Nam si propter alias res uirtus expetitur melius esse aliquid quam uirtutem necesse est: pecuniamne igitur an honores an formam an ualetudinem? Quae et quom adsunt perparua sunt et quam diu adfutura sint certum sciri nullo modo potest. An id quod turpissimum dictu est uoluptatem? At in ea quidem spernenda et repudianda uirtus uel maxime cernitur. Sed uidetisne quanta series rerum sententiarumque sit atque ut ex alio alia nectantur? Quin labebar longius nisi me retinuissem.
Qvintvs: Quo tandem? Libenter enim frater quo ista oratione tecum prolab.
Marcvs: Ad finem bonorum quo referuntur et quoius ascendi causa sunt facienda omnia controuersam rem et plenam dissensionis inter doctissimos sed aliquando tam iudicandam.
Versione tradotta
Infine, se alla virtù si aspira per altri motivi, necessariamente sarà meglio che vi sia qualcosa di diverso dalla virtù stessa; forse il danaro, gli onori o la bellezza o la salute? Tutti beni che, quando ci sono, valgono pressoché niente, e non si può sapere in alcun modo per quanto tempo ancora possano esserci. O forse, cosa assai vergognosa a dirsi, il piacere? Ma soprattutto allora si scorge la virtù, nel disprezzarla e nel respingerla. Ma vedete quanto è lunga la successione degli argomenti e delle idee, e come una cosa si connetta all'altra? Anzi sarei andato molto più lontano, se non mi fossi trattenuto.
Quinto: - E fin dove? Io, fratello, mi lascerei andare volentieri con te dove cerchi di approdare con questo discorso.
Marco: - Fino al sommo bene, al quale si riporta ogni cosa, e per raggiungere il quale si deve fare tutto, argomento controverso e pieno di divergenze fra i massimi filosofi, ma che ormai dovrebbe essere definitivamente chiarito
- Letteratura Latina
- Libro 1
- Cicerone
- De Legibus