Eneide, Libro 12, traduzione vv. 216-243 - Studentville

Eneide, Libro 12, traduzione vv. 216-243

At vero Rutulis impar ea pugna videri
iamdudum et vario misceri pectora motu,

tum magis ut propius cernunt non viribus aequos.
adiuvat incessu tacito progressus et aram
suppliciter venerans

demisso lumine Turnus 220
pubentesque genae et iuvenali in corpore pallor.
quem simul ac Iuturna soror crebrescere vidit

sermonem et vulgi variare labantia corda,
in medias acies formam adsimulata Camerti,
cui genus a proavis ingens

clarumque paternae 225
nomen erat virtutis, et ipse acerrimus armis,
in medias dat sese acies haud nescia rerum

rumoresque serit varios ac talia fatur:
‘non pudet, o Rutuli, pro cunctis talibus unam
obiectare animam?

numerone an viribus aequi 230
non sumus? en, omnes et Troes et Arcades hi sunt,
fatalisque manus, infensa Etruria Turno:

vix hostem, alterni si congrediamur, habemus.
ille quidem ad superos, quorum se devovet aris,
succedet fama

vivusque per ora feretur; 235
nos patria amissa dominis parere superbis
cogemur, qui nunc lenti consedimus arvis.’

Talibus incensa est iuvenum sententia dictis
iam magis atque magis, serpitque per agmina murmur:
ipsi Laurentes

mutati ipsique Latini. 240
qui sibi iam requiem pugnae rebusque salutem
sperabant, nunc arma volunt foedusque precantur

infectum et Turni sortem miserantur iniquam

Versione tradotta

Ma davvero ai Rutuli quella battaglia sembrava impari
da molto e da vario sentimento i cuori erano

turbati,
poi di più quando li vedono più da vicino non uguali di forze.
Turno concorre avanzato con un'andatura tacita

e adorando
supplichevolmente l'altare, chinato lo sguardo, 220
le guance adolescenti ed in pallore in un corpo

giovanile.
Appena che la sorella Giuturna vide che crescere
il mormorio edi cuori dellla folla dubitanti,
in mezzo

agli eserciti, dissimulato l'aspetto di Camerte,
che aveva dagli antenati una nobile stirpe e la illustre fama 225
del

vatore paterno, anche lui fortissimo in armi,
si getta nel mezzo degli eserciti non inconsapevole delle cose
e semina

voci varie e parla così:
"Non è vergogna, Rutuli, buttare per tutti questi
una sola vita? Non siamo forse per numero e

forze 230
uguali? Ecco, sia Troiani sia Arcadi questi ci sono tutti,
e la schiera fatale, l'Etruria nemica di

Turno:
a stento abbiamo un nemico, se attacchiamo alternati.
Egli senz'altro salirà per fama ai celesti, ai cui

altari
si vota, e da vivo sarà portato sulle bocche ( di tutti); 235
noi, perduta la patria, saremo costretti ad obbedire

a superbi
padroni, noi che pigri ora sediamo sui campi."
A tali parole la mentedei giovani si incendiò
sempre di più,

per le schiere serpeggia un mormorio:
si cambiarono gli stessi Laurenti egli stessi Latini. 240
Quelli che speravano

ormai il blocco della battaglia e la salvezza
negli eventi, ora vogliono le armi e precano inutile
il patto e commiserano

l'ingiusta sorte di Turno.

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