Marcvs: Quia si ut Chius Aristo dixit solum bonum esse quod honestum esset malumque quod turpe ceteras res omnis plane pares ac ne minimum quidem utrum adessent an abessent interesse ualde a Xenocrate et Aristotele et ab illa Platonis familia discreparet esset inter eos de re maxima et de omni uiuendi ratione dissensio. Nunc uero cum decus quod antiqui summum bonum esse dixerant hic solum bonum dicat; itemque dedecus illi summum malum hic solum; diuitias ualetudinem pulchritudinem commodas res appellet non bonas; paupertatem debilitatem dolorem incommodas non malas; sentit idem quod Xenocrates quod Aristoteles loquitur alio modo. Ex hac autem non rerum sed uerborum discordia controuersia est nata de finibus in qua quoniam usus capionem duodecim tabulae intr quinque pedes esse oluerunt depasci ueterem possessionem Academiae ab hoc acuto homine non sinemus nec Mamilia lege singuli sed e XII tres arbitri fines regemus.
Versione tradotta
Marco: - Se, come disse Aristone di Chio, unico bene fosse ciò che è onesto, e male, ciò che è disonesto, e tutto il resto è sullo stesso piano, senza alcuna importanza se vi sia o no, sarebbe assai notevole la differenza da Senocrate e da Aristotele e dalla scuola platonica; peraltro divergerebbe su una questione fondamentale e sulla stessa norma generale del vivere. Ma ora affermando questi (Zenone) che l'unico bene è quell'onore che gli antichi Accademici avevano definito il bene principale, e del pari sommo male il disonore, e quello invece l'unico, e poiché chiama vantaggi, e non beni, la salute, la bellezza, mentre chiama svantaggi e non mali, la povertà, l'infermità, il dolore, il suo pensiero è identico a quello di Senocrate, di quello di Aristotele, ma parla in modo diverso. Pertanto da questa divergenza non di pensiero, ma di parole, nacque il dibattito intorno al sommo bene ed al sommo male, nel quale, poiché le dodici tavole vietarono che la presa di possesso di un bene rientrasse nei limiti di cinque piedi, non permetteremo che questo sagace filosofo venga a pascolare nell'antica proprietà dell'Accademia, e non già uno alla volta secondo la legge Mamilia, ma in tre arbitri, secondo il disposto delle XII tavole, sosterremo la regolarità dei nostri confini.
- De Legibus
- Libro 1
- Cicerone
- De Legibus