordano molto dalla buona

educazione (come, per esempio, se uno si mettesse a cantare in piazza, o commettesse qualche altra grave sconcezza), saltano

subito agli occhi, e non hanno gran bisogno di ammonimenti e di precetti; dobbiamo invece guardarci con maggior cura da quelle

sconvenienze che sernbrano piccole e sono percepite da pochi. [Come nel suono delle cetre o dei flauti, anche la più piccola

stonatura è di solito avvertita dal buon intenditore, cosi noi dobbiamo cercare che nella nostra vita non vi sia mai dissonanza

alcuna, anzi tanto più ne abbiamo il dovere quanto l'accordo delle azioni è più importante e più bello che non quello dei

suoni].

  • Letteratura Latina
  • De Officiis di Cicerone
  • Cicerone

Ti potrebbe interessare

Link copiato negli appunti