De Bello Civili, Libro 1, Paragrafi da 16 al 20 - Studentville

De Bello Civili, Libro 1, Paragrafi da 16 al 20

Paragrafo 16
Recepto

Firmo expulsoque Lentulo Caesar conquiri milites qui ab eo discesserant delectumque institui iubet; ipse unum diem ibi rei

frumentariae causa moratus Corfinium contendit. Eo cum venisset cohortes V praemissae a Domitio ex oppido pontem fluminis

interrumpebant qui erat ab oppido milia passuum circiter III. Ibi cum antecursoribus Caesaris proelio commisso celeriter

Domitiani a ponte repulsi se in oppidum receperunt. Caesar legionibus transductis ad oppidum constitit iuxtaque murum castra

posuit.

Paragrafo 17
Re cognita Domitius ad Pompeium in Apuliam peritos regionum magno

proposito praemio cum litteris mittit qui petant atque orent ut sibi subveniat: Caesarem duobus exercitibus et locorum

angustiis facile intercludi posse frumentoque prohiberi. Quod nisi fecerit se cohortesque amplius XXX magnumque numerum

senatorum atque equitum Romanorum in periculum esse venturum. Interim suos cohortatus tormenta in muris disponit certasque

cuique partes ad custodiam urbis attribuit; militibus in contione agros ex suis possessionibus pollicetur quaterna in singulos

iugera et pro rata parte centurionibus evocatisque.

Paragrafo 18
Interim Caesari

nuntiatur Sulmonenses quod oppidum a Corfinio VII milium intervallo abest cupere ea facere quae vellet sed a Q. Lucretio

senatore et Attio Peligno prohiberi qui id oppidum VII cohortium praesidio tenebant. Mittit eo M. Antonium cum legionis XIII

cohortibus V. Sulmonenses simul atque signa nostra viderunt portas aperuerunt universique et oppidani et milites obviam

gratulantes Antonio exierunt. Lucretius et Attius de muro se deiecerunt. Attius ad Antonium deductus petit ut ad Caesarem

mitteretur. Antonius cum cohortibus et Attio eodem die quo profectus erat revertitur. Caesar eas cohortes cum exercitu suo

coniunxit Attiumque incolumem dimisit. Caesar primis diebus castra magnis operibus munire et ex finitimis municipiis frumentum

comportare reliquasque copias exspectare instituit. Eo triduo legio VIII ad eum venit cohortesque ex novis Galliae dilectibus

XXII equitesque ab rege Norico circiter CCC. Quorum adventu altera castra ad alteram oppidi partem ponit; his castris Curionem

praefecit. Reliquis diebus oppidum vallo castellisque circummunire instituit. Cuius operis maxima parte effecta eodem fere

tempore missi a Pompeio revertuntur.

Paragrafo 19
Divulgato Domiti consilio milites

qui erant Corfinii prima vesperi secessionem faciunt atque ita inter se per tribunos militum centurionesque atque honestissimos

sui generis colloquuntur: obsideri se a Caesare opera munitionesque prope esse perfectas; ducem suum Domitium cuius spe atque

fiducia permanserint proiectis omnibus fugae consilium capere: debere se suae salutis rationem habere. Ab his primo Marsi

dissentire incipiunt eamque oppidi partem quae munitissima videretur occupant tantaque inter eos dissensio exsistit ut manum

conserere atque armis dimicare conentur; post paulo tamen internuntiis ultro citroque missis quae ignorabant de L. Domiti fuga

cognoscunt. Itaque omnes uno consilio Domitium productum in publicum circumsistunt et custodiunt legatosque ex suo numero ad

Caesarem mittunt: sese paratos esse portas aperire quaeque imperaverit facere et L. Domitium vivum in eius potestati tradere.

Paragrafo 20
Litteris perlectis Domitius dissimulans in consilio pronuntiat Pompeium

celeriter subsidio venturum hortaturque eos ne animo deficiant quaeque usui ad defendendum oppidum sint parent. Ipse arcano cum

paucis familiaribus suis colloquitur consiliumque fugae capere constituit. Cum vultus Domiti cum oratione non consentiret atque

omnia trepidantius timidiusque ageret quam superioribus diebus consuesset multumque cum suis consiliandi causa secreto praeter

consuetudinem colloqueretur concilia conventusque hominum fugeret res diutius tegi dissimularique non potuit. Pompeius enim

rescripserat: sese rem in summum periculum deducturum non esse neque suo consilio aut voluntate Domitium se in oppidum

Corfinium contulisse; proinde si qua fuisset facultas ad se cum omnibus copiis veniret. Id ne fieri posset obsidione atque

oppidi circummunitione fiebat.

Versione tradotta

Paragrafo 16
Capitolata Fermo e cacciato Lentulo, Cesare fa ricercare i soldati che hanno disertato le

fila di quello e ordina di predisporre gli arruolamenti; egli stesso, dopo un solo giorno di sosta per gli approvvigionamenti,

marcia su Corfinio. Giuntovi, cinque coorti, che in precedenza Domizio Marso aveva inviato dalla città, tagliavano il ponte sul

fiume, che distava dalla città circa tre miglia. Qui, attaccata battaglia con l’avanguardia di Cesare, i soldati di Domizio

furono scacciati velocemente dal fiume e costretti alla ritirata in città. Cesare, fatto attraversar il fiume alle legioni, si

fermò presso Corfinio e pose gli accampamenti vicino alle mura.

