Eneide, Libro 10, traduzione vv. 308-361 - Studentville

Eneide, Libro 10, traduzione vv. 308-361

Nec Turnum segnis retinet mora, sed rapit acer
totam aciem in

Teucros et contra in litore sistit.
signa canunt. primus turmas invasit agrestis 310
Aeneas, omen pugnae, stravitque

Latinos
occiso Therone, virum qui maximus ultro
Aenean petit. huic gladio perque aerea suta,
per tunicam squalentem

auro latus haurit apertum.
inde Lichan ferit exsectum iam matre perempta 315
et tibi, Phoebe, sacrum: casus evadere

ferri
quo licuit parvo? nec longe Cissea durum
immanemque Gyan sternentis agmina clava
deiecit leto; nihil illos

Herculis arma
nec validae iuvere manus genitorque Melampus, 320
Alcidae comes usque gravis dum terra labores

praebuit. ecce Pharo, voces dum iactat inertis,
intorquens iaculum clamanti sistit in ore.
tu quoque, flaventem

prima lanugine malas
dum sequeris Clytium infelix, nova gaudia, Cydon, 325
Dardania stratus dextra, securus amorum

qui iuvenum tibi semper erant, miserande iaceres,
ni fratrum stipata cohors foret obvia, Phorci
progenies, septem

numero, septenaque tela
coniciunt; partim galea clipeoque resultant 10.330
inrita, deflexit partim stringentia corpus

alma Venus. fidum Aeneas adfatur Achaten:
‘suggere tela mihi, non ullum dextera frustra
torserit in Rutulos,

steterunt quae in corpore Graium
Iliacis campis.’ tum magnam corripit hastam 335
et iacit: illa volans clipei

transverberat aera
Maeonis et thoraca simul cum pectore rumpit.
huic frater subit Alcanor fratremque ruentem

sustentat dextra: traiecto missa lacerto
protinus hasta fugit servatque cruenta tenorem, 10.340
dexteraque ex umero

nervis moribunda pependit.
tum Numitor iaculo fratris de corpore rapto
Aenean petiit: sed non et figere contra
est

licitum, magnique femur perstrinxit Achatae.
Hic Curibus fidens primaevo corpore Clausus 345
advenit et rigida Dryopem

ferit eminus hasta
sub mentum graviter pressa, pariterque loquentis
vocem animamque rapit traiecto gutture; at ille

fronte ferit terram et crassum vomit ore cruorem.
tris quoque Threicios Boreae de gente suprema 350
et tris quos

Idas pater et patria Ismara mittit,
per varios sternit casus. accurrit Halaesus
Auruncaeque manus, subit et Neptunia

proles,
insignis Messapus equis. expellere tendunt
nunc hi, nunc illi: certatur limine in ipso 355
Ausoniae. magno

discordes aethere venti
proelia ceu tollunt animis et viribus aequis;
non ipsi inter se, non nubila, non mare cedit;

anceps pugna diu, stant obnixa omnia contra: 359
haud aliter Troianae acies aciesque Latinae pol+chias
concurrunt,

haeret pede pes densusque viro vir. Polipt. 2

Versione tradotta

Né un pigro indugio trattiene Turno, ardente trascina
tutto l'esercito contro i Teucri e si

ferma sul lido.
Risuonano i segnali. Per primo Enea assaltò le truppe 310
agresti, augurio di scontro, travolse i

Latino,
ucciso Terone, un uomo che certamente grandissimo
assale Enea. A costui con la spada attraverso le maglie di

bronzo,
attraverso la tunica intessuta d'oro tocca il fianco aperto.
Poi ferisce Lica, staccato dalla madre già morta,

315
ed a te, Febe, sacro: perché a lui piccolo fu possibile
evitare i rischi del ferro? E non lontano il duro

Cissea
ed il gigantesco Gia che atterravano schiere con la clava,
li spinse a morte; a nulla loro giovarono le armi di

Ercole
ne le potenti mani ed il padre Melampo, 320
compagno di Alcide, fin che la terra gli offrì le gravi
fatiche.

Ecco a Faro, mentre vanta inutili frasi,
tirando una lancia gliela conficca in bocca mentre grida.
Tu pure infelice

Cidone mentre segui Clizio, nuovi amori,
che biondeggia le guance della prima lanugine, 325
atterrato dalla destra

dardania, sicuro degli amori di giovani
che sempre avevi, miserando giaceresti,
se la serrata coorte dei fratelli non si

presentasse davanti, i figli
di Forco, dette di numero, lanciano sette lance per volta;
in parte rimbalzano inutili per

l'elmo e lo scudo 330
in parte la divina Venere li deviò sfiorano
il corpo. Enea si rivolge al fido Acate:
"Passami

le armi, la destra non ne scagli nessuno invano
contro i Rutuli, di quelli che stettero nel corpo dei Grai
sui campi

iliaci." Poi prende una grande asta 335
e la lancia: quella volando trapassa i bronzi dell'elmo
Meone e rompe la

corazza insieme col petto.
Soccorre costui il fratello Alcanore e con la destra sostiene
il fratello che cade:

trapassato il braccio, un'asta lanciata
subito fugge ed insanguinata conserva la corsa, 340
e la destra dalla spalla

coi nervi moribonda pendette.
Allora Numitore tratta la lancia dal corpo del fratello
si diresse du Enea: ma non fu

possibile conficcarla
contro, e sfiorò una coscia del grande Acate.
Qui Clauso di Curi confidando nel corpo giovanile

345
giunge e da lontano con la rigida asta piantata pesantemente
sotto il mento ferisce Driopeed insieme, trapassata la

gola,
rapisce la voce e la vita di lui che parlava; ma quello
con la fronte sbatte in terra e dalla bocca vomita sangue

denso.
Pure tre Traci dal lontano popolo di Borea 350
e tre che il padre Ida e la patria Ismara invia,
li abbatte per

varie vicende. Accorre Aleso
e la schiera aurunca, giunge anche prole nettunia,
Messapo famoso per cavalli. Ora questi,

ora quelli tentano
di respingere: si combatte sulla soglia stessa 335
dell'Ausonia. Come venti discordi nel grande

etere
alzano scontri con ire e forze eguali;
non essi tra loro, non le nubi, non il mare cede;
a lungo incerta la

lotta, tutti stanno ben saldi contro:
non diversamente le truppe troiane e le truppe latine
si scontrano, piede

s'attacca a piede, uomo ad uomo.

  • Letteratura Latina
  • Libro 10
  • Virgilio

Ti potrebbe interessare

Link copiato negli appunti