Marcvs: Est huius uero disputationis Quinte proprium id quod expectas atque utinam esset etiam facultatis meae! Sed profecto ita se res habet ut quoniam uitiorum emendatricem legem esse oportet commendatricemque uirtutum ab ea uiuendi doctrina ducatur. Ita fit ut mater omnium bonarum rerum sapientia a quoius amore Graeco uerbo philosophia nomen inuenit qua nihil a dis immortalibus uberius nihil florentius nihil praestabilius hominum uitae datum est. Haec enim una nos cum ceteras res omnes tum quod est difficillimum docuit ut nosmet ipsos nosceremus cuius praecepti tanta uis et tanta sententia est ut ea non homini quoipiam sed Delphico deo tribueretur.
Versione tradotta
Marco:- Quello che tu t'aspetti, Quinto, è appunto inerente a questa discussione, e volesse il cielo che fosse anche in mio potere! Comunque la cosa sta certo in modo tale che, dovendo essere la legge fonte di correzione dei vizi e stimolo per le virtù, da essa venga derivata questa scienza del vivere. Succede così che la sapienza è madre di ogni bene, e dal suo amore trasse la sua denominazione in greco la filosofia, della quale nulla di più fecondo, di più florido, di più stabile venne concesso dagli dèi alla vita umana. Questa sola infatti, insieme a tutte le altre, ci insegnò pure quella che è la cosa più difficile, cioè conoscere noi stessi; ed è tale la forza ed il valore di questo insegnamento, che esso venne attribuito non già ad un uomo qualsiasi, ma al dio di Delfi.
- Letteratura Latina
- Libro 1
- Cicerone
- De Legibus