Eneide, Libro 10, traduzione vv. 260-307 - Studentville

Eneide, Libro 10, traduzione vv. 260-307

Iamque in conspectu Teucros habet et sua castra 260
stans celsa in puppi, clipeum cum deinde sinistra

extulit ardentem. clamorem ad sidera tollunt
Dardanidae e muris, spes addita suscitat iras,
tela manu iaciunt,

quales sub nubibus atris
Strymoniae dant signa grues atque aethera tranant 265
cum sonitu, fugiuntque Notos clamore

secundo.
at Rutulo regi ducibusque ea mira videri
Ausoniis, donec versas ad litora puppis
respiciunt totumque

adlabi classibus aequor.
ardet apex capiti cristisque a vertice flamma 270
funditur et vastos umbo vomit aureus ignis:

non secus ac liquida si quando nocte cometae
sanguinei lugubre rubent, aut Sirius ardor.
ille sitim morbosque ferens

mortalibus aegris
nascitur et laevo contristat lumine caelum. 275
Haud tamen audaci Turno fiducia cessit
litora

praecipere et venientis pellere terra.
[ultro animos tollit dictis atque increpat ultro:]
‘quod votis optastis

adest, perfringere dextra.
in manibus Mars ipse viris. nunc coniugis esto 10.280
quisque suae tectique memor, nunc magna

referto
facta, patrum laudes. ultro occurramus ad undam
dum trepidi egressisque labant vestigia prima.
audentis

Fortuna iuvat.’
haec ait, et secum versat quos ducere contra 285
vel quibus obsessos possit concredere muros.

Interea Aeneas socios de puppibus altis
pontibus exponit. multi servare recursus
languentis pelagi et brevibus se

credere saltu,
per remos alii. speculatus litora Tarchon, 290
qua vada non spirant nec fracta remurmurat unda,
sed

mare inoffensum crescenti adlabitur aestu,
advertit subito proras sociosque precatur:
‘nunc, o lecta manus, validis

incumbite remis;
tollite, ferte rates, inimicam findite rostris 295
hanc terram, sulcumque sibi premat ipsa carina.

frangere nec tali puppim statione recuso
arrepta tellure semel.’ quae talia postquam
effatus Tarchon, socii

consurgere tonsis
spumantisque rates arvis inferre Latinis, 10.300
donec rostra tenent siccum et sedere carinae

omnes innocuae. sed non puppis tua, Tarchon:
namque inflicta vadis, dorso dum pendet iniquo
anceps sustentata diu

fluctusque fatigat,
solvitur atque viros mediis exponit in undis, 305
fragmina remorum quos et fluitantia transtra

impediunt retrahitque pedes simul unda relabens.

Versione tradotta

Ormai ha in vista i Teucri edi suoi

accampamenti 260
stando sull'alta poppa, quando po con la sinistra alzò
lo scudo brillante. I Dardanidi alzano un

grido alle stelle
dalle mura, la speranza infusa eccita le ire,
con la mano lanciano dardi, quali le gru

strimonie
sotto le nere nubi danno segnali ed attraversano l'etere 265
con rimbombo, fuggono i Noti con grido

propizio.
Ma ciò sembrava starno al re rutulo ed agli Ausonii,
finchè vedono le poppe volte ai lidi
e tutto il mare

scoorere con le navi.
Arde l'elmo sul capo e dalla cima con le creste la fiamma 270
si riversa e l'umbone d'oro

vomita vasti fuochi:
non diversamente se a volte di notte le comete
rosseggiano sanguinee o l'ardore di Sirio.
Egli

nasce portando sete e malattie ai mortali
malati e rattista il cielo con luce sinostra. 275
Tuttavia non cessò la fiducia

a Turno
di comandare sui lidi e cacciare i giungenti dalla terra.
[ancor più con le parole rialza i cuori ed ancor più

grida:]
"Quel che desideraste, c'è, sbaragliare con la destra.
Marte stesso in mano agli eroi. Ora ognuno sia memore

280
della sua consorte e del tetto, ora richiami le grandi
Azioni, le glorie dei padri. Su corriamo all'onda
mentre

(sono) trepidi ed i primi passi tremano per gli sbarcati.
Fortuna aiuta quelli che osano."
Questo disse, e tra sé

escogita contro possa guidare 285
all'attacco o a chi affidare le mura assediate.
Intanto dalle alte poppe Enea sbarca

i compagni
con ponti. Molti osservavano i riflussi
del mare decrescente e con un salto si affidano alle secche,
altri

attraverso i remi. Osservati i lidi, Tarconte, 290
dove le risacche non spirano le l'onda infranta rimormora,
ma il

mare inoffensivo scivola con flusso crescente,
volge subito le prore e prega i compagni:
"Adesso, o scelta schiera,

piegatevi sui validi remi;
alzate, portate le navi, spaccate coi rostri questa terra 295
nemica, la stessa carena si

imprima il solco.
Non rifiuto di infrangere la poppa con tale approdo
una volta prsa la terra." Dopo che Tarconte

disse
tali cose, i compagni sorgevano insieme sulle onde
e portavano le barche sui campi latini, 300
fin che i rostri

occupano l'asciutto e tutte le carene
si fermarono incolumi. Ma non la tu paoppa, Tarconte:
conficcata nelle secche,

mentre pende col dorso sbilanciato
incerta a lungo sostenutasi affatica i flutti,
si sfascia e getta gli uomini in mezzo

alle onde, 305
ma gli spezzoni di remi ed i banchi fluttuanti
li bloccano ed insieme l'onda rifluente travolge i

piedi.

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