De Officiis, Libro 1, Par. da 21 a 25 - Studentville

De Officiis, Libro 1, Par. da 21 a 25

Libro 1 Paragrafo 21
Sunt autem privata nulla natura sed aut vetere occupatione ut qui quondam in

vacua venerunt aut victoria ut qui bello potiti sunt aut lege pactione condicione sorte; ex quo fit ut ager Arpinas Arpinatium

dicatur Tusculanus Tusculanorum; similisque est privatarum possessionum discriptio. Ex quo quia suum cuiusque fit eorum quae

natura fuerant communia quod cuique optigit id quisque teneat; e quo si quis [quaevis] sibi appetet violabit ius humanae

societatis.

Libro 1 Paragrafo 22
Sed quoniam ut praeclare scriptum est a Platone non

nobis solum nati sumus ortusque nostri partem patria vindicat partem amici atque ut placet Stoicis quae in terris gignantur ad

usum hominum omnia creari homines autem hominum causa esse generatos ut ipsi inter se aliis alii prodesse possent in hoc

naturam debemus ducem sequi communes utilitates in medium adferre mutatione officiorum dando accipiendo tum artibus tum opera

tum facultatibus devincire hominum inter homines societatem.

Libro 1 Paragrafo

23
Fundamentum autem est iustitiae fides id est dictorum conventorumque constantia et veritas. Ex quo quamquam hoc

videbitur fortasse cuipiam durius tamen audeamus imitari Stoicos qui studiose exquirunt unde verba sint ducta credamusque quia

fiat quod dictum est appellatam fidem. Sed iniustitiae genera duo sunt unum eorum qui inferunt alterum eorum qui ab is quibus

infertur si possunt non propulsant iniuriam. Nam qui iniuste impetum in quempiam facit aut ira aut aliqua perturbatione

incitatus is quasi manus afferre videtur socio; qui autem non defendit nec obsistit si potest iniuriae tam est in vitio quam si

parentes aut amicos aut patriam deserat.

Libro 1 Paragrafo 24
Atque illae quidem

iniuriae quae nocendi causa de industria inferuntur saepe a metu proficiscuntur cum is qui nocere alteri cogitat timet ne nisi

id fecerit ipse aliquo afficiatur incommodo. Maximam autem partem ad iniuriam faciendam aggrediuntur ut adipiscantur ea quae

concupiverunt; in quo vitio latissime patet avaritia.

Libro 1 Paragrafo 25
Expetuntur

autem divitiae cum ad usus vitae necessarios tum ad perfruendas voluptates. In quibus autem maior est animus in is pecuniae

cupiditas spectat ad opes et ad gratificandi facultatem ut nuper M. Crassus negabat ullam satis magnam pecuniam esse ei qui in

re publica princeps vellet esse cuius fructibus exercitum alere non posset. Delectant etiam magnifici apparatus vitaeque cultus

cum elegantia et copia quibus rebus effectum est ut infinita pecuniae cupiditas esset. Nec vero rei familiaris amplificatio

nemini nocens vituperanda est sed fugienda semper iniuria est.

Versione tradotta

Libro 1, Paragrafo 21
I beni privati, peraltro, non esistono per natura, ma tali

diventano, o per antica occupazione. come nel caso di coloro che un tempo vennero a stabilirsi in luoghi disabitati, o per

diritto di conquista, come nel caso di coloro che s'impadronirono di un territorio per forza d'armi, o infine per legge, per

convenzione, per contratto, per sorteggio. Per questo noi diciamo che il paese d'Arpino è degli Arpinati, e quel di Tuscolo,

dei Tusculani; e allo stesso modo avviene la ripartizione dei beni privati. Ora, poiché diventa proprietà individuale di

ciascuno una parte dei beni naturalmente comuni, quella parte che a ciascuno toccò in sorte, ciascuno la tenga per sua; e se

qualcuno vi stenderà la mano per impadronirsene, violerà la legge della convivenza umana.

Libro 1, Paragrafo 22
Ma poiché, come ha scritto splendidamente Platone, noi non siamo nati soltanto per noi, ma una

parte della nostra esistenza la rivendica per sé la patria, e un'altra gli amici; e poiché ancora, come vogliono gli Stoici,

tutto ciò che la terra produce è a vantaggio degli uomini, e gli uomini furono generati per il bene degli uomini, affinché

possano giovarsi l'un l'altro a vicenda; per queste ragioni, dunque, noi dobbiamo seguire come guida la natura, mettendo in

comune le cose di utilità comune, e stringendo sempre più i vincoli della società umana con lo scambio dei servigi, cioè col

dare e col ricevere, con le arti, con l'attività, con i mezzi.

Libro 1, Paragrafo

23
Fondamento poi della giustizia è la lealtà, cioè la scrupolosa e sincera osservanza delle promesse e dei patti.

Perciò - ma forse la cosa parrà a taluni alquanto forzata - oserei imitare gli Stoici, che cercano con tanto zelo l'etimologia

delle parole, e vorrei credere che fides (fede, lealtà) sia stata chiamata così perché fit (si fa) quel che è stato promesso.Vi

sono, poi, due tipi d'ingiustizia: l'uno è di coloro che fanno una offesa; l'altro, di quelli che, pur potendo, non la

respingono da quanti la subiscono. Difatti, colui che, spinto dall'ira o da qualche altra passione, assale ingiustamente

qualcuno, fa come chi metta le mani addosso a un suo compagno; ma chi, pur potendo, non respinge e non contrasta l'offesa non

è meno colpevole di chi abbandonasse senza difesa i suoi genitori, i suoi amici, la sua

patria.

Libro 1, Paragrafo 24
Ed è ben vero che quelle ingiurie che si fanno per

deliberato proposito di nuocere, hanno spesso origine dalla paura, quando, cioè, colui che medita di procurare un danno ad un

altro, teme che, non facendo cosi, debba subir lui qualche danno. Ma la maggior parte degli uomini sono spinti a danneggiare

gli altri per conquistare ciò che stimola in loro un intenso desiderio. E di questo la colpa massima è insita nell'avidità di

denaro.

Libro 1, Paragrafo 25
Inoltre, la ricchezza si desidera, o per soddisfare i

bisogni della vita, o per goderne i piaceri. Ma coloro che hanno un animo assai grande e progetti molto elevati, bramano e

cercano il denaro per acquistar potenza e prestigio; come, non molto tempo fa, Marco Crasso affermava che nessuna ricchezza è

abbastanza grande per chi voglia primeggiare nello Stato se, coi proventi di essa, egli non possa mantenere un esercito.

Offrono godimento anche gli splendidi arredamenti, e un raffinato tenore di vita, ricco ed elegante. Per tutte queste ragioni

il desiderio della ricchezza non conosce limiti. E in verità, non merita biasimo il cercare d'accrescere il patrimonio

domestico, quando non si nuoce ad alcuno; basta non commetter mai nessuna ingiustizia.

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