Nec iam fama mali tanti, sed certior auctor 10.510
advolat Aeneae tenui discrimine leti
esse suos, tempus versis succurrere Teucris.
proxima quaeque metit gladio latumque per agmen
ardens limitem agit
ferro, te, Turne, superbum
caede nova quaerens. Pallas, Evander, in ipsis 515
omnia sunt oculis, mensae quas advena
primas
tunc adiit, dextraeque datae. Sulmone creatos
quattuor hic iuvenes, totidem quos educat Ufens,
viventis
rapit, inferias quos immolet umbris
captivoque rogi perfundat sanguine flammas. 10.520
inde Mago procul infensam
contenderat hastam:
ille astu subit, at tremibunda supervolat hasta,
et genua amplectens effatur talia supplex:
‘per patrios manis et spes surgentis Iuli
te precor, hanc animam serves gnatoque patrique. 525.
est domus alta,
iacent penitus defossa talenta
caelati argenti, sunt auri pondera facti
infectique mihi. non hic victoria Teucrum
vertitur aut anima una dabit discrimina tanta.’
dixerat. Aeneas contra cui talia reddit: 530
‘argenti atque
auri memoras quae multa talenta
gnatis parce tuis. belli commercia Turnus
sustulit ista prior iam tum Pallante
perempto.
hoc patris Anchisae manes, hoc sentit Iulus.’
sic fatus galeam laeva tenet atque reflexa 535
cervice
orantis capulo tenus applicat ensem.
nec procul Haemonides, Phoebi Triviaeque sacerdos,
infula cui sacra redimibat
tempora vitta,
totus conlucens veste atque insignibus albis.
quem congressus agit campo, lapsumque superstans 540
immolat ingentique umbra tegit, arma Serestus
lecta refert umeris tibi, rex Gradive, tropaeum.
Instaurant acies
Volcani stirpe creatus
Caeculus et veniens Marsorum montibus Umbro.
Dardanides contra furit: Anxuris ense sinistram
545
et totum clipei ferro deiecerat orbem;
dixerat ille aliquid magnum vimque adfore verbo
crediderat, caeloque
animum fortasse ferebat
canitiemque sibi et longos promiserat annos;
Tarquitus exsultans contra fulgentibus armis, 550
silvicolae Fauno Dryope quem nympha crearat,
obvius ardenti sese obtulit. ille reducta
loricam clipeique ingens
onus impedit hasta,
tum caput orantis nequiquam et multa parantis
dicere deturbat terrae, truncumque tepentem 555
provolvens super haec inimico pectore fatur:
‘istic nunc, metuende, iace. non te optima mater
condet humi
patrioque onerabit membra sepulcro:
alitibus linquere feris, aut gurgite mersum
unda feret piscesque impasti vulnera
lambent.’ 10.560
protinus Antaeum et Lucam, prima agmina Turni,
persequitur, fortemque Numam fulvumque Camertem,
magnanimo Volcente satum, ditissimus agri
qui fuit Ausonidum et tacitis regnavit Amyclis.
Aegaeon qualis, centum
cui bracchia dicunt 565
centenasque manus, quinquaginta oribus ignem
pectoribusque arsisse, Iovis cum fulmina contra
tot paribus streperet clipeis, tot stringeret ensis:
sic toto Aeneas desaevit in aequore victor
ut semel intepuit
mucro. quin ecce Niphaei 570
quadriiugis in equos adversaque pectora tendit.
atque illi longe gradientem et dira
frementem
ut videre, metu versi retroque ruentes
effunduntque ducem rapiuntque ad litora currus.
Interea biiugis
infert se Lucagus albis 575
in medios fraterque Liger; sed frater habenis
flectit equos, strictum rotat acer Lucagus
ensem.
haud tulit Aeneas tanto fervore furentis;
inruit adversaque ingens apparuit hasta.
cui Liger: 10.580
‘non Diomedis equos nec currum cernis Achillis
aut Phrygiae campos: nunc belli finis et aevi
his dabitur
terris.’ vesano talia late
dicta volant Ligeri. sed non et Troius heros
dicta parat contra, iaculum nam torquet in
hostis. 585
Lucagus ut pronus pendens in verbera telo
admonuit biiugos, proiecto dum pede laevo
aptat se pugnae,
subit oras hasta per imas
fulgentis clipei, tum laevum perforat inguen;
excussus curru moribundus volvitur arvis. 590
quem pius Aeneas dictis adfatur amaris:
‘Lucage, nulla tuos currus fuga segnis equorum
prodidit aut vanae
vertere ex hostibus umbrae:
ipse rotis saliens iuga deseris.’ haec ita fatus
arripuit biiugos; frater tendebat
inertis 595
infelix palmas curru delapsus eodem:
‘per te, per qui te talem genuere parentes,
vir Troiane, sine
hanc animam et miserere precantis.’
pluribus oranti Aeneas: ‘haud talia dudum
dicta dabas. morere et fratrem ne
desere frater.’ 10.600
tum latebras animae pectus mucrone recludit.
talia per campos edebat funera ductor
Dardanius torrentis aquae vel turbinis atri chiasmo
more furens. tandem erumpunt et castra relinquunt
Ascanius puer
et nequiquam obsessa iuventus. 605
Versione tradotta
Né ormai la fama di
così grave male, ma un troppo sicuro 510
testimone vola da Enea che i suoi sono in estremo rischio
di morte, che è tempo
di soccorrere i Teucri sbaragliati.
