Eneide, Libro 12, traduzione vv. 500-553 - Studentville

Eneide, Libro 12, traduzione vv. 500-553

Quis mihi nunc tot acerba deus, quis carmine caedes 500
diversas obitumque ducum, quos

aequore toto
inque vicem nunc Turnus agit, nunc Troius heros,
expediat? tanton placuit concurrere motu,
Iuppiter,

aeterna gentis in pace futuras?
Aeneas Rutulum Sucronem ea prima ruentis 505
pugna loco statuit Teucros haud multa

morantem
excipit in latus et, qua fata celerrima, crudum
transadigit costas et cratis pectoris ensem.
Turnus equo

deiectum Amycum fratremque Dioren,
congressus pedes, hunc venientem cuspide longa, 510
hunc mucrone ferit, curruque

abscisa duorum
suspendit capita et rorantia sanguine portat.
ille Talon Tanaimque neci fortemque Cethegum,
tris uno

congressu, et maestum mittit Oniten,
nomen Echionium matrisque genus Peridiae; 515
hic fratres Lycia missos et Apollinis

agris
et iuvenem exosum nequiquam bella Menoeten,
Arcada, piscosae cui circum flumina Lernae
ars fuerat pauperque

domus nec nota potentum
limina, conductaque pater tellure serebat. 520
ac velut immissi diversis partibus ignes

arentem in silvam et virgulta sonantia lauro,
aut ubi decursu rapido de montibus altis
dant sonitum spumosi amnes

et in aequora currunt
quisque suum populatus iter: non segnius ambo 525
Aeneas Turnusque ruunt per proelia; nunc, nunc

fluctuat ira intus, rumpuntur nescia vinci
pectora, nunc totis in vulnera viribus itur.
Murranum hic, atavos et

avorum antiqua sonantem
nomina per regesque actum genus omne Latinos, 530
praecipitem scopulo atque ingentis turbine

saxi
excutit effunditque solo; hunc lora et iuga subter
provolvere rotae, crebro super ungula pulsu
incita nec

domini memorum proculcat equorum.
ille ruenti Hyllo animisque immane frementi 535
occurrit telumque aurata ad tempora

torquet:
olli per galeam fixo stetit hasta cerebro.
dextera nec tua te, Graium fortissime Cretheu,
eripuit Turno,

nec di texere Cupencum
Aenea veniente sui: dedit obvia ferro 540
pectora, nec misero clipei mora profuit aerei.
te

quoque Laurentes viderunt, Aeole, campi
oppetere et late terram consternere tergo.
occidis, Argivae quem non potuere

phalanges
sternere nec Priami regnorum eversor Achilles; 545
hic tibi mortis erant metae, domus alta sub Ida,

Lyrnesi domus alta, solo Laurente sepulcrum.
totae adeo conversae acies omnesque Latini,
omnes Dardanidae,

Mnestheus acerque Serestus
et Messapus equum domitor et fortis Asilas 550
Tuscorumque phalanx Evandrique Arcades alae,

pro se quisque viri summa nituntur opum vi;
nec mora nec requies, vasto certamine tendunt.

Versione tradotta

Quale dio ora, quale mi racconterà col canto tante crudeltà, 500
le diverse stragi e la morte di capi,

che su tutto il campo
a vicenda ora fa Turno, ora l'eroe Troiano?
Forse piacque che si scontrassero, Giove, con così

grave
sconvolgimento le genti destinate adessere in eterna pace?
Enea colpisce un rutulo ( quel primo scontro 505

fermò sul posto i Teucri irrompenti) Sucrone, che resisteva
non tanto, al fianco, dove i fati son velocissimi, e fa

passare
tra le costole e la gabbia del petto la terribile spada.
Turno Amico sbalzato da cavallo ed il fratello Diore

raggiuntolo,
a piedi lo ferisce, con lunga asta, il primo sopraggiungente, 510
il secondo col pugnale, appende al carro

le teste dei due
mozzate e le porta grondanti di sangue.
Egli ne manda alla morte tre in un solo scontro,
Talo, Tanai

ed il forte Cetego ed il misero Onite,
di nome echionio e di stirpe della madre Paridia; 515
questi (ancora) i fratelli

inviati dalla Licia e dai campi di Apollo
e Manete un giovane che invano odiava le guerre,
arcade, che aveva un lavoro

attorno ai fiumi della pescosa
Lerna ed una povera casa né gli (erano) note le soglie
dei potenti, il coltivava su

terreno affittato. 520
E come i fuochi appiccati da diverse parti
su di una selva arsiccia e virgulti di lauro

crepitanti,
o quando torrenti spumeggianti con rapida corsa dagli alti
monti danno rimbombo e corrono in mare,
ognuno

devastando il suo corso: non più adagio entrambi 525
Enea e Turno calano in duelli; ora, ora
fluttua l'ira dentro, i

petti incapaci d'esser vinti
esplodono, ora con tutte le forze si va alle ferite.
Questi abbatte e rovescia al suolo

Murrano, che vantava
bisavi ed antichi nomi di avi, una stirpe tutta discesa 530
attraverso i re latini, con una roccia e

la forza d'un
masso gigantesco; le ruote lo trascinarono sotto le redini
ed i gioghi, inoltre lo zoccolo violento dei

cavalli memori
neppure del padrone coll'incessante colpo lo calpesta.
Quello s'imbatte in Illo che freme

tremendamente 535
di rabbia e scaglia un dardo sulle tempie dorate:
l'asta gli si bloccò nel cervello trapassato

attraverso l'elmo.
Né la tua destra sottrasse te, Creteo fortissimo trai Grai,
a Turno, né i suoi dei protessero

Cupenco,
arrivando Enea: al ferro offrì in faccia i petti, 540
né al misero giovò il freno dello scudo di bronzo.
Te

pure, Eolo, videro caderele pianure di Laurento
ed attorno coprire con la schiena la terra.
Cadi tu che le falangiargive

non poterono
stendere né Achille distruttore deiregni di Priamo; 545
Qui tu avevi i traguardi della morte, la grande casa

sotto l'Ida,
la grande casa a Limeso, il sepolcro su suolo laurente.
Così tutte si ripresero le schiere e tutti i

Latini,
tutti i Dardanidi, Mnesteo ed il Forte Seresto
Messapo, domator di cavalli ed il forte Asila, 550
la falange

dei teucri e le ale arcadi di Evandro,
ognuno da sé gli eroi conla massima potenza delle forze;
nè indugio né riposo, con

vasto duello si scontrano.

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