Tum Drances idem infensus, quem gloria Turni
obliqua
invidia stimulisque agitabat amaris,
largus opum et lingua melior, sed frigida bello
dextera, consiliis habitus non
futtilis auctor,
seditione potens (genus huic materna superbum 340
nobilitas dabat, incertum de patre ferebat, )
surgit et his onerat dictis atque aggerat iras:
‘rem nulli obscuram nostrae nec vocis egentem
consulis, o bone
rex: cuncti se scire fatentur
quid fortuna ferat populi, sed dicere mussant. 345
det libertatem fandi flatusque
remittat,
cuius ob auspicium infaustum moresque sinistros
(dicam equidem, licet arma mihi mortemque minetur)
lumina
tot cecidisse ducum totamque videmus
consedisse urbem luctu, dum Troia temptat 350
castra fugae fidens et caelum
territat armis.
unum etiam donis istis, quae plurima mitti
Dardanidis dicique iubes, unum, optime regum,
adicias,
nec te ullius violentia vincat
quin natam egregio genero dignisque hymenaeis 355
des pater, et pacem hanc aeterno
foedere iungas.
quod si tantus habet mentes et pectora terror,
ipsum obtestemur veniamque oremus ab ipso:
cedat,
ius proprium regi patriaeque remittat.
quid miseros totiens in aperta pericula civis 360
proicis, o Latio caput horum et
causa malorum?
nulla salus bello, pacem te poscimus omnes,
Turne, simul pacis solum inviolabile pignus.
primus ego,
invisum quem tu tibi fingis (et esse
nil moror,) en supplex venio. miserere tuorum, 365
pone animos et pulsus abi. sat
funera fusi
vidimus ingentis et desolavimus agros.
aut, si fama movet, si tantum pectore robur
concipis et si adeo
dotalis regia cordi est,
aude atque adversum fidens fer pectus in hostem. 370
scilicet ut Turno contingat regia coniunx,
nos animae viles, inhumata infletaque turba,
sternamur campis. etiam tu, si qua tibi vis,
si patrii quid Martis
habes, illum aspice contra
qui vocat.’ 375
Versione tradotta
Allora il
medesimo Drance ostile, la gloria di Turno
tormentava di torva invidia e di amari stimoli,
ricco di beni e migliore di
lingua, ma la destra fredda
in guerra, stimato non incapace promotore nelle assemblee,
potente nel dissenso (la nobiltà
materna gli dava stirpe 340
superba, dal padre portava incertezza,)
si alza e con queste parole aggrava ed accumula
asti:
"Su tema a nessuno oscuro né bisognoso della nostra voce
ci consulti, o buon re: tutti dichiarano che sanno
che
cosa rechi la sorte del popolo, ma esitano a parlare. 345
Dia la libertà di parlare e laci le borie,
colui per il cui
auspicio in fausto e abitudini sinistre
( parlerò proprio, anche se mi minaccia armi e morte)
vediamo esser cadutit tanti
fari di capi e tutta la città
caduta nel lutto, mentre provoca i campi troiani 350
affidandosi alla fuga e terrorizza il
cielo con le armi.
Uno solo ancora a questi doni, che comandi siano inviati
abbondantissimi e datiai Dardanidi, uno solo,
tu il miglore dei re,
aggiungi, né ti vinca la violenza di nessuno,
cioè che tu padre dia la figlia ad un nobile genero
335
per le nozze e raggiunga questa pace con patto eterno.
Che se così grande terrore possiede menti e
cuori,
preghiamo proprio lui e chiadiamo proprio a lui la grazia:
ceda, restituisca al re edalla patria il proprio
diritto.
Perché tante volte butti i miseri concittadini in aperti 360
pericoli, o capo e causa di così gravi mali per il
Lazio?
Nessuna salvezza con la guerra, ti chiediamo tutti la pace,
Turno, ed insieme l'unico inviolabile pegno di
pace.
Per primo io, che tu immagini a te ostile (e che lo sono,
per nulla esito) ecco vengo supplice. Abbi pietà dei
tuoi, 365
deponi le rabbie e sconfitto ritirati. Abbastanza morti, sbaragliati,
abbiam visto e desolato enormi
campi.
O, se la fama spinge, senutri in petto così grande vigore
e se a tal punto sta a cuore la dote regale,
osa e
porta contro il nemico il petto fiducioso in faccia. 370
Davvero perché a Turno tocchi una sposa regale,
noi vite vili,
folla insepoltae e non compianta,
siamo abbattutinelle campagne! Tu però, se in te (c'è) una forza,
se hai qualcosa
del paterno Marte, guarda in faccia colui
che chiama." 375
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