Qvintvs: Intellego te frater alias in historia leges obseruandas putare alias in poemate.
Marcvs: Quippe cum in illa ad ueritatem Quinte referantur in hoc ad delectationem pleraque; quamquam et apud Herodotum patrem historiae et apud Theopompum sunt innumerabiles fabulae.
Atticvs: Teneo quam optabam occasionem neque omittam.
Marcvs: Quam tandem Tite?
Atticvs: Postulatur a te iam diu uel flagitatur potius historia. Sic enim putant te illam tractante effici posse ut in hoc etiam genere Graeciae nihil cedamus. Atque ut audias quid ego ipse sentiam non solum mihi uideris eorum studiis qui [tuis] litteris delectantur sed etiam patriae debere hoc munus ut ea quae salua per te est per te eundem sit ornata. Abest enim historia litteris nostris ut et ipse intellego et ex te persaepe audio. Potes autem tu profecto satis facere in ea quippe cum sit opus ut tibi quidem uideri solet unum hoc oratorium maxime.
Versione tradotta
Quinto: - Capisco, fratello, che le leggi della poesia e quelle della storia tu le giudichi del tutto diverse.
Marco: - Naturalmente, dal momento che in questa tutto si riconduce alla verità, ed in quella soprattutto al godimento dello spirito; per quanto anche in Erodoto, il padre della storia, ed in Teopompo vi siano numerose leggende.
II. Attico: - Ecco qui l'occasione che non mi lascerò sfuggire.
Marco: - Quale, Tito?
Attico: - Già da tempo ti viene richiesta, o meglio si esige da te una storia. Si ritiene infatti che se tu la trattassi, probabilmente anche in questo genere non riusciremmo assolutamente inferiori alla Grecia. E perché tu sappia quale sia la mia opinione personale, mi sembra che questo tuo impegno risponderebbe non soltanto al desiderio di coloro che trovano godimento nei tuoi scritti, ma anche alla stessa patria, perché essa, che già da te fu salvata, grazie alla tua opera debba essere celebrata; manca infatti alla nostra letteratura la storia, come vedo bene da me e sento spessissimo dire da te. E tu senza dubbio sei in grado di soddisfarci in questo campo, dal momento che appunto essa, secondo il tuo pensiero, è l'unico genere di scrittura più congeniale all'oratoria.
- De Legibus
- Libro 1
- Cicerone
- De Legibus