Libro 1 Paragrafo 91
Atque etiam in
secundissimis rebus maxime est utendum consilio amicorum isque maior etiam quam ante tribuenda auctoritas. Isdemque temporibus
cavendum est ne assentatoribus patefaciamus aures neve adulari nos sinamus in quo falli facile est. tales enim nos esse putamus
ut iure laudemur; ex quo nascuntur innumerabilia peccata cum homines inflati opinionibus turpiter irridentur et in maximis
versantur erroribus.
Libro 1 Paragrafo 92
sed haec quidem hactenus. Illud autem sic
est iudicandum maximas geri res et maximi animi ab iis qui res publicas regant quod earum administratio latissime pateat ad
plurimosque pertineat; esse autem magni animi et fuisse multos etiam in vita otiosa qui aut investigarent aut conarentur magna
quaedam seseque suarum rerum finibus continerent aut interiecti inter philosophos et eos qui rem publicam administrarent
delectarentur re sua familiari non eam quidem omni ratione exaggerantes neque excludentes ab eius usu suos potiusque et amicis
impertientes et rei publicae si quando usus esset. quae primum bene parta sit nullo neque turpi quaestu neque odioso tum quam
plurimis modo dignis se utilem praebeat] deinde augeatur ratione diligentia parsimonia [nec libidini potius luxuriaeque quam
liberalitati et beneficentiae pareat. Haec praescripta servantem licet magnifice graviter animoseque vivere atque etiam
simpliciter fideliter + vere hominum amice.
Libro 1 Paragrafo 93
Sequitur ut de una
reliqua parte honestatis dicendum sit in qua verecundia et quasi quidam ornatus vitae temperantia et modestia omnisque sedatio
perturbationum animi et rerum modus cernitur. hoc loco continetur id quod dici latine decorum potest; Graece enim prepon
dicitur.
Libro 1 Paragrafo 94
Huius vis ea est ut ab honesto non queat separari;
nam et quod decet honestum est et quod honestum est decet. qualis autem differentia sit honesti et decori facilius intellegi
quam explanari potest. quicquid est enim quod deceat id tum apparet cum antegressa est honestas. Itaque non solum in hac parte
honestatis de qua hoc loco disserendum est sed etiam in tribus superioribus quid deceat apparet. Nam et ratione uti atque
oratione prudenter et agere quod agas considerate omnique in re quid sit veri videre et tueri decet contraque falli errare labi
decipi tam dedecet quam delirare et mente esse captum; et iusta omnia decora sunt iniusta contra ut turpia sic indecora.
Similis est ratio fortitudinis. quod enim viriliter animoque magno fit id dignum viro et decorum videtur quod contra id ut
turpe sic indecorum.
Libro 1 Paragrafo 95
Quare pertinet quidem ad omnem honestatem
hoc quod dico decorum et ita pertinet ut non recondita quadam ratione cernatur sed sit in promptu. est enim quiddam idque
intellegitur in omni virtute quod deceat; quod cogitatione magis a virtute potest quam re separari. ut venustas et pulchritudo
corporis secerni non potest a valitudine sic hoc de quo loquimur decorum totum illud quidem est cum virtute confusum sed mente
et cogitatione distinguitur.
Versione tradotta
Anzi, quanto più ci assiste la
fortuna, tanto più noi dobbiamo ricorrere al consiglio degli amici, concedendo loro anche maggiore autorità che nel passato. E
in tale stato felice, guardiamo di non prestar l'orecchio agli adulatori e di non lasciarci lusingare da essi: bevendo le loro
parole, è facile cadere in inganno, perché noi ci crediamo così brave persone da meritare ogni più alta lode. E da questo
smarrimento, nascono innumerevoli guai, quando gli uomini, gonfi della loro presunzione, si avvolgono nei più grandi errori e
restano infine col danno e con le beffe. Ma di ciò basti.
92
Un'ultima considerazione. Se gli uomini di Stato compiono le più grandi e magnanime imprese, perché il governo
della cosa pubblica si estende su un più vasto campo e riguarda un maggior numero di persone, tuttavia vi furono e vi sono
molti uomini di grande animo anche nella vita privata: anzitutto, coloro che tentano col pensiero ardue ricerche filosofiche o
scientifiche, tenendosi però ben chiusi nella cerchia dei loro studi; poi, coloro che, posti in mezzo tra i filosofi e gli
uomini politici, si dilettano di amministrare le proprie sostanze, non accrescendole però a dismisura con qualunque mezzo, né
escludendo dal godimento di esse i propri congiunti; anzi, facendone partecipi gli amici e lo Stato, quando lo richieda il
bisogno. E queste sostanze, prima di tutto, siano acquistate onestamente, cioè con mezzi né indegni né odiosi; [poi, si rendano
utili a quanti più è possibile, purchè meritevoli]; si accrescano quindi con l'accortezza, con la diligenza e con la
parsimonia; [e non servano al capriccio e al lusso invece che alla generosità e alla beneficenza]. Chi osserva tutti questi
precetti può ben vivere con magnificenza, con dignità e con fìducioso coraggio, e al tempo stesso con semplicità, con lealtà,
con vera filantropia.
Rimane da trattare della quarta ed ultima
parte dell'onestà, cioè di quella parte che comprende in sé, anzitutto il ritegno, e poi - come ornamento della vita - la
temperanza e la moderazione, vale a dire il pieno acquietamento delle passioni e la giusta misura in ogni cosa. Questa parte
dell'onesto contiene quella virtù che i Greci chiamano pre/pon e che noi possiamo chiamare
decoro.
Essa è tale per sua natura che non può separarsi
dall'onesto: poiché ciò che è decoroso è onesto e ciò che è onesto è decoroso; e la differenza che passa tra l'onestà e il
decoro, è più facile a intendere che a spiegare. In verità, tutto ciò che ha il carattere del decoro, non appare se non quando
lo precede l'onestà. Ecco perché, non solo in questa parte dell'onestà, della quale dobbiamo ora trattare, ma anche nelle tre
precedenti si manifesta il decoro. Il sapiente uso della ragione e della parola, il meditare ogni azione, e in ogni cosa
cercare e osservare la verità, e ad essa attenersi, è decoroso, mentre al contrario l'ingannarsi e l'errare, il cadere in
fallo e il lasciarsi raggirare è altrettanto indecoroso quanto l'uscir di strada e uscire di senno; e così ogni azione giusta
è decorosa, e ogni azione ingiusta, com'é disonesta, così è anche indecorosa. Allo stesso modo si comporta la fortezza: tutte
le azioni generosi e magnanime appaiono degne dell'uomo e decorose: le azioni contrarie, invece, come sono disoneste, così
offendono il decoro.
Questo decoro, dunque, di cui sto
parlando, appartiene a ogni specie di onestà, e vi appartiene in tal modo che ciò non si scorge soltanto per via di astrusi
ragionamenti, ma è di piena evidenza per tutti. Difatti, in ogni virtù c'è qualche cosa che ha il carattere del decoro; ma
questo decoro può separarsi dalla virtù più in teoria che in pratica. Come la grazia e la bellezza del corpo non si possono
separare dalla buona salute, così questo decoro, di cui parliamo, è bensì intimamente congiunto con la virtù, eppure se ne
distingue per via d'astrazione mentale.
- Letteratura Latina
- De Officiis di Cicerone
- Cicerone