Eneide, Libro 10, traduzione vv. 689-754 - Studentville

Eneide, Libro 10, traduzione vv. 689-754

At Iovis interea monitis Mezentius ardens
succedit pugnae Teucrosque invadit ovantis. 690

concurrunt Tyrrhenae acies atque omnibus uni,
uni odiisque viro telisque frequentibus instant.
ille velut rupes

vastum quae prodit in aequor,
obvia ventorum furiis expostaque ponto,
vim cunctam atque minas perfert caelique marisque

695
ipsa immota manens prolem Dolichaonis Hebrum
sternit humi, cum quo Latagum Palmumque fugacem,
sed Latagum saxo

atque ingenti fragmine montis
occupat os faciemque adversam, poplite Palmum
succiso volvi segnem sinit, armaque Lauso

10.700
donat habere umeris et vertice figere cristas.
nec non Evanthen Phrygium Paridisque Mimanta
aequalem

comitemque, una quem nocte Theano
in lucem genitore Amyco dedit et face praegnas
Cisseis regina Parim; Paris urbe

paterna 705
occubat, ignarum Laurens habet ora Mimanta.
ac velut ille canum morsu de montibus altis
actus aper,

multos Vesulus quem pinifer annos
defendit multosque palus Laurentia silva
pascit harundinea, postquam inter retia

ventum est, 710
substitit infremuitque ferox et inhorruit armos,
nec cuiquam irasci propiusve accedere virtus,
sed

iaculis tutisque procul clamoribus instant;
haud aliter, iustae quibus est Mezentius irae,
non ulli est animus stricto

concurrere ferro, 715
missilibus longe et vasto clamore lacessunt.
ille autem impavidus partis cunctatur in omnis

dentibus infrendens et tergo decutit hastas.
Venerat antiquis Corythi de finibus Acron,
Graius homo, infectos

linquens profugus hymenaeos. 720
hunc ubi miscentem longe media agmina vidit,
purpureum pennis et pactae coniugis

ostro,
impastus stabula alta leo ceu saepe peragrans
suadet enim vesana fames, si forte fugacem
conspexit capream

aut surgentem in cornua cervum, 725
gaudet hians immane comasque arrexit et haeret
visceribus super incumbens; lavit

improba taeter
ora cruor :
sic ruit in densos alacer Mezentius hostis.
sternitur infelix Acron et calcibus atram

730
tundit humum exspirans infractaque tela cruentat.
atque idem fugientem haud est dignatus Oroden
sternere nec

iacta caecum dare cuspide vulnus;
obvius adversoque occurrit seque viro vir
contulit, haud furto melior sed fortibus

armis. 735
tum super abiectum posito pede nixus et hasta:
‘pars belli haud temnenda, viri, iacet altus Orodes.’

conclamant socii laetum paeana secuti;
ille autem exspirans: ‘non me, quicumque es, inulto,
victor, nec longum

laetabere; te quoque fata 10.740
prospectant paria atque eadem mox arva tenebis.’
ad quem subridens mixta Mezentius

ira:
‘nunc morere.ast de me divum pater atque hominum rex
viderit.’ hoc dicens eduxit corpore telum.
olli

dura quies oculos et ferreus urget 745
somnus, in aeternam clauduntur lumina noctem.
Caedicus Alcathoum obtruncat,

Sacrator Hydaspen
Partheniumque Rapo et praedurum viribus Orsen,
Messapus Cloniumque Lycaoniumque Erichaeten,
illum

infrenis equi lapsu tellure iacentem, 750
hunc peditem. pedes et Lycius processerat Agis,
quem tamen haud expers Valerus

virtutis avitae
deicit; at Thronium Salius Saliumque Nealces,
insignis iaculo et longe fallente sagitta.

