De Legibus, Libro 1, Paragrafo 41 - Studentville

De Legibus, Libro 1, Paragrafo 41

Tum autem qui non ipso honesto mouemur ut boni uiri simus sed utilitate aliqua atque fructu callidi sumus non boni. Nam quid faciet is homo in tenebris qui nihil timet nisi testem et iudicem? Quid in deserto quo loco nactus quem multo auro spoliare possit imbecillum atque solum? Noster quidem hic natura iustus uir ac bonus etiam conloquetur iuuabit in uiam deducet. Is uero qui nihil alterius causa faciet et metietur suis commodis omnia uidetis credo quid sit acturus! Quodsi negabit se illi uitam erepturum et aurum ablaturum numquam ob eam causam negabit quod id natura turpe iudicet sed quod metuat ne emanet id est ne malum habeat. O rem dignam in qua non modo docti sed etiam agrestes erubescant!

Versione tradotta

Inoltre, quando non siamo indottii dall'onestà in sé stessa ad essere onesti, ma da qualche vantaggio e guadagno, siamo furbi, ma non buoni; che cosa infatti sarebbe in grado di fare nell'oscurità quell'individuo che non teme altro, tranne i testimoni ed i giudici? Che cosa succederebbe, se in un luogo deserto si imbattesse in una persona sola e debole, cui possa rapinare una grossa quantità di oro? Ma questo nostro uomo giusto e buono per natura gli rivolgerà la parola, lo aiuterà, lo metterà sulla strada buona; mentre colui che non farebbe nulla a vantaggio di un altro e misurerebbe tutto in base al proprio tornaconto, voi capite bene, credo, che cosa sarebbe pronto a fare. Del resto, anche se dirà che non gli toglierebbe la vita, né gli porterebbe via l'oro, non lo dirà certo mai per il fatto che la natura stessa giudica ciò una cosa vergognosa, ma perché non ne scaturisca ciò che teme, cioè di subirne un danno. Oh magnifico argomento, degno di far arrossire non soltanto i filosofi, ma i persino contadini!

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