Hunc igitur terrorem animi tenebrasque
necessest
non radii solis neque lucida tela diei
discutiant, sed naturae species ratioque.
Principium cuius hinc nobis
exordia sumet,
nullam rem e nihilo gigni divinitus umquam.
quippe ita formido mortalis
continet omnis,
quod multa in terris fieri caeloque tuentur,
quorum operum causas nulla ratione videre
possunt ac
fieri divino numine rentur.
quas ob res ubi viderimus nil posse creari
de nihilo, tum
quod sequimur iam rectius inde
perspiciemus, et unde queat res quaeque creari
et quo quaeque modo fiant opera sine
divom.
Nam si de nihilo fierent, ex omnibus rebus
omne genus nasci posset, nil semine egeret.
e mare primum homines, e terra posset oriri
squamigerum genus et volucres erumpere caelo;
armenta atque aliae
pecudes, genus omne ferarum,
incerto partu culta ac deserta tenerent.
nec fructus idem arboribus constare solerent,
sed mutarentur, ferre omnes omnia possent.
quippe ubi non essent genitalia corpora cuique,
qui
posset mater rebus consistere certa?
at nunc seminibus quia certis quaeque creantur,
inde enascitur atque oras in luminis
exit,
materies ubi inest cuiusque et corpora prima;
atque hac re nequeunt ex omnibus
omnia gigni,
quod certis in rebus inest secreta facultas.
Praeterea cur vere rosam, frumenta calore,
vites autumno
fundi suadente videmus,
si non, certa suo quia tempore semina rerum
cum
confluxerunt, patefit quod cumque creatur,
dum tempestates adsunt et vivida tellus
tuto res teneras effert in luminis
oras?
quod si de nihilo fierent, subito exorerentur
incerto spatio atque alienis partibus
anni,
quippe ubi nulla forent primordia, quae genitali
concilio possent arceri tempore iniquo.
Nec porro augendis
rebus spatio foret usus
seminis ad coitum, si e nilo crescere possent;
nam fierent iuvenes
subito ex infantibus parvis
e terraque exorta repente arbusta salirent.
quorum nil fieri manifestum est, omnia
quando
paulatim crescunt, ut par est semine certo,
crescentesque genus servant; ut noscere possis
quicque sua de materia grandescere alique.
Huc accedit uti sine certis imbribus anni
laetificos nequeat fetus
submittere tellus
nec porro secreta cibo natura animantum
propagare genus possit vitamque tueri;
ut potius multis communia corpora rebus
multa putes esse, ut verbis elementa videmus,
quam sine
principiis ullam rem existere posse.
Denique cur homines tantos natura parare
non potuit, pedibus qui pontum per vada
possent
transire et magnos manibus divellere montis
multaque vivendo vitalia vincere saecla,
si
non, materies quia rebus reddita certast
gignundis, e qua constat quid possit oriri?
nil igitur fieri de nilo posse
fatendumst,
semine quando opus est rebus, quo quaeque creatae
aëris in teneras
possint proferrier auras.
Postremo quoniam incultis praestare videmus
culta loca et manibus melioris reddere
fetus,
esse videlicet in terris primordia rerum
quae nos fecundas vertentes vomere
glebas
terraique solum subigentes cimus ad ortus;
quod si nulla forent, nostro sine quaeque labore
sponte sua multo
fieri meliora videres.
Versione tradotta
Queste tenebre, dunque, e questo terrore dell’animo
non li devono disperdere i
raggi del sole, né i lucidi dardi
del giorno, bensì l’aspetto e l’intima legge della natura.
Il suo fondamento
prenderà per noi l’inizio da questo:
che nulla mai si genera dal nulla per volere divino.
Così lo
sgomento domina tutti i mortali:
perché vedono accadere in terra e in cielo molti fenomeni
di cui in nessun modo possono
vedere le cause,
e credono che si producano per volere divino.
