Eneide, Libro 12, traduzione vv. 134-160 - Studentville

Eneide, Libro 12, traduzione vv. 134-160

At Iuno ex summo qui nunc Albanus habetur;
(tum neque nomen erat neque honos aut gloria

monti) 135
prospiciens tumulo campum aspectabat et ambas
Laurentum Troumque acies urbemque Latini.
extemplo Turni

sic est adfata sororem
diva deam, stagnis quae fluminibusque sonoris
praesidet (hunc illi rex aetheris altus honorem

140
Iuppiter erepta pro virginitate sacravit):
‘nympha, decus fluviorum, animo gratissima nostro,
scis ut te

cunctis unam, quaecumque Latinae
magnanimi Iovis ingratum ascendere cubile,
praetulerim caelique libens in parte

locarim: 145
disce tuum, ne me incuses, Iuturna, dolorem.
qua visa est Fortuna pati Parcaeque sinebant
cedere res

Latio, Turnum et tua moenia texi;
nunc iuvenem imparibus video concurrere fatis,
Parcarumque dies et vis inimica

propinquat. 150
non pugnam aspicere hanc oculis, non foedera possum.
tu pro germano si quid praesentius audes,

perge; decet. forsan miseros meliora sequentur.’
vix ea, cum lacrimas oculis Iuturna profundit
terque quaterque

manu pectus percussit honestum. 155
‘non lacrimis hoc tempus’ ait Saturnia Iuno:
‘accelera et fratrem, si quis

modus, eripe morti;
aut tu bella cie conceptumque excute foedus.
auctor ego audendi.’ sic exhortata reliquit

incertam et tristi turbatam vulnere mentis. 160

Versione tradotta

Ma Giunone

dalla sommità dell'altura, che ora si chiama Albano,
(allora il monte non aveva né nome né onore né gloria) 135

osservando guardava il campo ed entrambe le schiere
di Laurenti e Troiani e la città di Latino.
Improvvisamente così

la dea si rivolse alla dea sorella
di Turno, che presiede agli stagni ed ai torrenti sonori
(questa carica gliela attibuì

l'alto re dell'etere 140
Giove in cambio della strappata verginità):
"Ninfa, bellezza dei fiumi, graditissima al

nostro cuore
sai come io t'abbia preferito unica fra tutte quelle latine
che salirono l'ingrato letto del magnanimo

Giove,
e t'abbia collocato volentieri in una parte del cielo: 145
sappii l tuo dolore, Giuturna, non

incolparmi.
Finchè Fortuna sembrò tollerare e le Parche permettevano
che le cose prosperassero per il Lazio, protessi

Turno e le tue mura;
ora vedo che il giovane corre con fati impari,
s'avvicina il giorno delle Parche e la

forzanemica. 150
Non posso guardare con gli occhi questa lotta, non i patti.
Tu a difesadel fratello se osi qualcosa di

più utile,
affrettati; va bene. Forse cose migliori seguiranno i miseri."
Appena questo, quando Giuturna dagli occhi

profonde lacrime
e tre e quattro volte percosse conla mano il bel petto. 155
"Non è questo il momento per le lacrime"

disse la saturnia Giunone:
"affrettati e il fratello, si c'è un modo, strappalo alla morte;
Oppure tu provoca le

guerre e fai cadere il patto sancito.
Promotriceio dell'osare." Così spronatala la lasciò
incerta e turbata dalla

triste ferita del cuore.

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