Paragrafo 56
Dum haec ad Ilerdam geruntur Massilienses
usi L. Domitii consilio naves longas expediunt numero XVII quarum erant XI tectae. Multa huc minora navigia addunt ut ipsa
multitudine nostra classis terreatur. Magnum numerum sagittariorum magnum Albicorum de quibus supra demonstratum est imponunt
atque hos praemiis pollicitationibusque incitant. Certas sibi deposcit naves Domitius atque has colonis pastoribusque quos
secum adduxerat complet. Sic omnibus rebus instructa classe magna fiducia ad nostras naves procedunt quibus praeerat D. Brutus.
Hae ad insulam quae est contra Massiliam stationes obtinebant.
Paragrafo 57
Erat multo
inferior numero navium Brutus; sed electos ex omnibus legionibus fortissimos viros antesignanos centuriones Caesar ei classi
attribuerat qui sibi id muneris depoposcerant. Hi manus ferreas atque harpagones paraverant magnoque numero pilorum tragularum
reliquorumque telorum se instruxerant. Ita cognito hostium adventu suas naves ex portu educunt cum Massiliensibus confligunt.
Pugnatum est utrimque fortissime atque acerrime; neque multum Albici nostris virtute cedebant homines asperi et montani
exercitati in armis; atque hi modo digressi a Massiliensibus recentem eorum pollicitationem animis continebant pastoresque
Domitii spe libertatis excitati sub oculis domini suam probare operam studebant.
Paragrafo
58
Ipsi Massilienses et celeritate navium et scientia gubernatorum confisi nostros eludebant impetusque eorum
excipiebant et quoad licebat latiore uti spatio producta longius acie circumvenire nostros aut pluribus navibus adoriri
singulas aut remos transcurrentes detergere si possent contendebant; cum propius erat necessario ventum ab scientia
gubernatorum atque artificiis ad virtutem montanorum confugiebant. Nostri cum minus exercitatis remigibus minusque peritis
gubernatoribus utebantur qui repente ex onerariis navibus erant producti neque dum etiam vocabulis armamentorum cognitis tum
etiam tarditate et gravitate navium impediebantur; factae enim subito ex humida materia non eundem usum celeritatis habebant.
Itaque dum locus comminus pugnandi daretur aequo animo singulas binis navibus obiciebant atque iniecta manu ferrea et retenta
utraque nave diversi pugnabant atque in hostium naves transcendebant et magno numero Albicorum et pastorum interfecto partem
navium deprimunt nonnullas cum hominibus capiunt reliquas in portum compellunt. Eo die naves Massiliensium cum eis quae sunt
captae intereunt VIIII.
Paragrafo 59
Hoc primum Caesari ad Ilerdam nuntiatur; simul
perfecto ponte celeriter fortuna mutatur. Illi perterriti virtute equitum minus libere minus audacter vagabantur alias non
longo a castris progressi spatio ut celerem receptum haberent angustius pabulabantur alias longiore circuitu custodias
stationesque equitum vitabant aut aliquo accepto detrimento aut procul equitatu viso ex medio itinere proiectis sarcinis
fugiebant. Postremo et plures intermittere dies et praeter consuetudinem omnium noctu constituerant pabulari.
Paragrafo 60
Interim Oscenses et Calagurritani qui erant Oscensibus contributi mittunt ad
eum legatos seseque imperata facturos pollicentur. Hos Tarraconenses et Iacetani et Ausetani et paucis post diebus
Illurgavonenses qui flumen Hiberum attingunt insequuntur. Petit ab his omnibus ut se frumento iuvent. Pollicentur atque omnibus
undique conquisitis iumentis in castra deportant. Transit etiam cohors Illurgavonensis ad eum cognito civitatis consilio et
signa ex statione transfert. Magna celeriter commutatio rerum. Perfecto ponte magnis quinque civitatibus ad amicitiam adiunctis
expedita re frumentaria exstinctis rumoribus de auxiliis legionum quae cum Pompeio per Mauritaniam venire dicebantur multae
longinquiores civitates ab Afranio desciscunt et Caesaris amicitiam sequuntur.
Versione tradotta
Mentre si svolgono queste cose presso Ilerda, i Marsigliesi, valendosi del
consiglio di L. Domizio, armano diciassette navi da guerra, delle quali undici erano coperte. A queste aggiungono molte piccole
barche per incutere col numero stesso terrore alla nostra flotta. Imbarcano un gran numero di sagittari e di Albici, dei quali
si è parlato prima, e li incitano con promesse di premi. Domizio si riserva un determinato numero di navi e le equipaggia di
coloni e pastori che si era portato appresso. E così allestita la flotta di ogni cosa, con grande baldanza si dirigono verso le
nostre navi comandate da D. Bruto. Quelle venivano ancorate presso l'isola che si trova di fronte a Marsiglia.
