De Officiis, Libro 1, Par. da 66 a 70 - Studentville

De Officiis, Libro 1, Par. da 66 a 70

Libro 1 Paragrafo 66
Omnino fortis animus et magnus duabus rebus maxime cernitur quarum una in rerum

externarum despicientia ponitur cum persuasum est nihil hominem nisi quod honestum decorumque sit aut admirari aut optare aut

expetere oportere nullique neque homini neque perturbationi animi nec fortunae succumbere. Altera est res ut cum ita sis

affectus animo ut supra dixi res geras magnas illas quidem et maxime utiles sed ut vehementer arduas plenasque laborum et

periculorum cum vitae tum multarum rerum quae ad vitam pertinent.

Libro 1 Paragrafo

67
Harum rerum duarum splendor omnis amplitudo addo etiam utilitatem in posteriore est causa autem et ratio efficiens

magnos viros in priore. In eo est enim illud quod excellentes animos et humana contemnentes facit. Id autem ipsum cernitur in

duobus si et solum id quod honestum sit bonum iudices et ab omni animi perturbatione liber sis. Nam et ea quae eximia plerisque

et praeclara videntur parva ducere eaque ratione stabili firmaque contemnere fortis animi magnique ducendum est et ea quae

videntur acerba quae multa et varia in hominum vita fortunaque versantur ita ferre ut nihil a statu naturae discedas nihil a

dignitate sapientis. robusti animi est magnaeque constantiae.

Libro 1 Paragrafo

68
Non est autem consentaneum qui metu non frangatur eum frangi cupiditate nec qui invictum se a labore praestiterit

vinci a voluptate. Quam ob rem et haec vitanda et pecuniae fugienda cupiditas; nihil enim est tam angusti animi tamque parvi

quam amare divitias nihil honestius magnificentiusque quam pecuniam contemnere si non habeas si habeas ad beneficentiam

liberalitatemque conferre. Cavenda etiam est gloriae cupiditas ut supra dixi; eripit enim libertatem pro qua magnanimis viris

omnis debet esse contentio. Nec vero imperia expetenda ac potius aut non accipienda interdum aut deponenda non

numquam.

Libro 1 Paragrafo 69
Vacandum autem omni est animi perturbatione cum

cupiditate et metu tum etiam aegritudine et voluptate nimia et iracundia ut tranquillitas animi et securitas adsit quae affert

cum constantiam tum etiam dignitatem. Multi autem et sunt et fuerunt qui eam quam dico tranquillitatem expetentes a negotiis

publicis se removerint ad otiumque perfugerint in his et nobilissimi philosophi longeque principes et quidam homines severi et

graves nec populi nec principum mores ferre potuerunt vixeruntque non nulli in agris delectati re sua

familiari.

Libro 1 Paragrafo 70
His idem propositum fuit quod regibus ut ne qua re

egerent ne cui parerent libertate uterentur cuius proprium est sic vivere ut velis. Quare cum hoc commune sit potentiae

cupidorum cum his quos dixi otiosis alteri se adipisci id posse arbitrantur si opes magnas habeant alteri si contenti sint et

suo et parvo. In quo neutrorum omnino contemnenda sententia est sed et facilior et tutior et minus aliis gravis aut molesta

vita est otiosorum fructuosior autem hominum generi et ad claritatem amplitudinemque aptior eorum qui se ad rem publicam et ad

magnas res gerendas accomodaverunt.

Versione tradotta

Libro 1, Paragrafo 66
Generalmente la fortezza e la grandezza dell'animo si manifestano

principalmente in due modi: l'uno consiste nel disprezzo dei beni esteriori, posto il principio che l'uomo non deve né

ricercare né desiderare né ammirare cosa alcuna che non sia onesta e decorosa, e non deve sottostare, né ad alcun uomo, né ad

alcuna passione, né ad alcun evento di fortuna; l'altro modo (ove tu sia in quella disposizione dello spirito che ora ho

detto), consiste nell'operare bensì azioni grandi e soprattutto utili, ma anche straordinariamente difficili, e piene di

travagli e di pericoli, come per la vita, così per molte cose che servono alla vita.

