Atque ea dum campis victor dat funera Turnus,
interea Aenean Mnestheus et
fidus Achates
Ascaniusque comes castris statuere cruentum 385
alternos longa nitentem cuspide gressus.
saevit et
infracta luctatur harundine telum
eripere auxilioque viam, quae proxima, poscit:
ense secent lato vulnus telique
latebram
rescindant penitus, seseque in bella remittant. 390
iamque aderat Phoebo ante alios dilectus Iapyx
Iasides,
acri quondam cui captus amore
ipse suas artis, sua munera, laetus Apollo
augurium citharamque dabat celerisque
sagittas.
ille, ut depositi proferret fata parentis, 395
scire potestates herbarum usumque medendi
maluit et mutas
agitare inglorius artis.
stabat acerba fremens ingentem nixus in hastam
Aeneas magno iuvenum et maerentis Iuli
concursu, lacrimis immobilis. ille retorto 400
Paeonium in morem senior succinctus amictu
multa manu medica
Phoebique potentibus herbis
nequiquam trepidat, nequiquam spicula dextra
sollicitat prensatque tenaci forcipe ferrum.
nulla viam Fortuna regit, nihil auctor Apollo 405
subvenit, et saevus campis magis ac magis horror
crebrescit
propiusque malum est. iam pulvere caelum
stare vident: subeunt equites et spicula castris
densa cadunt mediis. it
tristis ad aethera clamor
bellantum iuvenum et duro sub Marte cadentum. 410
Hic Venus indigno nati concussa dolore
dictamnum genetrix Cretaea carpit ab Ida,
puberibus caulem foliis et flore comantem
purpureo; non illa feris
incognita capris
gramina, cum tergo volucres haesere sagittae. 415
hoc Venus obscuro faciem circumdata nimbo
detulit, hoc fusum labris splendentibus amnem
inficit occulte medicans, spargitque salubris
ambrosiae sucos et
odoriferam panaceam.
fovit ea vulnus lympha longaevus Iapyx 420
ignorans, subitoque omnis de corpore fugit
quippe
dolor, omnis stetit imo vulnere sanguis.
iamque secuta manum nullo cogente sagitta
excidit, atque novae rediere in
pristina vires.
‘arma citi properate viro. quid statis?’ Iapyx 425
conclamat primusque animos accendit in hostem.
‘non haec humanis opibus, non arte magistra
proveniunt, neque te, Aenea, mea dextera servat:
maior agit deus
atque opera ad maiora remittit.’
ille avidus pugnae suras incluserat auro 430
hinc atque hinc oditque moras hastamque
coruscat.
postquam habilis lateri clipeus loricaque tergo est,
Ascanium fusis circum complectitur armis
summaque
per galeam delibans oscula fatur:
‘disce, puer, virtutem ex me verumque laborem, 435
fortunam ex aliis. nunc te mea
dextera bello
defensum dabit et magna inter praemia ducet.
tu facito, mox cum matura adoleverit aetas,
sis memor et
te animo repetentem exempla tuorum
et pater Aeneas et avunculus excitet Hector.’ 440
Versione tradotta
Ma mentre Turno vincitore sul campo dà quelle morti,
Mneste intanto ed il fedele Acate ed
Ascanio come compagno
collocarono nell'accampamento Enea insanguinato 385
che appoggiava alla lunga lancia i passi uno
dopo l'altro.
E' furioso e tenta, spezzata la canna, di strappare la punta
e chiede la via, quella più vicina, al
rimedio:
taglino con larga spada la ferita ed allarghino in profondità
il covo dell'arma, e lo rimandino alle guerre.
390
Già era vicino amato più degli altri da Febo Iapige
iaside, cui un tempo preso da acuto amore lui stesso
Apollo
lieto dava le sue arti, i suoi doni,
la divinazione, la cetra e le veloci frecce.
Egli, per prolungare i fati del padre
stremato, 395
preferì i poteri delle erbee la capacità di guarire
e svolgere senza gloria le mute arti.
Stava ritto
Enea fremendo acerbamente appoggiato sulla enorme
asta con la grande agitazione dei giovani e dell'afflitto
Iulo,
imperturbabile alle lacrime. Egli anziano, succinto, 400
gettata indietro la vestealla maniera peonia
s'affanna molto
con mano medica e le potenti erbe di Febo
inutilmente, inutilmente smuove con la destra la punta
e cerca
d'afferrareilferro con pinza tenace.
Fortuna per nulla favorisce la via, per niente il maestro Apollo 405
interviene,
e sul campo un brivido terribile cresce sempre più
e la disfatta è più vicina. Ormai vedono il cielo esser immobile
per
la polvere: icavalieri avanzano e fitte frecce cadono in mezzo
all'accampamento. Un triste grido sale all'etere
di
giovani che combattono e cadono sotto il crudele Marte. 410
Allora Venere scossa dall'indegno dolore del figlio
da
madre coglie dall'Ida cretese il dittamo ,
stelo con adolescenti foglie e frondeggiante di fiore
purpureo; quelle erbe
non son sconosciute alle capre
selvagge, quando frecce volanti si son confitte sul dorso. 415
Questo Venere avvolta la
figura in nube nascosta
lo portò, medicando la corrente in splendenti bacili
lo immerge sciolto di nascosto, sparge
salutari
pozioni di ambrosia e profumata panacea.
Quella linfa scaldò la ferita ignorandolo il vecchio 420
Iapige, ed
improvvisamente ogni dolore senz'altro fugge
dal corpo, tutto il sangue s'arrestò nella profondità della
ferita.
Ormai la freccia seguendo la mano senza cosstrizioni
salta fuori e nuove forze ritornarono come prima.
"Veloci
affrettate le armi all'eroe. Perché state fermi?" 425
Iapige grida eperprimo accende gli animi contro il
nemico.
"Queste cose non vengono da poteri umani, non da una arte
maestra, né salvate, Enea, la mia destra:
un dio
maggiore agisce e rimanda ad opere maggiori."
Egli avido di lota aveva chiuso i polpacci nell'oro 430
di qua e di là,
odia le esitazioni e scuote l'asta.
Dopo che il fianco ha lo scudo pronto e le spalle la corazza,
indossate le armi,
abbraccia Ascanio
e cogliendo attraverso l'elmo un tocco di baci, dice:
"Impara, ragazzo, il valore da me ed il vero
impegno, 435
la fortuna dagli altri. Ora la mia destra con la guerra
ti farà difeso e ti condurrà a grandi premi.
Tu
fa sempre, quando poi l'eta crescerà matura,
di esser memore e, ricordando in cuore gli esempi dei tuoi,
ti sproni sia
il padre Enea sia lo zio Ettore. 440
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