Libro 1 Paragrafo 96
Est autem eius
discriptio duplex; nam et generale quoddam decorum intellegimus quod in omni honestate versatur et aliud huic subiectum quod
pertinet ad singulas partes honestatis. Atque illud superius sic fere definiri solet decorum id esse quod consentaneum sit
hominis excellentiae in eo in quo natura eius a reliquis animantibus differat. quae autem pars subiecta generi est eam sic
definiunt ut id decorum velint esse quod ita naturae consentaneum sit ut in eo moderatio et temperantia appareat cum specie
quadam liberali.
Libro 1 Paragrafo 97
Haec ita intellegi possumus existimare ex eo
decoro quod poetae sequuntur de quo alio loco plura dici solent. Sed tum servare illud poetas quod deceat dicimus cum id quod
quaque persona dignum est et fit et dicitur ut si Aeacus aut Minos diceret:
oderint dum metuant
aut:
natis
sepulchro ipse est parens
indecorum videretur quod eos fuisse iustos accepimus; at Atreo dicente plausus excitantur est enim
digna persona oratio; sed poetae quid quemque deceat ex persona iudicabunt; nobis autem personam imposuit ipsa natura magna cum
excellentia praestantiaque animantium reliquarum.
Libro 1 Paragrafo 98
Quocirca
poetae in magna varietate personarum etiam vitiosis quid conveniat et quid deceat videbunt nobis autem cum a natura constantiae
moderationis temperantiae verecundiae partes datae sint cumque eadem natura doceat non neglegere quemadmodum nos adversus
homines geramus efficitur ut et illud quod ad omnem honestatem pertinet decorum quam late fusum sit appareat et hoc quod
spectatur in uno quoque genere virtutis. Ut enim pulchritudo corporis apta compositione membrorum movet oculos et delectat hoc
ipso quod inter se omnes partes cum quodam lepore consentiunt sic hoc decorum quod elucet in vita movet approbationem eorum
quibuscum vivitur ordine et constantia et moderatione dictorum omnium atque factorum.
Libro 1 Paragrafo 99
adhibenda est igitur quaedam reverentia adversus homines et optimi cuiusque et reliquorum. nam
neglegere quid de se quisque sentiat non solum arrogantis est sed etiam omnino dissoluti. est autem quod differat in hominum
ratione habenda inter iustitiam et verecundiam. Iustitiae partes sunt non violare homines verecundiae non offendere in quo
maxime vis perspicitur decori. His igitur eitis quale sit id quod decere dicimus intellectum
puto.
Libro 1 Paragrafo 100
Officium autem quod ab eo ducitur hanc primum habet viam
quae deducit ad convenientiam conservationemque naturae; quam si sequemur ducem nunquam aberrabimus sequemurque et id quod
acutum et perspicax natura est et id quod ad hominum consociationem accommodatum et id quod vehemens atque forte. Sed maxima
vis decori in hac inest parte de qua disputamus; neque enim solum corporis qui ad naturam apti sunt sed multo etiam magis animi
motus probandi qui item ad naturam accommodati sunt
Versione tradotta
Ora, il decoro è di due specie, giacché per decoro o
conveniente intendiamo tanto un carattere generale che risiede in tutto l'onesto, quanto un carattere particolare, a quello
subordinato, che appartiene alle singole parti dell'onesto. Del primo si suol dare pressapoco questa definizione: " è decoro
ciò che è conforme all'eccellenza dell'uomo, in quanto la sua natura differisce da quella degli altri esseri viventi "; la
parte speciale, invece, è definita così: "decoro è ciò che è conforme alla particolare natura di ciascuno, così che in esso
appaiono moderazione e temperanza con un certo aspetto di nobiltà ".
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Che tale sia la vera nozione del decoro (conveniente), noi possiamo argomentarlo da quel decoro al quale tendono i
poeti. Di questo speciale decoro si suole parlare diffusamente altrove; qui io noterò soltanto che esso è rispettato dai poeti
quando appunto i singoli personaggi agiscono e parlano in modo conforme al loro proprio carattere. Così, per esempio, se Eaco o
Minosse dicessero "Mi odino, purché mi temano "; oppure: " Ai figliuoli è tomba il corpo del padre ", l'espressione parrebbe
sconveniente, perché, come sappiamo, quelli furono uomini giusti; ma se lo dice Atreo, scoppiano applausi, perché il suo
linguaggio è conforme al suo carattere. Ma i poeti, dal carattere dei singoli personaggi, comprenderanno quali tratti
convengano a ciascuno di essi; noi, invece, dobbiamo conservare quel carattere che appunto la natura ci ha imposto e che, per
la sua grande nobiltà, ci innalza sopra tutti gli altri esseri viventi.
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Perciò i poeti, nella grande varietà dei caratteri, vedranno essi quale condotta e quale linguaggio convengano
propriamente anche ai personaggi viziosi; noi, invece, non dobbiamo che osservare la legge della natura; la natura ci assegna
le parti della coerenza, della moderazione, della temperanza e della discrezione; e ancora sempre la natura ci insegna a
considerare attentamente come dobbiamo comportarci in rapporto agli altri uomini; ebbene, da tutto questo appare in chiara luce
quanto vasto sia il campo su cui si estende il decoro, sia quello generale che riguarda l'onestà tutta quanta, sia quello
particolare che si manifesta in ogni singola virtù. Come la bellezza del corpo, per l'armonica disposizione delle membra,
attira gli sguardi e infonde piacere, appunto perché tutte le parti si accordano tra loro con una certa grazia, così quel
decoro, che risplende nella vita, suscita l'approvazione di coloro coi quali viviamo, in virtù dell'ordine, della coerenza e
della temperanza che informano ogni nostro detto e ogni nostro atto.
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Pertanto, nei nostri rapporti con gli uomini, noi dobbiamo usare un rispettoso riguardo, non solo verso i migliori,
ma anche verso gli altri. Perché il non curarsi della pubblica opinione, è indizio non solo di arroganza, ma addiritura di
sfrontatezza. Peraltro, nei rapporti tra uomo e uomo, v'è una certa differenza tra giustizia e discrezione. Compito della
giustizia è di non recar danno agli altri; compito della discrezione è di non recar molestia; e appunto in ciò si manifesta
principalmente l'essenza del decoro. Esposti, adunque, questi principi, io credo che il nostro concetto del decoro sia
abbastanza chiarito.
Ora la prima strada che si presenta al
dovere derivante dal decoro, è quella che conduce a una piena e stabile armonia con le leggi della natura: poiché, se
prenderemo la natura per guida, noi non ci allontaneremo mai dalla retta via e conseguiremo quelle tre virtù che abbiamo già
esaminate: la naturale perspicacia ed acutezza della mente, una condotta adeguata alla convivenza civile, la forza e il vigore
del carattere.Ma la maggior forza del decoro risiede in questa parte della quale discutiamo, cioè nella temperanza. Perché, se
sono da lodare i movimenti del corpo, quando sono conformi a natura, tanto più sono da lodare quelli dell'animo, quando
egualmente si accordano con la natura.
- Letteratura Latina
- De Officiis di Cicerone
- Cicerone