Obstipuit primo aspectu Sidonia Dido,
casu deinde viri tanto, et sic ore locuta est:
‘quis te, nate dea, per tanta pericula
casus
insequitur? quae vis immanibus applicat oris?
tune ille Aeneas quem Dardanio Anchisae
alma Venus Phrygii genuit
Simoentis ad undam?
atque equidem Teucrum memini Sidona venire
finibus expulsum patriis, nova regna petentem
auxilio
Beli; genitor tum Belus opimam
vastabat Cyprum et victor dicione tenebat.
tempore iam ex illo casus mihi
cognitus urbis
Troianae nomenque tuum regesque Pelasgi.
ipse hostis Teucros insigni laude ferebat
seque ortum antiqua
Teucrorum a stirpe volebat.
quare agite, o tectis, iuvenes, succedite nostris.
me quoque per multos similis fortuna
labores
iactatam hac demum volvit consistere terra;
non ignara mali miseris succurrere disco.’
sic memorat; simul
Aenean in regia ducit
tecta, simul divum templis indicit honorem.
nec minus interea sociis ad litora mittit
viginti
tauros, magnorum horrentia centum
terga suum, pinguis centum cum matribus agnos,
munera laetitiamque dii.
at domus
interior regali splendida luxu
instruitur, mediisque parant convivia tectis:
arte laboratae vestes
ostroque superbo,
ingens argentum mensis, caelataque in auro
fortia facta patrum, series longissima rerum
per tot
ducta viros antiqua ab origine gentis.
Aeneas neque enim patrius consistere mentem
passus amor rapidum ad navis
praemittit Achaten,
Ascanio ferat haec ipsumque ad moenia ducat;
omnis in Ascanio cari stat cura
parentis.
munera praeterea Iliacis erepta ruinis
ferre iubet, pallam signis auroque rigentem
et circumtextum croceo
velamen acantho,
ornatus Argivae Helenae, quos illa Mycenis,
Pergama cum peteret inconcessosque
hymenaeos,
extulerat, matris Ledae mirabile donum;
praeterea sceptrum, Ilione quod gesserat olim,
maxima natarum
Priami, colloque monile
bacatum, et duplicem gemmis auroque coronam.
haec celerans iter ad navis tendebat Achates.
Versione tradotta
Didone sidonia prima si stupì per laspetto,
poi per la sorte tanto grande delleroe, e così
parlò:
Quale sorte, figlio di dea, ti perseguita attraverso
sì grandi pericoli? che forza ti approda a spiagge feroci?
Non sei tu quellEnea che la madre Venere generò
al dardanio Anchise presso londa del frigio Simoenta?
E davvero
ricordo che Teucro venne a Sidone
cacciato dalle patrie terre, cercando nuovi regni
con l'aiuto di Belo; allora il
padre Belo occupava
la ricca Cipro e vincitore la teneva in potere.
Già da quel tempo mi era nota la sorte della
città
troiana ed il tuo nome ed i re Pelasgi.
Lo stesso nemico innalzava i Teucri con grande lode
e si voleva nato
dallantica stirpe dei Teucri.
Perciò suvvia, o giovani, entrate nelle nostre case.
Una situazione simile volle che io
pure sbattuta tra tanti
affanni mi fermarsi infine in questa terra;
non ignara del male imparo a soccorrere i
miseri.
Così ricorda; insieme guida Enea nelle regali
case, insieme indice lodi nei templi degli dei.
Intanto invia
non di meno venti tori ai compagni
sui lidi, cento irsute schiene di porci,
cento grassi agnelli con le madri,
regali
e gioia del giorno.
Ma il palazzo interno splendido è parato
di lusso regale, preparano banchetti in mezzo alle
case:
Vesti ricamate con arte e splendida porpora,
ingente argento su mense, e le forti imprese dei padri
cesellate su
oro, lunghissima serie di azioni fatta
da tanti eroi dallantico inizio della stirpe. Enea, né infatti lamore
paterno
permise che la mente
riposasse, manda alle navi il veloce Acate,
riferisca queste cose ad Ascanio e lo guidi
alle mura;
ogni cura del caro padre sta in Ascanio.
Ordina inoltre di portare doni strappati alle rovine
iliache, un
manto rigido per oro e ricami
ed un velo intessuto di croceo acanto,
ornamenti dellargiva Elena, che ella aveva
portato
da Micene dirigendosi a Pergamo ed alle nozze
proibite, dono mirabile della madre Leda;
inoltre uno scettro,
che Ilione la maggiore delle figlie di Priamo, aveva
portato un tempo, ed un monile per collo
gemmato, ed una doppia
corona di gemme ed oro.
Così affrettando il cammino, Acate andava alle navi.
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