Nam cum de natura hominis quaeritur disputari solet nimirum ita est ut disputaturperpetuis cursibus conuersionibus caelestibus exstitisse quandam maturitatem serendi generis humani quod sparsum in terras atque satum diuino auctum sit animorum munere cumque alia quibus cohaererent homines e mortali genere sumpserint quae fragilia essent et caduca animum esse ingeneratum a deo. Ex quo uere uel agnatio nobis cum caelestibus uel genus uel stirps appellari potest. Itaque ex tot generibus nullum est animal praeter hominem quod habeat notitiam aliquam dei ipsisque in hominibus nulla gens est neque tam mansueta neque tam fera quae non etiamsi ignoret qualem haberi deum deceat tamen habendum sciat.
Versione tradotta
Quando infatti s'indaga sulla natura umana, si è soliti spiegare - e senza dubbio è così, come vien dimostrato - che negli etemi corsi e rivoluzioni degli astri si verificò una certa situazione favorevole alla procreazione del genere umano, il quale, sparso e diffuso sulla terra, sarebbe stato accresciuto del divino dono dell'anima; e mentre tutti gli elementi di cui sono composti gli uomini, derivano dalla loro natura mortale, perché sono elementi fragili e caduchi, l'anima invece fu generata da dio. Per questo in verità la nostra parentela con i celesti può essere chiamata o discendenza o stirpe. Fra così numerose specie non c'è alcun essere vivente oltre l'uomo, che abbia qualche conoscenza di dio, né fra gli uomini stessi esiste alcun popolo né tanto mite né tanto selvaggio, il quale, pur ignorando quale dio convenga avere, tuttavia non sappia che sia necessario averlo.
- Letteratura Latina
- Libro 1
- Cicerone
- De Legibus