At Iuno ex summo qui nunc Albanus habetur;
(tum neque nomen erat neque honos aut gloria
monti) 135
prospiciens tumulo campum aspectabat et ambas
Laurentum Troumque acies urbemque Latini.
extemplo Turni
sic est adfata sororem
diva deam, stagnis quae fluminibusque sonoris
praesidet (hunc illi rex aetheris altus honorem
140
Iuppiter erepta pro virginitate sacravit):
‘nympha, decus fluviorum, animo gratissima nostro,
scis ut te
cunctis unam, quaecumque Latinae
magnanimi Iovis ingratum ascendere cubile,
praetulerim caelique libens in parte
locarim: 145
disce tuum, ne me incuses, Iuturna, dolorem.
qua visa est Fortuna pati Parcaeque sinebant
cedere res
Latio, Turnum et tua moenia texi;
nunc iuvenem imparibus video concurrere fatis,
Parcarumque dies et vis inimica
propinquat. 150
non pugnam aspicere hanc oculis, non foedera possum.
tu pro germano si quid praesentius audes,
perge; decet. forsan miseros meliora sequentur.’
vix ea, cum lacrimas oculis Iuturna profundit
terque quaterque
manu pectus percussit honestum. 155
‘non lacrimis hoc tempus’ ait Saturnia Iuno:
‘accelera et fratrem, si quis
modus, eripe morti;
aut tu bella cie conceptumque excute foedus.
auctor ego audendi.’ sic exhortata reliquit
incertam et tristi turbatam vulnere mentis. 160
Versione tradotta
Ma Giunone
dalla sommità dell'altura, che ora si chiama Albano,
(allora il monte non aveva né nome né onore né gloria) 135
osservando guardava il campo ed entrambe le schiere
di Laurenti e Troiani e la città di Latino.
Improvvisamente così
la dea si rivolse alla dea sorella
di Turno, che presiede agli stagni ed ai torrenti sonori
(questa carica gliela attibuì
l'alto re dell'etere 140
Giove in cambio della strappata verginità):
"Ninfa, bellezza dei fiumi, graditissima al
nostro cuore
sai come io t'abbia preferito unica fra tutte quelle latine
che salirono l'ingrato letto del magnanimo
Giove,
e t'abbia collocato volentieri in una parte del cielo: 145
sappii l tuo dolore, Giuturna, non
incolparmi.
Finchè Fortuna sembrò tollerare e le Parche permettevano
che le cose prosperassero per il Lazio, protessi
Turno e le tue mura;
ora vedo che il giovane corre con fati impari,
s'avvicina il giorno delle Parche e la
forzanemica. 150
Non posso guardare con gli occhi questa lotta, non i patti.
Tu a difesadel fratello se osi qualcosa di
più utile,
affrettati; va bene. Forse cose migliori seguiranno i miseri."
Appena questo, quando Giuturna dagli occhi
profonde lacrime
e tre e quattro volte percosse conla mano il bel petto. 155
"Non è questo il momento per le lacrime"
disse la saturnia Giunone:
"affrettati e il fratello, si c'è un modo, strappalo alla morte;
Oppure tu provoca le
guerre e fai cadere il patto sancito.
Promotriceio dell'osare." Così spronatala la lasciò
incerta e turbata dalla
triste ferita del cuore.
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