Pertanto, quando avremo veduto che nulla può nascere
dal nulla, allora da qui potremo scoprire più agevolmente
ciò che cerchiamo, e da dove si possa creare ogni
cosa
e in qual modo tutte le cose avvengano senza interventi di dèi.
Infatti se dal nulla nascessero tutte le
cose
potrebbe nascere ogni specie, nulla avrebbe bisogno di un seme.
E anzitutto dal mare potrebbero sorgere gli uomini,
dalla terra
la specie dei pesci squamosi, e gli uccelli erompere dal cielo;
gli armenti e le altre greggi, ogni specie di
fiere, generati
qua e là senza regola, vivrebbero nei luoghi coltivati e deserti.
Né sugli alberi comunemente
permarrebbero gli stessi frutti,
ma si muterebbero, tutti gli alberi tutto potrebbero produrre.
E certamente, se
non esistessero germi generatori di ognuno,
come potrebbe sussistere una madre delle cose?
Ma ora invece, poiché tutte le
cose si creano da semi
determinati, ciascuna nasce ed esce alle rive della luce
dal luogo che ha in sé la
materia propria e i corpi primi;
ogni cosa non può nascere da ogni cosa, perché ogni cosa determinata ha in sé una facoltà
segreta.
Inoltre, per qual motivo in primavera sboccia la rosa, d’estate il frumento, all’invito dell’autunno le
viti, 175
se non perché, quando determinati semi di cose confluiscono
nel tempo
opportuno, allora ogni cosa creata si schiude,
mentre il corso delle stagioni è favorevole e la terra ricca di
vita
produce senza pericolo le tenere cose alle rive del sole?
Ma, se dal nulla nascessero, improvvisamente sorgerebbero,
in spazi promiscui e in parti dell’anno estranee a loro,
giacché allora non ci sarebbero primi germi che la
stagione
avversa potesse tener lontani dall’unione generatrice.
Né poi per la crescita delle cose ci sarebbe
necessario del tempo
perché i semi confluiscano, se potessero crescere dal nulla.
Ché da piccoli fanciulli
diverrebbero subito giovani, e gli alberi,
appena spuntati dalla terra, si leverebbero in alto improvvisamente.
Ma è
chiaro che nulla di ciò accade, poiché tutte le cose
crescono a poco a poco, com’è naturale per quel che nasce da un
certo seme, e crescendo conservano la specie; così che puoi 190 comprendere che ogni cosa si accresce e si alimenta di
materia propria. A ciò si aggiunge che senza le piogge in determinate stagioni
la terra non può far crescere i suoi frutti
giocondi;
e così la natura degli animali, se viene privata del cibo,
non può propagare la specie e conservarsi in vita;
quindi è meglio pensare che molti elementi sono simili a molte
cose, come vediamo che le lettere sono
simili alle parole,
piuttosto che alcuna cosa possa esistere senza gli elementi primordiali. Infine, perché la natura non
poté formare
uomini così grandi capaci di guadare il mare a piedi
e con le mani di svellere grandi
montagne
e superare con la loro vita molte generazioni di viventi,
se non perché agli esseri destinati a nascere è
assegnata una determinata materia, da cui resta fissato cosa possa nascere?
Bisogna dunque ammettere che nulla può
esser prodotto dal nulla,
poiché alle cose è necessario un seme dal quale ognuna, una volta creata, possa espandersi ai
leggeri soffi dell’aria.
Infine, poiché vediamo i luoghi coltivati prevalere
su quelli incolti e offrono alle mani
frutti migliori,
è evidente che nella terra ci sono primi principi delle cose
che noi, rivoltando con il
vomere le zolle feconde
e domando il suolo della terra, stimoliamo a germogliare.
Se non ci fossero, vedresti ogni cosa
senza nostra fatica
spontaneamente diventare molto più rigoglioso.
- Letteratura Latina
- De rerum natura di Lucrezio
- Lucrezio