Miete ogni cosa vicina con la spada e tra la schiera fa una larga
strada col ferro,
cercando, ardente, per la recente strage te,
Turno, superbo. Pallante, Evandro, tutto è negli occhi 515
stessi, le mense,
che da forestiero allora per prime
avvicinò, le destrescambiate. Qui quattro giovani
nati da Sulmone, altrettanti che
l'Ufente nutre,
li afferra viventi, da immolare come offerte alle ombre
e cospargere di sangue prigioniero le fiamme
del rogo. 520
Poida lontano aveva lanciato a Mago l'asta nemica:
egli con astuzia s'abbassa, ma tremebonda
l'asta vola sopra,
e piegando le ginocchia suppliceprega così:
"Per gli dei paterni ele speranze diIulo che
cresce,
ti prego, salvaquesta vita peril figlio ed il padre. 525
la casa è grande, son nascosti bene telenti
sepolti
di argento cesellato, ho quantità d'oro lavorato
e non lavorato. La vittoria dei Teucri non si tratat
qui
oppure una sola vita non darà così tante differenze."
Aveva detto. Ma Enea così gli risponde: 530
" I molti
talenti d'oro e d'argento che ricordi,
risparmiali per i tuoi figli. Questi commerci di guerra Turno
perprimo li ha
tolti gia allora, ucciso Pallante.
Questo gli dei del padre Anchise, questo pensa Iulo."
Così parlando con la sinistra
tiene l'elmo e rovesciato
il collo del supplice, affonda la spada fino all'elsa. 535
Non lontano, Emonide,
sacerdote di Febo e di Trivia,
e l'infula gli cingeva le tempie con sacra benda,
brillando tutto con la veste ele
bianche insegne.
Scontratosi lo coglie sulcampo, e stando sopra al caduto 540
lo immola e lo coprì con l'enorme ombra,
Seresto riporta
le armi scelte perte, ore Gradivo, come trofeo.
Riorganizzano le schiere Ceculo, nato dalla stirpe
di
Vulcano ed Umbrone che viene dai monti dei Marsi.
Il Dardanire furoreggia contro: con la spada aveva staccato 545
la
sinistra di Anxure e col ferro tutto il cerchio dello scudo;
Quello aveva pronunciato qualche cosa di garnde e aveva creduto
che ci fosse potenza nella formula, e forse innalzava il coraggio
al cielo e si era ripromesso vecchiaia e lunghi
anni;
Tarquito che saltava contro con armi splendenti, 550
e l'aveva generato la ninfa Driope a Fauno abitatore delle
selve,
si offrì davanti a lui ardente. Egli vibrata l'asta
blocca la corazza ed il gran peso dello scudo,
poi
abbatte a terra la testa di chi invano pregava e si preparava
a dire molto, e rovesciando il troco tirpido 555
sopra ciò
esclama con anino ostile:
"Qui adesso, o terribile, giaci. L'ottima madre non ti seppellirà
in terra e onorerà le
membre con sepolcro patrio:
sarai lasciato agli uccelli rapaci, o un'onda ti trascinerà
sommerso ed i pesci affamati
leccheranno le ferite." 560
Subito insegue Anteo e Luca, prime schiere di Turno,
il forte Numa ed il rosso
Camerte,
figlio del magnanimo Volcente, che fu il più ricco di terreno
degli Ausonidi e regnò sulla tacita
Amicla.
Quale Egeone, che dicono avesse cento braccia 565
e cento mani, e ardesse fuoco per cinquanta
bocche e petti,
quando tuonò contro i fulmini di Giove
con altrettanti scudi, brandendo altrettante spade:
così Enea infierì su tutto il
campo da vincitore,
appena intiepidì la punta. Anzi, ecco attacca contro 570
i cavalli da quadriga di Nifeo ed i petti di
fronte.
E quelli quando lo videro avanzare da lontano e fremere
paurosamente, giratisi dietro per paura e
correndo
rovesciano il conducente e trascinano i cocchi sui lidi.
Intanto Lucago ed il fratello Ligeri con le bianche
bighe 575
si lancia in mezzo; ma il fratello con le briglie
piega i cavalli, l'aspro Licago rotea la spada
sguainata.
Enea non sopportò chi furoreggiava con tanto fervore;
si buttò e gigantesco apparve con l'asta
puntata.
A lui Ligeri: 580
"Non vedi i cavalli di Diomede né il cocchio di Achille
o le piane di Frigia: oraverràdata
la fine della guerra edella vita
su queste terre." Per il pazzo Ligeri tali parole volano
lontano. Ma l'eroe troiano
non prepara parole
di risposta, ma lancia un giavellotto contro i nemici. 585
Come Lucago pendendo per le frustate ai
cavalli piegato
li spronò con la lancia, mentre puntato il piede sinistro
si preparava allo scontro, l'asta giunse
attraverso gli ultimi
orli del brillante scudo, poi perfora l'inguine a sinistra;
sbalzato dal cocchio moribondo si
rotola sui campi. 590
Ed il pio Enea gli si rivolge con parole amare:
"Lucago, nessuna fuga vile dei cavalli tradì i tuoi
cocchi
o vuote ombre li volsero via dai nemici:
tu stesso saltando dalle ruote abbandoni il cocchio." Così
parlando
afferrò la pariglia; il fratello misero tendeva le palme 595
inerti caduto dallo stesso carro:
"Per te, per
te che i genitori hanno generato così,
eroe troiano, lasciami questa vita edabbi pietà di chi prega."
Enea a lui che di
più diceva: "Poco fa non offrivi
tali parole. Muori e da fratello non lasciare il fratello." 600
Poi aprì conla punta il
petto, protezione della vita.
Il condottiero dardanio per lapianura produceva
tali stragi infuriando alla stregua
d'acqua torrenziale
o di nera uragano. Finalmente escono e lasciano il campo
il giovane Ascanio e la gioventù
inutilmente assediata. 605
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