Paragrafo 17
Domizio,

appresa la cosa, manda a Pompeo in Puglia, con la promessa di grandi ricompense, uomini pratici del posto con una lettera, i

quali chiedano e supplichino cha vada in suo soccorso: con due eserciti, in luoghi stretti, è facile poter accerchiare Cesare e

tagliargli l’approvvigionamento. Se ciò non sarà fatto, egli stesso e più di trenta coorti e un gran numero di senatori e

cavalieri romani sarebbero venuti a trovarsi in pericolo. Nel frattempo (Domizio), dopo aver incoraggiato i suoi, dispone le

macchine da guerra sulle mura e assegna a ciascuno di essi un suo settore per la difesa della città; ai soldati convocati in

assemblea promette terreni di sua proprietà, qundici iugeri a ciascuno e in quantità proporzionale ai centurioni ed ai soldati

richiamati (dal congedo).

Paragrafo 18
Frattanto viene annunciato a cesare che gli

abitanti di Sulmona, che è una città lontana da Corfinio sette miglia, desiderano obbedire a ciò che egli voleva, ma che ne

sono impediti dal senatore Q. Lucrezio e da Azzio Pelino, che con sette coorti occupavano questa città. Cesare invia lì Marco

Antonio con cinque coorti della tredicesima legione. Gli abitanti di Sulmona, appena videro le nostre insegne, aprirono le

porte e tutti quanti, civili e soldati, uscirono esultanti incontro ad Antonio. Lucrezio ed Azzio saltarono giù dalle mura.

Azzio, portato al cospetto di Antonio, chiede di essere condotto da Cesare. Antonio ritorna con le coorti e con Azzio nello

stesso giorno in cui era partito. Cesare unì quelle coorti al suo esercito e lasciò Azzio incolume. Nei primi giorni Cesare

decise di fortificare il suo accampamento con grandi opere difensive, di far giungere dai municipi vicini provviste di

frumento, di aspettare le altre truppe. In questi tre giorni si uniscono a lui l’ottava legione, ventidue coorti formate con i

recenti arruolamenti in Gallia e circa trecento cavalieri, inviati dal re Norico. Al loro arrivo pone un secondo accampamento

dall’altra parte della città, al cui comando mette Curione. Nei restanti giorni decide di cingere la città con un vallo e con

bastioni. Il lavoro è in gran parte ultimato quando fanno ritorno i messi inviati a

Pompeo.

Paragrafo 19
Letta attentamente la risposta, Domizio, dissimulandone (il

contenuto), comunica in consiglio che Pompeo sarebbe presto giunto in loro aiuto; esorta i soldati a non perdersi d’animo ed ad

allestire le strutture per difendere la città. Egli stesso, in un colloquio segreto con pochi suoi intimi, manifesta la

decisione di darsi alla fuga. Poiché il volto di Domizio non si accordava con le sue parole e faceva ogni cosa con troppa

esitazione e timidezza (rispetto al suo solito comportamento) dei giorni precedenti e si tratteneva molto più del solito a

parlare in segreto con i suoi con la scusa di doversi consigliare, mentre evitava le assemblee e le riunioni, non si potè per

troppo tempo nascondere e dissimulare la verità. Pompeo infatti aveva risposto che non aveva intenzione di trascinare la

situazione ad un limite estremo, Domizio non era andato a Corfinio per suo ordine o per suo consiglio: quindi, se ne aveva la

possibilità, tornasse da lui con tutte le truppe. Ma questo non poteva accadere a causa dell’assedio e delle linee di

fortificazione intorno alla città.

Paragrafo 20
Divulgatasi l’idea di Domizio, i

soldati che erano a Corfinio alle prime luci della sera si appartano e, tramite i tribuni dei soldati, i centurioni e quelli

che fra essi godevano di maggiore credito, discutono fra loro: sono assediati da Cesare; i lavori di fortificazione sono quasi

terminati; il loro capo Domizio, col quale sono rimasti con fiducia e speranza, li tradisce tutti e decide di fuggire; devono

pensare alla loro salvezza. All’inizio i Marsi iniziano a non essere d’accordo su queste decisioni e si impossessano di quella

parte della città che sembra essere la più fortificata. Sorge tra loro un tale disaccordo da rischiare di venire alle mani e

dirimere la contesa con le armi; ma poco dopo, i seguito ad uno scambio di messi da entrambe le parti, apprendono ciò che

ignoravano, la fuga di Domizio. Così, di comune accordo, fanno uscire allo scoperto Domizio, lo circondano, lo prendono

prigioniero e mandano a Cesare ambasciatori, scelti tra di loro, per comunicargli che sono pronti ad aprire le porte, ad

eseguire i suoi ordini, a consegnare in suo potere Domizio vivo.

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