Eneide, Libro 1, traduzione vv. 441-493 - Studentville

Eneide, Libro 1, traduzione vv. 441-493

Lucus in urbe

fuit media, laetissimus umbrae,
quo primum iactati undis et turbine Poeni
effodere loco signum, quod regia

Iuno
monstrarat, caput acris equi; sic nam fore bello
egregiam et facilem victu per saecula gentem.
hic templum

Iunoni ingens Sidonia Dido
condebat, donis opulentum et numine divae,
aerea cui gradibus surgebant limina

nexaeque
aere trabes, foribus cardo stridebat aenis.
hoc primum in luco nova res oblata timorem
leniit, hic primum

Aeneas sperare salutem
ausus et adflictis melius confidere rebus.
namque sub ingenti lustrat dum singula templo

reginam opperiens, dum quae fortuna sit urbi
artificumque manus inter se operumque laborem
miratur, videt Iliacas

ex ordine pugnas
bellaque iam fama totum vulgata per orbem,
Atridas Priamumque et saevum ambobus Achillem.

constitit et lacrimans ‘quis iam locus,’ inquit, ‘Achate,
quae regio in terris nostri non plena laboris?

en Priamus. sunt hic etiam sua praemia laudi,
sunt lacrimae rerum et mentem mortalia tangunt.
solve metus;

feret haec aliquam tibi fama salutem.’
sic ait atque animum pictura pascit inani
multa gemens, largoque umectat

flumine vultum.
namque videbat uti bellantes Pergama circum
hac fugerent Grai, premeret Troiana iuventus;
hac

Phryges, instaret curru cristatus Achilles.
nec procul hinc Rhesi niveis tentoria velis
agnoscit lacrimans, primo quae

prodita somno
Tydides multa vastabat caede cruentus,
ardentisque avertit equos in castra prius quam
pabula

gustassent Troiae Xanthumque bibissent.
parte alia fugiens amissis Troilus armis,
infelix puer atque impar congressus

Achilli,
fertur equis curruque haeret resupinus inani,
lora tenens tamen; huic cervixque comaeque trahuntur

per terram, et versa pulvis inscribitur hasta.
interea ad templum non aequae Palladis ibant
crinibus Iliades passis

peplumque ferebant
suppliciter, tristes et tunsae pectora palmis;
diva solo fixos oculos aversa tenebat.
ter circum

Iliacos raptaverat Hectora muros
exanimumque auro corpus vendebat Achilles.
tum vero ingentem gemitum dat pectore ab

imo,
ut spolia, ut currus, utque ipsum corpus amici
tendentemque manus Priamum conspexit inermis.
se quoque

principibus permixtum agnovit Achivis,
Eoasque acies et nigri Memnonis arma.
ducit Amazonidum lunatis agmina peltis

Penthesilea furens mediisque in milibus ardet,
aurea subnectens exsertae cingula mammae
bellatrix, audetque viris

concurrere virgo.

Versione tradotta

Un bosco vi fu in mezzo alla città, piacevolissimo d’ombra,
dove dapprima i

Puni sbattuti da onde e bufera
scavarono sul posto il segno, che la regale Giunone
aveva rivelato, la testa di un fiero

cavallo; così infatti in guerra
sarebbero stati popolo famoso e ricco di vitto per i secoli.
Qui la sidonia Didone

fondava un immenso tempio
a Giunone, ricco per doni e maestà della dea,
soglie bronzee gli sorgevano dai gradini e travi

connesse
con bronzo, il cardine strideva per le porte bronzee.
Anzitutto in questo bosco una cosa nuova offertasi

alleviò
il timore, qui anzitutto Enea osò sperare la salvezza
e confidare di più, (essendo) abbattute le

circostanze.
Infatti mentre guarda ogni cosa sotto l’immenso tempio
attendendo la regina, mentre ammira quale sia la

ricchezza
per la città, i gruppi di artisti fra loro e la fatica delle
imprese, vede le battaglie iliache per ordine
e

le guerre già diffuse per fama in tutto il mondo,
gli Atridi e Priamo ed Achille crudele per entrambi.
Si fermò e

piangendo”Quale luogo mai, disse, Acate,
quale regione sulle terre non piena del nostro affanno?
Ecco Priamo. Qui pure ci

sono per l’onore i suoi premi.
ci sono i pianti delle sorti e le cose mortali toccano l’anima.
Sgombra le paure; questa

fama ti porterà qualche salvezza
Così dice nutre il cuore con la pittura vana
gemendo molto, ed irriga il volto di

abbondante fiume.
Infatti vedeva come, combattendo attorno a Pergamo,
di qua fuggissero i Grai, la gioventù troiana

incalzasse;
di qua i Frigi, col cocchio il crestato Achille inseguisse.
E non lontano da qui riconosce piangendo le

tende di Reso
dai bianchi drappi, che tradite nel primo sonno
il Tidide insanguinato devastava con larga strage,
e

devia i cavalli ardenti nell’accampamento, prima che
gustassero i pascoli di Troia e bevessero lo Xanto.
Da un’altra

parte Troilo, perdute le armi, fuggendo,
sfortunato ragazzo e scontratosi impari con Achille,
è trascinato dai cavalli e

riverso è legato al cocchio vuoto, ancora
tenendo le briglie; a lui il collo e le chiome sono
tirate per terra, e la

polvere è segnata dall’asta rigirata.
Intanto le Troiane andavano al tempio di Pallade non giusta
coi capelli sciolti e

portavano il peplo
umilmente, tristi e battendo i petti con le palme;
la dea teneva gli occhi fissi al suolo

ostile.
Achille tre volte aveva trascinato Ettore attorno le mura troiane
vendeva il corpo esamine per oro.
Allora

davvero dà un immenso gemito dal fondo del cuore,
come vide le spoglie, ed i cocchi, e lo stesso corpo dell’amico e

Priamo
tendente le mani inermi.
Pure riconobbe se stesso mischiato coi capi Achivi,
le schiere orientali e le armi del

nero Memnone.
Pentesilea furente guida le file delle Amazzonidi
dagli scudi lunati ed in mezzo a mille

freme,
guerriera, legando cinture auree alla mammella mozzata,
e osa, ragazza gareggiare con uomini.

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