Libro 1 Paragrafo 71
Quapropter et iis forsitan concedendum sit rem publicam non capessentibus qui
excellenti ingenio doctrinae sese dediderunt et iis qui aut valitudinis imbecillitate aut aliqua graviore causa impediti a re
publica recesserunt cum eius administrandae potestatem aliis laudemque concederent. Quibus autem talis nulla sit causa si
despicere se dicant ea quae plerique mirentur imperia et magistratus iis non modo non laudi verum etiam vitio dandum puto.
Quorum iudicium in eo quod gloriam contemnant et pro nihilo putent difficile factu est non probare sed videntur labores et
molestias tum offensionum et repulsarum quasi quandam ignominiam timere et infamiam. Sunt enim qui in rebus contrariis parum
sibi constent voluptatem severissime contemnant in dolore sint molliores gloriam neglegant frangantur infamia atque ea quidem
non satis constanter.
Libro 1 Paragrafo 72
Sed iis qui habent a natura adiumenta
rerum gerendarum abiecta omni cunctatione adipiscendi magistratus et gerenda res publica est; nec enim aliter aut regi civitas
aut declarari animi magnitudo potest. Capessentibus autem rem publicam nihilominus quam philosophis haud scio an magis etiam et
magnificentia et despicientia adhibenda est rerum humanarum quam saepe dico et tranquillitas animi atque securitas si quidem
nec anxii futuri sunt et cum gravitate constantiaque victuri.
Libro 1 Paragrafo
73
Quae faciliora sunt philosophis quo minus multa patent in eorum vita quae fortuna feriat et quo minus multis
rebus egent et quia si quid adversi eveniat tam graviter cadere non possunt. Quocirca non sine causa maiores motus animorum
concitantur maioraque studia efficiendi rem publicam gerentibus quam quietis quo magis iis et magnitudo est animi adhibenda et
vacuitas ab angoribus. Ad rem gerendam autem qui accedit caveat ne id modo consideret quam illa res honesta sit sed etiam ut
habeat efficiendi facultatem; in quo ipso considerandum est ne aut temere desperet propter ignaviam aut nimis confidat propter
cupiditatem. In omnibus autem negotiis priusquam adgrediare adhibenda est praeparatio
diligens.
Libro 1 Paragrafo 74
Sed cum plerique arbitrentur res bellicas maiores esse
quam urbanas minuenda est haec opinio. Multi enim bella saepe quaesiverunt propter gloriae cupiditatem atque id in magnis
animis ingeniisque plerumque contingit eoque magis si sunt ad rem militarem apti et cupidi bellorum gerendorum; vere autem si
volumus iudicare multae res extiterunt urbanae maiores clarioresque quam bellicae.
Libro 1
Paragrafo 75
Quamvis enim Themistocles iure laudetur et sit eius nomen quam Solonis illustrius citeturque Salamis
clarissimae testis victoriae quae anteponatur consilio Solonis ei quo primum constituit Areopagitas non minus praeclarum hoc
quam illud iudicandum est. Illud enim semel profuit hoc semper proderit civitati; hoc consilio leges Atheniensium hoc maiorum
instituta servantur. Et Themistocles quidem nihil dixerit in quo ipse Areopagum adiuverit at ille vere [a] se adiutum
Themistoclem; est enim bellum gestum consilio senatus eius qui a Solone erat constitutus.
Versione tradotta
Perciò si può forse concedere di non occuparsi dello Stato
a quelli che, dotati di singolare ingegno, si dedicano agli studi, e a quelli che, impediti o dalla malferma salute o da
qualche altra più grave causa, si ritraggono dalle cure dello Stato, cedendo ad altri il potere e la gloria di amministrarlo;
ma a quelli che non hanno nessun motivo del genere, credo che non solo siano poco meritevoli di approvazione, ma anzi
meritevoli di colpa, se adducono il pretesto di nutrire dispezzo per quelle cose che i più ammirano, cioè i comandi militari e
le cariche civili. E' vero che sarebbe difficile non approvare il loro proposito, in quanto dichiarino di non tenere in nessun
conto la gloria; ma il male è che essi hanno tutta l'aria di temere, insieme alle fatiche e alle noie, anche i contrasti e
gl'insuccessi, come una specie di disonore e d'infamia. Ci sono alcuni che, in casi del tutto opposti, non eccellono per
troppa coerenza: disprezzano con estrema energia il piacere e nel dolore si abbattono; non si curano della gloria e si
avvilisconono per l'infamia; e anche in tali contraddizioni sono incoerenti.
Paragrafo 72
Quelli, però, a cui natura elargì attitudini e mezzi per governare, devono, senz'alcuna esitazione,
cercare di ottenere le magistrature e partecipare al governo: non c'è altro modo perché lo Stato si regga e la grandezza
d'animo si manifesti. D'altra parte, quelli che vogliono entrare nella vita pubblica, devono, non meno, anzi forse più dei
filosofi, armarsi di fortezza e di disprezzo dei beni esteriori come vado dicendo da tempo, e anche di tranquilla serenità
d'animo, se pur vogliono vivere, non già in affannosa inquietudine, ma con dignitosa
fermezza.
Il che riesce tanto più facile ai filosofi, quanto
meno essi, nella loro vita, offrono aperto il fianco ai colpi di fortuna, e quanto minori sono i loro bisogni; e anche perché,
se qualche avversità li colpisce, non possono cadere con tanta rovina. Perciò, non senza ragione, più vigorosi slanci
dell'animo e più generoso desiderio d'operare si accendono in colui che sta al governo che non negli uomini appartati e
tranquilli; e perciò tanto più l'uomo di Stato deve armarsi di grandezza d'animo e serbarsi libero da ogni affanno. D'altra
parte, chiunque s'accosta agli affari pubblici, si guardi bene dal considerar soltanto l'onore che gliene possa derivare, ma
badi anche d'avere le forze adatte a realizzare i suoi progetti. E anche in questa considerazione, si guardi da due pericoli:
dal disperare senza ragione per fiacchezza d'animo e dall'aver troppa fiducia in se stesso per smaniosa ambizione. Del resto,
in ogni sorta d'impresa, prima di mettersi all'opera, occorre una diligente
preparazione.
Generalmente si crede che le imprese di
guerra abbiano maggior importanza che le opere di pace: questa opinione deve essere corretta. E' ben vero che molti, in ogni
tempo, cercarono occasioni di guerra per solo desiderio di gloria, e ciò per lo più accade in persone di grande animo e di
grande ingegno, tanto più se hanno attitudine all'arte militare e istintivo desiderio di guerreggiare; ma, se vogliamo
giudicare secondo verità, la storia ci offre molti esempi di azioni civili ancor più grandi e più belle delle imprese
guerresche.
Si lodi pure a buon diritto Temistocle; sia pure
il suo nome più illustre di quello di Solone, e si chiami Salamina a testimonianza d'una famosissima vittoria, per anteporla
al provvedimento col quale Solone per la prima volta istituì l'Areopago; ma questo provvedimento è da giudicarsi non meno
luminoso di quella vittoria: questa non giovò che una sola volta, quello invece gioverà in ogni tempo allo Stato. E' questo
consesso che custodisce le leggi d'Atene; è questo che preserva le istituzioni degli avi. E mentre Temistocle non potrebbe
vantarsi d'aver giovato in nulla all'Areopago, Solone avrebbe invece ogni ragion di dire che egli giovò a Temistocle, in
quanto la guerra fu condotta per consiglio di quel senato che Solone aveva istituito.
- Letteratura Latina
- De Officiis di Cicerone
- Cicerone