Bruto si trovava in grande inferiorità per il numero di navi, ma Cesare
aveva assegnato alla sua flotta uomini valorosissimi scelti fra tutte le legioni, alfieri e centurioni che avevano fatto
richiesta di tale incarico. Costoro avevano preparato ramponi e raffi di ferro e si erano armati con un gran numero di
giavellotti, aste e armi di altro tipo. Così, venuti a conoscenza dell'arrivo dei nemici, fanno uscire dal porto le loro navi
e attaccano battaglia con i Marsigliesi. Da entrambe le parti si combatté con grande coraggio e accanimento; e gli Albici,
fieri montanari abituati alle armi, non erano molto inferiori ai nostri per valore; costoro da poco tempo si erano separati dai
Marsigliesi e conservavano nel cuore le loro recenti promesse, e i pastori di Domizio, eccitati dalla speranza di libertà, si
sforzavano a provare il loro valore sotto gli occhi del padrone.
Gli
stessi Marsigliesi, confidando nella velocità delle navi e nell'abilità dei timonieri, eludevano i nostri e schivavano i loro
assalti e, finché era loro possibile prendere il largo, estesa per un tratto più ampio la linea del combattimento, si
sforzavano di circondare i nostri o di assalire a una a una le nostre navi con un gran numero di loro navi o, se era possibile,
di affiancarsi e rompere i remi; quando poi non potevano fare a meno di venire abbordati, messa da parte l'arte e le astuzie
dei timonieri, facevano ricorso al valore dei montanari. I nostri non solo facevano ricorso a rematori meno addestrati e
nocchieri meno accorti, che erano stati presi in gran fretta dalle navi da carico e non avevano ancora imparato il vocabolario
tecnico degli attrezzi, ma erano anche ostacolati dalla lentezza e dal peso delle navi; erano infatti state costruite in fretta
con legname non stagionato e non avevano lo stesso vantaggio della celerità. E così pur di avere modo di combattere da vicino,
volentieri si scagliavano con una singola nave contro due e, lanciate le mani di ferro, tenendo ferme entrambe le navi,
combattevano da una parte e dall'altra, saltando contro le navi dei nemici e, uccisi un gran numero di Albici e di pastori,
affondano parte delle navi, ne catturano alcune con l'equipaggio, ricacciano nel porto le altre. In quel giorno andarono
perdute nove navi marsigliesi, comprese quelle che sono state catturate.
59
Questa prima cosa viene annunciata a Cesare ad Ilerda; contemporaneamente, completato il ponte, la sorte in breve
tempo muta. Gli avversari, sconvolti dal valore della cavalleria, si muovevano con minore libertà e audacia; talora, senza
allontanarsi troppo dall'accampamento per assicurare una pronta ritirata, si procuravano foraggio in spazi ristretti, talora,
con un giro assai lungo, cercavano di evitare le sentinelle e i posti di guardia della cavalleria o, quando ricevevano qualche
danno o vedevano da lontano la cavalleria, trovandosi a mezza strada, gettavano i bagagli e si davano alla fuga. Alla fine
avevano stabilito di sospendere per parecchi giorni il foraggiamento e di andare in cerca di foraggio di notte contrariamente
all'abitudine di tutti.
Frattanto gli Oscensi e i Calagurritani, che
erano tributari degli Oscensi, inviano a Cesare ambasciatori e promettono che avrebbero eseguito i suoi comandi. Li seguono i
Tarragonesi, gli Iacetani, gli Ausetani e pochi giorni dopo gli Ilergavoni, che confinano con il fiume Ebro. A tutti costoro
Cesare chiede che lo riforniscano di frumento. Lo promettono e, requisite da ogni parte tutte le bestie da soma, le conducono
nell'accampamento. Anche una coorte degli Ilergavoni, conosciuta la decisione della loro città, passa dalla parte di Cesare, e
trasferiscono le insegne dal presidio. Velocemente avviene un grande mutamento delle cose: completato il ponte, ottenuta
l'amicizia di cinque grandi città, risolto il problema del vettovagliamento, cessate le voci sulle legioni ausiliarie, che si
diceva che venissero con Pompeo attraverso la Mauritania; molte popolazioni, anche alquanto lontane, si staccano da Afranio e
si alleano con Cesare.
- Letteratura Latina
- De Bello Civili di Giulio Cesare
- Cesare