Libro 1,

Paragrafo 67
Di questi due modi, tutto lo splendore e tutta la magnificenza, aggiungo anche tutta l'utilità, tutto

questo è nel secondo; ma la vera causa efficiente della grandezza d'animo è nel primo: in questo risiede l'intima ragione che

fa gli animi veramente grandi e superiori alle cose umane. E appunto questa forza morale si riconosce- dicevo - per due

contrassegni: giudicare buono solo ciò che è onesto e ì'esser liberi da ogni passione. In verità, se il giudicare meschine

quelle cose che ai più sembrano straordinarie e magnifiche, e quindi disprezzarle con fermo e costante proposito è proprio

d'un animo forte e grande, senza dubbio il sopportar quelle cose che sembrano penose, quelle che, numerose e varie, accadono

nella travagliata e tempestosa vita umana, in modo che tu non ti discosti per nulla dallo stato naturale dell'uomo, per nulla

dalla dignità del sapiente, questo è proprio di un animo solido e di una grande fermezza.

Libro 1, Paragrafo 68
D'altra parte, non sarebbe ragionevole che chi non si lascia abbattere dalla paura, si

lasciasse abbattere dalla cupidigia, e chi si è mostrato invincibile alla fatica, si lasciasse vincere dal piacere. Bisogna

perciò evitare queste contraddizioni, e rifuggire anche dall'avidità del denaro: non c'è cosa che dimostri grettezza e

bassezza d'animo quanto l'amor delle ricchezze; al contrario, nulla è più onesto e più nobile del disprezzo verso il denaro,

se non lo possiedi; se lo possiedi, impiegarlo in una benefica elagizione. Bisogna anche guardarsi, come ho già detto, da uno

sfrenato desiderio di gloria, perché ci toglie la libertà dello spirito, quella libertà che gli uomini magnanimi devono

conquistare e difendere con forza. D'altra parte, non bisogna neppure aspirare ai supremi poteri, o, per meglio dire, talvolta

conviene non accettarli, talora anche deporli.

Libro 1, Paragrafo 69
Sia l'animo

tuo sgombro da ogni passione, non solo dalla cupidigia e dalla paura, ma anche, e specialmente, dalla tristezza, dalla

eccessiva allegria e dalla collera, perché tu abbia quella tranquilla serenità che porta con sé fermezza e soprattutto dignità.

Molti sono e molti furono quelli che, aspirando a questa tranquillità di cui parlo, rinunziarono ai pubblici uffici per cercare

un rifugio nella pace d'una vita appartata: fra questi troviamo celebratissimi filosofi, veri principi del sapere, e certi

uomini austeri e autorevoli che non seppero adattarsi ai capricci del popolo o dei potenti; e non pochi di essi passarono la

vita in campagna, trovando il loro piacere nella curadel loro patrimonio.

Libro 1, Paragrafo

70
Tutti costoro non ebbero altro ideale che questo: " vivere da re". vale a dire, non aver bisogno di nulla, non

obbedire a nessuno e godere di quella libertà, che consiste nel vivere come si vuole.
Ora, benché questo ideale sia comune

agli ambiziosi, avidi di potenza, e agli spiriti pensosi, amanti della quiete, gli uni non credono di poterlo conseguire se non

con l'aiuto di grandi ricchezze, gli altri invece col ritenersi soddisfatti della loro fortuna. E in questo, a dir vero, non

si può dar torto né agli uni né agli altri; mentre, però, la vita degli uomini appartati e tranquilli è più facile e sicura, e

meno gravosa o dannosa agli altri, più utile invece all'umano genere, e più adatta a conferire splendore e grandezza, è la

vita di coloro che si consacrano al governo dello Stato e al compimento di grandi imprese.

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