De Providentia, Libro 1, Paragrafo 1 - Studentville

De Providentia, Libro 1, Paragrafo 1

De Providentia di Seneca: versione tradotta Libro 1 Paragrafo 1

Quaesisti a me Lucili quid ita si

prouidentia mundus ageretur multa bonis uiris mala acciderent. Hoc commodius in contextu operis redderetur cum praeesse

uniuersis prouidentiam probaremus et interesse nobis deum; sed quoniam a toto particulam reuelli placet et unam contradictionem

manente lite integra soluere faciam rem non difficilem causam deorum agam. . Superuacuum est in praesentia ostendere non sine

aliquo custode tantum opus stare nec hunc siderum coetum discursumque fortuiti impetus esse et quae casus incitat saepe turbari

et cito arietare hanc inoffensam uelocita tem procedere aeternae legis imperio tantum rerum terra marique gestantem tantum

clarissimorum luminum et ex disposito relucentium; non esse materiae errantis hunc ordinem nec quae temere coierunt tanta arte

pendere ut terrarum grauissimum pondus sedeat inmotum et circa se properantis caeli fugam spectet ut infusa uallibus maria

molliant terras nec ullum incrementum fluminum sentiant ut ex minimis seminibus nascantur ingentia. . Ne illa quidem quae

uidentur confusa et incerta pluuias dico nubesque et elisorum fulminum iactus et incendia ruptis montium uerticibus effusa

tremores labantis soli aliaque quae tumultuosa pars rerum circa terras mouet sine ratione quamuis subita sint accidunt sed suas

et illa causas habent non minus quam quae alienis locis conspecta miraculo sunt ut in mediis fluctibus calentes aquae et noua

insularum in uasto exilientium mari spatia. . Iam uero si quis obseruauerit nudari litora pelago in se recedente eademque intra

exiguum tempus operiri credet caeca quadam uolutatione modo contrahi undas et introrsum agi modo erumpere et magno cursu

repetere sedem suam cum interim illae portionibus crescunt et ad horam ac diem subeunt ampliores minoresque prout illas lunare

sidus elicuit ad cuius arbitrium oceanus exundat. Suo ista tempori reseruentur eo quidem magis quod tu non dubitas de

prouidentia sed quereris. . In gratiam te reducam cum dis aduersus optimos optimis. Neque enim rerum natura patitur ut umquam

bona bonis noceant; inter bonos uiros ac deos amicitia est conciliante uirtute. Amicitiam dico? immo etiam necessitudo et

similitudo quoniam quidem bonus tempore tantum a deo differt discipulus eius aemulatorque et uera progenies quam parens ille

magnificus uirtutum non lenis exactor sicut seueri patres durius educat. . Itaque cum uideris bonos uiros acceptosque dis

laborare sudare per arduum escendere malos autem lasciuire et uoluptatibus fluere cogita filiorum nos modestia delectari

uernularum licentia illos disciplina tristiori contineri horum ali audaciam. Idem tibi de deo liqueat: bonum uirum in deliciis

non habet experitur indurat sibi illum parat.

Versione tradotta

Lucilio, tu mi hai domandato perché, se il mondo è guidato dalla Provvidenza, accadono così tante

disgrazie agli uomini buoni. Questo nel corso dell’opera sarebbe da esporre piuttosto ampiamente, provando noi che la

Provvidenza governa l’universo e che Dio si interessa a noi; ma poiché ti piace trattare una parte dell’argomento e risolvere

la sola contraddizione tralasciando tutto il problema, allora farò una cosa non difficile, difenderò la causa divina.

inutile per il momento dimostrare come un’opera di tale entità esista non senza alcun guardiano e come questo insieme di stelle

ed il loro corso non derivino da un impeto casuale, dato che ciò che si agita con il caos spesso crea scompiglio e scossoni,

invece questi movimenti procedono senza ostacoli sotto la guida di una legge eterna portando su terra e mare tanti esseri e nel

cielo tante chiarissime stelle brillanti in armonioso ordine; è inutile dimostrare come questo ordine non sia di incerta

origine, come questi elementi non si siano uniti a caso e come possano restare sospesi con tanta arte in modo tale che la

grandissima mole della terra rimanga immobile e osservi il cielo tutto intorno a sé, affinché i mari infiltratisi nelle valli

ammorbidiscano le terre e non subiscano alcun riversamento dei fiumi e come da piccolissimi semi nascano straordinarie

cose.
Nemmeno quelle cose che sembrano confuse e incerte, parlo delle piogge e delle nubi, della caduta di fulmini, degli

incendi scatenati dai crateri dei vulcani, il tremore del suolo vacillante e quegli altri turbamenti che avvengono intorno alla

terra, sebbene siano sopraggiunti, accadono senza una ragione, ma hanno le loro cause non meno di quei fenomeni che sono

avvenuti per miracolo in luoghi diversi, come le sorgenti calde in mezzo ai mari e le nuove isole che emergono nell’oceano. In

verità se qualcuno avrà osservato che le spiagge, ritirandosi il mare, si asciugano e che le stesse si ribagnano in poco tempo,

crederà che le onde sono ora riunite insieme da una forza misteriosa, che le trattiene all’interno, ora irrompono e riprendono

il proprio posto con un grande flusso ed ecco intanto quelle onde crescono e si avvicinano alla spiaggia, ora più grandi ora

più piccole, in ore e giorni precisi, a seconda dell’attrazione della luna, sotto l’influsso della quale l’oceano si alza e si

abbassa. Saranno rimandate ad altro momento queste cose, tanto più che tu non hai dubbi sulla Provvidenza, ma ti lamenti di

essa. Io ti riconcilierò con gli dei buoni con i buoni. Infatti è per natura che il bene non danneggia mai un altro bene; tra

gli uomini buoni e gli dei c’è un’amicizia fatta di virtù. Che dico amicizia ? Anzi è anche una parentela e una

rassomiglianza, poiché solo per il tempo (che è eterno) l’uomo buono certamente è diverso dalla divinità ed essa lo educa

piuttosto duramente come suo discepolo, emulo e vero figlio, proprio perché è un padre magnifico, non poco esigente per quanto

riguarda le virtù, così come fanno i padri severi.
Pertanto quando vedi gli uomini buoni e cari agli dei lavorare,

sudare, salire su ardui sentieri e invece vedi i cattivi vivere licenziosamente e sguazzare nei piaceri, pensa come noi siamo

dilettati dalla disciplina dei nostri figli, dalla dissolutezza degli schiavi, come li controlliamo con una disciplina

piuttosto dura e come noi aumentiamo la sfrontatezza degli altri. La stessa cosa vale per la divinità: non mantiene l’uomo

buono tra i piaceri, lo mette invece alla prova, lo fortifica e lo rende degno di sé.

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