his aliud maius Iuturna adiungit et alto
dat signum caelo, quo non praesentius ullum
245
turbavit mentes Italas monstroque fefellit.
namque volans rubra fulvus Iovis ales in aethra
litoreas agitabat
avis turbamque sonantem
agminis aligeri, subito cum lapsus ad undas
cycnum excellentem pedibus rapit improbus uncis.
250
arrexere animos Itali, cunctaeque volucres
convertunt clamore fugam (mirabile visu),
aetheraque obscurant pennis
hostemque per auras
facta nube premunt, donec vi victus et ipso
pondere defecit praedamque ex unguibus ales 255
proiecit fluvio, penitusque in nubila fugit.
Tum vero augurium Rutuli clamore salutant
expediuntque manus,
primusque Tolumnius augur
‘hoc erat, hoc votis’ inquit ‘quod saepe petivi.
accipio agnoscoque deos; me, me
duce ferrum 260
corripite, o miseri, quos improbus advena bello
territat invalidas ut avis, et litora vestra
vi
populat. petet ille fugam penitusque profundo
vela dabit. vos unanimi densete catervas
et regem vobis pugna defendite
raptum.’ 265
dixit, et adversos telum contorsit in hostis
procurrens; sonitum dat stridula cornus et auras
certa
secat. simul hoc, simul ingens clamor et omnes
turbati cunei calefactaque corda tumultu.
hasta volans, ut forte novem
pulcherrima fratrum 270
corpora constiterant contra, quos fida crearat
una tot Arcadio coniunx Tyrrhena Gylippo,
horum unum ad medium, teritur qua sutilis alvo
balteus et laterum iuncturas fibula mordet,
egregium forma iuvenem
et fulgentibus armis, 275
transadigit costas fulvaque effundit harena.
at fratres, animosa phalanx accensaque luctu,
pars gladios stringunt manibus, pars missile ferrum
corripiunt caecique ruunt. quos agmina contra
procurrunt
Laurentum, hinc densi rursus inundant 280
Troes Agyllinique et pictis Arcades armis:
sic omnis amor unus habet decernere
ferro.
diripuere aras, it toto turbida caelo
tempestas telorum ac ferreus ingruit imber,
craterasque focosque
ferunt. fugit ipse Latinus 285
pulsatos referens infecto foedere divos.
infrenant alii currus aut corpora saltu
subiciunt in equos et strictis ensibus adsunt.
Messapus regem regisque insigne gerentem
Tyrrhenum Aulesten, avidus
confundere foedus, 290
adverso proterret equo; ruit ille recedens
et miser oppositis a tergo involvitur aris
in
caput inque umeros. at fervidus advolat hasta
Messapus teloque orantem multa trabali
desuper altus equo graviter ferit
atque ita fatur: 295
‘hoc habet, haec melior magnis data victima divis.’
concurrunt Itali spoliantque calentia
membra.
obvius ambustum torrem Corynaeus ab ara
corripit et venienti Ebyso plagamque ferenti
occupat os flammis:
olli ingens barba reluxit 300
nidoremque ambusta dedit. super ipse secutus
caesariem laeva turbati corripit hostis
impressoque genu nitens terrae applicat ipsum;
sic rigido latus ense ferit. Podalirius Alsum
pastorem primaque acie
per tela ruentem 305
ense sequens nudo superimminet; ille securi
adversi frontem mediam mentumque reducta
dissicit
et sparso late rigat arma cruore.
olli dura quies oculos et ferreus urget
somnus, in aeternam conduntur lumina noctem.
310
At pius Aeneas dextram tendebat inermem
nudato capite atque suos clamore vocabat:
‘quo ruitis? quaeve ista
repens discordia surgit?
o cohibete iras. ictum iam foedus et omnes
compositae leges. mihi ius concurrere soli; 315
me sinite atque auferte metus. ego foedera faxo
firma manu; Turnum debent haec iam mihi sacra.’
has inter voces,
media inter talia verba
ecce viro stridens alis adlapsa sagitta est,
incertum qua pulsa manu, quo turbine adacta, 320
quis tantam Rutulis laudem, casusne deusne,
attulerit; pressa est insignis gloria facti,
nec sese Aeneae iactavit
vulnere quisquam.
Versione tradotta
A queste Giuturna aggiunge qualcosa di peggio e dall'alto
del cielo dà il segnale, di cui nessuno più
immediato 245
turbò le menti itale ed ingannò col prodigio.
