Adventu Caesaris cognito decuriones
Auximi ad Attium Varum frequentes conveniunt; docent sui iudicii rem non esse; neque se neque reliquos municipes pati posse C.
Caesarem imperatorem bene de re publica meritum tantis rebus gestis oppido moenibusque prohiberi; proinde habeat rationem
posteritatis et periculi sui. Quorum oratione permotus Varus praesidium quod introduxerat ex oppido educit ac profugit. Hunc ex
primo ordine pauci Caesaris consecuti milites consistere coegerunt. Commisso proelio deseritur a suisVarus; nonnulla pars
militum domum discedit; reliqui ad Caesarem perveniunt atque una cum eis deprensus L. Pupius primi pili centurio adducitur qui
hunc eundem ordinem in exercitu Cn. Pompei antea duxerat. At Caesar milites Attianos collaudat Pupium dimittit Auximatibus agit
gratias seque eorum facti memorem fore pollicetur.
Versione tradotta
Appreso l’arrivo di Cesare, i decurioni di
Osimo, si recano da Azzio Varo in gran numero; dichiarano che non tocca a loro giudicare; che né loro né gli altri municipi
possono accettare che il comandante Cesare, benemerito dello stato, autore di tante imprese, sia tenuto lontano dalla città e
dalle sue mura; Varo, dunque, tenga conto (del giudizio) dei posteri e del proprio pericolo. Indotto dal discorso di questi,
Varo ritira dalla città il presidio che vi aveva introdotto, uscì dalla città e fuggì. Inseguito, pochi soldati dell’
avanguardia di Cesare lo costrinsero a fermarsi. Attaccata battaglia, Varo viene abbandonato dai suoi; una parte dei soldati
torna a casa, i rimanenti raggiungono Cesare, viene fatto prigioniero condotto insieme a quelli L. Pupio, centurione
primipilo, che prima aveva avuto quello stesso grado nell’armata di Cn. Pompeo. Ma Cesare si congratula con i soldati di Azzio,
libera Pupio, ringrazia gli osimati e promette che avrebbe ricordato il loro operato.
- Letteratura Latina
- Libro 1
- Cesare
- De Bello Gallico