Versione tradotta

Ma intanto per gli ordini di Giove Mezenzio

ardente
succede nello scontro ed assale i Teucri esultanti. 690
Le schiere tirrene accorrono e con tutti gli odi per un

unico,
incombono su un unico uomo con incessanti lanci.
Lui come rupe che emerge in vasto mare,
davanti alle furie dei

venti ed opposta al flutto,
sopporta tutta la forza e le minacce di cielo e mare 695
lei stesso restando immobile stende

a terra Ebro, prole
di Dolicaone, e con lui Latago e Palmo fuggitivo,
ma Latago, con un sasso ed un enorme pezzo di

monte,
lo colpisce davanti in faccia, sul volto, e tagliato un polpaccio
lascia che Palmo si rotoli lento, concede a

Lauso 700
di avere le armi e fissare alla testa le creste.
Ed inoltre il frigio Evante e Mimante coetaneo
e compagno

di Paride, che Teano diede alla luce
dal padre Amico nella stessa notte che la regina Cisseide
gravida di fiamma

(partorì) Paride; Paride giace nella città 705
paterna, la terra di Laurento tiene Mimante sconosciuto.
E come il

cinghiale spinto dagli alti monti dal morso
dei cani, che il Vesuloricco di piniper molti anni
protesse e per molti la

palude di Laurento nutre nella selva
di canne, dopo che si arrirò tra le reti, 710
s'è fermato e feroce ha grugnito e

drizzato i peli,
e nessuno ha il coraggio di eccitarlo o avvicinarsi di più,
ma da lontano incalzano con lanci e sicure

grida;
non diversamente, quelli che hanno un giusto odio per Mezenzio,
nessuno ha il coraggio di affrontarlo col ferro

sguainato, 715
da lontano econ vasto urlare lo provocano con proiettili.
Lui però impavido tentenna in tutte le

parti
digrignando coi denti e scuote le aste dalla schiena.
Era giunto dagli antichi territori di Corito Acrone,
uomo

graio, lasciando profugo le nozze incompiute. 720
Come vide costui sconvolgere il centro delle schiere,
rosso per le

piume e la porpora della sposa promessa,
come leone affamato aggirandosi spesso tra grandi stalle
poiche una pazza fame

lo spinge, se mai ha visto una capra
paurosa o un gervo che si erge con le corna 725
gioisce bramando, ha drizzato le

criniere e s'attacca
alle viscere buttandosi sopra; nero sangue bagna
le fauci malvage:
così Mezenzio corre

veloce contro i fitti nemici .
Il miseroAcrone è atterrato ecoi calci colpisce il nero 730
suolo spirando ed insanguina

le armi spezzate.
E lo stesso non si degnò di stendere Orode
che fuggiva né di dare una cieca ferita, lanciato il

dardo;
davanti in faccia gli corse e si presentò da uomo
a uomo, non migliore per inganno, ma per leforti armi. 735

Poi sopra di lui atterrato spingendo col piede calcato e con l'asta:
"(Come) Parte di guerra non disprezzabile, o

eroi, l'alto Orode giace."
Acclamano i compagni accompagnando un lieto canto di guerra;
ma quello spirando: " Chiunque

tu sia, non io invendicato,
né tu vittorioso ti allieterai a lungo; i fati uguali aspettano 740
anche te ed occuperai

presto gli stessi campi."
Ma sghignazzandoli con aggiunta l'ira Mezenzio:
"Ora muori. Ma per me il padre degli dei e

re degli uomini
provvederà." Così dicendo estrae dal corpo la spada.
A quello una crudele quiete ed un ferreo sonno

blocca 745
gli occhi, le luci si chiudoni per l'eterna notte.
Cedico stronca Alcatoo, Sacratore Idaspe,
Rapone

Partenio ed Orse, durissimo per le forze,
Messapo Clonio ed Erichete licaonio,
quello che giaceva per terra per la caduta

del cavallo sfrenato, 750
questo da fante. Anche Licio agide era venuto come fante,
tuttavia Valero non privo del valore

ereditato lo
abbatte; ma Salio (uccide) Tronio e Salio ( lo uccide) Nealce,
famoso per il lancio e la freccia che da

lontano inganna.

  • Letteratura Latina
  • Libro 10
  • Virgilio

Ti potrebbe interessare

Link copiato negli appunti