Infatti volando nel rosso etere il fulvo alato di
Giove
spaventava gli uccelli del lido, una folla risuonante
di una schiera volatile, quando sceso sulle onde il malvagio
rapisce con gli artigli adunchi uno stupendo cigno. 250
Gli Itali drizzarono i cuori, e tutti gli uccelli
al grido
cambiano fuga (mirabile a vedersi),
oscurano l'eterecon le penne e nell'aria, creatauna nube,
cacciano il nemico,
finchè vinto dalla fora e dallo stesso
peso l'alato s'eclissò e gettò dagli artigli la preda 255
sul fiume e fuggì
completamente verso le nubi.
Allora davvero i Rutuli salutano con un grido l'augurio
spediscono le mani e per primo
l'augure Tolumnio
"Questo era, questo con voti, disse, quello che spesso chiesi.
Accolgo e riconosco gli dei; con me,
con me guida prendete 260
il ferro, o miseri, quelli che un malvagio straniero con la guerra
atterrisce come uccelli
inpotenti e conla forza devasta
i vostri lidi. Lui cercherà la fuga e definitivamente darà le vele
nel profondo (mare).
Voi unanimi infittite le schiere
e difendete per voi con la battagia il re strappato." 265
disse, e lanciò l'arma
contro i nemici di fronte
correndo; l'asta ( di corniolo) stridula dà un sibilo e sicura
taglia l'aria. Questo adun
tratto, ad un tratto un grande grido e
tutte le file sconvolte ed i cuori scaldati dal tumulto.
L'asta volando, poiché
per caso nove bellissimi corpi di fratelli 270
s'eran schierati contro, li aveva generati tutti la fedele
unica sposa
tirrena all'arcadio Gilippo,
uno di questi a metà, sul ventre dove la cintura intrecciata
si consuma e la fibbia
morde le giunture dei fianchi, giovane straordinario per bellezza e per le armi splendenti, 275
trapassa nelle costole e lo
stramazza sulla rossa sabbia.
Mai fratelli, animosa falange edaccesadal lutto,
parte sguainano le spadecon le mani, parte
afferrano un ferro
da lancio e cieci si precipitano. Contro di essi corrono
le schiere dei Laurenti, poi di nuovo i
Troiani serrati 280
straripano e gli Agillini e gli Arcadi dalle armi dipinte.
Così un unico amore di combattere col
ferro prende tutti.
Spogliarono gli altari, per tutto il cielo passa una tempesta
di armi edincombe una pioggia di
ferro,
travolgono coppe e fuochi. Lo stesso Latino fugge 285
portando gli dei sconfitto dapatto incompiuto.
Altri
bloccano i cocchi o con un salto lanciano i corpi
sui cavalli e son pronti con le spade sguainate.
Messapo avido di
rompere il patto, atterrisce il tirreno
Auleste, re e che porta l'insegna di re, 290
lanciato contro il cavallo; egli
cade indietreggiando
e misero rotola sugli altari posti alle spalle
con la testa e le spalle. Ma furioso Messapo vola con
l'asta
e col dardo simile a trave, alto di sopra sul cavallo, lo ferisce
gravemente, mentre supplica molto, e così
parla: 295
"Questo tiene, questa la migliore vittima data ai grandi dei."
Gli Itali accorrono e spogliano le membra che
son calde.
Corineo di fronte strappa dall'altare un tizzone bruciacchiato
e ad Ebiso che arriva e sferra una
botta
ed imbottisce la faccia di fiamme: gli lampeggiò la gigantesca 300
Barba ebruciacchiata diede una puzza. Lui
raggiuntolo sopra
con la destra afferra la capigliatura del nemico sconvolto
e coll ginocchio premuto puntando lo
inchioda proprio a terra;
così con la rigida spada colpisce il fianco. Podalirio sopraggiunge
su Also pastore in prima
fila che piombava tra le armi, 305
inseguendolo con la nuda spada; egli calata la scure
spacca in mezzo la fronte ad il
mento dell'avversario
e riga le armi intorno di sangue sparso.
Gli pesa sugli occhi una crudele quiete ed un
ferreo
sonno, le luci son sepolte in una eterna notte. 310
Ma il pio Enea tendeva la destra inerme
a capo scoperto e
chiamava i suoi con grida:
"Dove correte? Quale discordia improvvisa sorge mai?
oh, bloccate le ire. Ormai il patto
sancito e tutte
concordate le leggi. A me il diritto di attaccare, da solo; 315
lasciatemi e togliete le paure. Io farò
i patti sicuri
con la mano; ormai questi riti sacri mi devono Turno."
Traqueste frasi, in mezzo a tali parole
acco una
alata freccia stridendo striscio sull'eroe,
(c'è) incertezza da quale mano spedita, spinta da quale forza, 320
chi
abbia portato così grande fama ai Rutuli, se un caso
se un dio; la enorme gloria del fatto fu repressa,
e nessuno si
vantò per la ferita di Enea.
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