Eneide, Libro 12, traduzione vv. 324-383 - Studentville

Eneide, Libro 12, traduzione vv. 324-383

Turnus ut Aenean cedentem ex agmine vidit

turbatosque duces, subita spe fervidus ardet; 325
poscit equos atque arma simul, saltuque superbus
emicat in currum

et manibus molitur habenas.
multa virum volitans dat fortia corpora leto.
seminecis volvit multos: aut agmina curru

proterit aut raptas fugientibus ingerit hastas. 330
qualis apud gelidi cum flumina concitus Hebri
sanguineus Mavors

clipeo increpat atque furentis
bella movens immittit equos, illi aequore aperto
ante Notos Zephyrumque volant, gemit

ultima pulsu
Thraca pedum circumque atrae Formidinis ora onom 335
Iraeque Insidiaeque, dei comitatus, aguntur:
talis

equos alacer media inter proelia Turnus
fumantis sudore quatit, miserabile caesis
hostibus insultans; spargit rapida

ungula rores
sanguineos mixtaque cruor calcatur harena. 340
iamque neci Sthenelumque dedit Thamyrumque Pholumque,

hunc congressus et hunc, illum eminus; eminus ambo
Imbrasidas, Glaucum atque Laden, quos Imbrasus ipse
nutrierat

Lycia paribusque ornaverat armis
vel conferre manum vel equo praevertere ventos. 345
Parte alia media Eumedes in proelia

fertur,
antiqui proles bello praeclara Dolonis,
nomine avum referens, animo manibusque parentem,
qui quondam,

castra ut Danaum speculator adiret,
ausus Pelidae pretium sibi poscere currus; 350
illum Tydides alio pro talibus ausis

adfecit pretio nec equis aspirat Achillis.
hunc procul ut campo Turnus prospexit aperto,
ante levi iaculo longum

per inane secutus
sistit equos biiugis et curru desilit atque 355
semianimi lapsoque supervenit, et pede collo

impresso dextrae mucronem extorquet et alto
fulgentem tingit iugulo atque haec insuper addit:
‘en agros et, quam

bello, Troiane, petisti,
Hesperiam metire iacens: haec praemia, qui me 360
ferro ausi temptare, ferunt, sic moenia

condunt.’
huic comitem Asbyten coniecta cuspide mittit
Chloreaque Sybarimque Daretaque Thersilochumque omot
et

sternacis equi lapsum cervice Thymoeten.
ac velut Edoni Boreae cum spiritus alto 365
insonat Aegaeo sequiturque ad

litora fluctus,
qua venti incubuere, fugam dant nubila caelo:
sic Turno, quacumque viam secat, agmina cedunt

conversaeque ruunt acies; fert impetus ipsum
et cristam adverso curru quatit aura volantem. 370
non tulit instantem

Phegeus animisque frementem
obiecit sese ad currum et spumantia frenis
ora citatorum dextra detorsit equorum.
dum

trahitur pendetque iugis, hunc lata retectum
lancea consequitur rumpitque infixa bilicem 375
loricam et summum degustat

vulnere corpus.
ille tamen clipeo obiecto conversus in hostem
ibat et auxilium ducto mucrone petebat,
cum rota

praecipitem et procursu concitus axis
impulit effunditque solo, Turnusque secutus 380
imam inter galeam summi thoracis

et oras
abstulit ense caput truncumque reliquit harenae.

Versione tradotta

Turno come

vide Enea che usciva dalla schiera
ed i capi sconvolti, furioso arde d'improvvisa speranza, 325
chiede i cavalli ed in

sieme le armi, con un balzo
splende superbo sul cocchio e con le mani maneggia le redini.
Volteggiando dà molti forti

corpi di eroi alla morte.
Rotola molti semimorti: o col cocchio atterra
schiere o scaglia aste strappate ai fuggenti.

330
Come quando il sanguinario Marte eccitato
presso i fiumi del gelido Ebro strepita con lo scudo e muovendo
le

guerre lancia i cavalli furenti, essi nella piana aperta
volano davanti ai Noti e Zefiro, la Tracia estrema geme
al

battere dei piedi ed attorno i volti della nera Paura, 335
le Ire, le Insidie, compagnia del dio, si muovono:
così Turno

veloce tre gli scontri battei cavalli fumanti
di sudore, esultando miserevolmente sui nemici
uccisi; il rapido zoccolo

sparge sprizzi di sangue
ed il sangue con mista sabbia è pestato. 340
Ormai ha dato alla morteStenelo, Tamiro,

Folo
questo e quello affrontatili, l'altro da lontano; da lontano entrambi
gli Imbrasidi, Glauco e Lade, che lo stesso

Imbraso
aveva allevato in Licia ed aveva munito di uguali armi
o a venir alle mani o a cavallo a superare i venti. 345

Da un'altra parteEumede si reca in mezzo agli scontri,
prole famosa in guerra dell'antico Dolone,
riprendendo

col nome l'avo, ed il padre col coraggio e le mani,
quello che un tempo, per andare come spia nel campo dei Danai,

osò chiedere come premio per sé icocchi del Pelide; 350
il Tidide lo trattò con un'altra paga per tali
Imprese né

aspira ai cavalli di Achille.
Come da lontano lo vide Turno in campo aperto,
inseguitolo prima con freccia leggera per

lungo spazio
ferma i cavalli aggiogati e salta giù dal cocchio 355
e sopraggiunge sul semivivo caduto e col

piede
calcato il collo strappa la spada dalla destra e la affonda
splendente in fonfo alla gola ed inoltre aggiunge

queste cose:
"Ecco i campi e l'Eesperia, che cercasti, Troiano,
misurala giacendo: riportano questi premi, quelli che

hanno 360
osato sfidarmi col ferro, così fondano le mura."
Gli spediscecome compagno Absite, lanciatagli un'asta,
e

Cloreo, Sibari, Dareta e Tersiloco e Timete
caduto dal collo del cavallo imbizzarrito.
E come quando il soffio di Borea

etonio fischia 365
sull'alto Egeo ed il flutto raggiunge i lidi,
dove i venti si sono abbattuti, mettono in fuga le

nubi dal cielo:
cosi le schiere cedono a Turno, dovunque tagli la via,
e le linee corrono indietro; l'impeto lo

porta
e l'aria scuote la cresta volante, mossosi contro il cocchio . 370
Fegeo non tollerò lui che incalzava e fremeva

di rabbia,
si oppose al cocchio e deviò per le briglie con la destra
i musi spumeggianti dei cavalli spronati.

Mentre vien trascinato e pende dalla biga, la larga lancia
lo raggiunge scoperto e conficcatasi rompe la corazza 375

intessuta ed assapora con una ferita la superficie del corpo.
Egli però voltatosi ed opposto lo scudo andava
contro

il nemico e sguainato il pugnale cercava aiuto,
quando la ruota lo buttò a capofitto e risucchiato dalla corsa

dell'asse e lo riversa al suolo, Turno raggiuntolo 380
tra l'estremità dell'elmo ed i bordi della sommità della

corazza
mozzò con la spada la testa e lasciò il tronco alla sabbia.

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