Hic mentem Aeneae genetrix pulcherrima misit
iret ut ad muros urbique adverteret agmen 555
ocius et subita turbaret clade Latinos.
ille ut vestigans diversa per agmina Turnum
huc atque huc acies
circumtulit, aspicit urbem
immunem tanti belli atque impune quietam.
continuo pugnae accendit maioris imago: 560
Mnesthea Sergestumque vocat fortemque Serestum
ductores, tumulumque capit quo cetera Teucrum
concurrit legio, nec
scuta aut spicula densi
deponunt. celso medius stans aggere fatur:
‘ne qua meis esto dictis mora, Iuppiter hac stat,
565
neu quis ob inceptum subitum mihi segnior ito.
urbem hodie, causam belli, regna ipsa Latini,
ni frenum accipere
et victi parere fatentur,
eruam et aequa solo fumantia culmina ponam.
scilicet exspectem libeat dum proelia Turno 570
nostra pati rursusque velit concurrere victus?
hoc caput, o cives, haec belli summa nefandi.
ferte faces propere
foedusque reposcite flammis.’
dixerat, atque animis pariter certantibus omnes
dant cuneum densaque ad muros mole
feruntur; 575
scalae improviso subitusque apparuit ignis.
discurrunt alii ad portas primosque trucidant,
ferrum alii
torquent et obumbrant aethera telis.
ipse inter primos dextram sub moenia tendit
Aeneas, magnaque incusat voce Latinum
580
testaturque deos iterum se ad proelia cogi,
bis iam Italos hostis, haec altera foedera rumpi.
exoritur trepidos
inter discordia civis:
urbem alii reserare iubent et pandere portas
Dardanidis ipsumque trahunt in moenia regem; 585
arma ferunt alii et pergunt defendere muros,
inclusas ut cum latebroso in pumice pastor
vestigavit apes fumoque
implevit amaro;
illae intus trepidae rerum per cerea castra
discurrunt magnisque acuunt stridoribus iras; 590
volvitur ater odor tectis, tum murmure caeco
intus saxa sonant, vacuas it fumus ad auras.
Versione tradotta
Allorala bellissima madre di Enea inviò un'idea
ad Enea
che andasse alle mura e volgesse subito l'esercito alla città 555
e sconvolgesse i Latini con strage
improvvisa.
Egli quando ricercando Turno tra le sparse file
qua e là portò lo sguardo, vede la città
immune da così
grave guerra e impunemente quieta.
Subito l'immagine d'una battaglia maggiore l'accende: 560
chiama i capi
Mnesteo, Sergesto ed il forte
Seresto,occupa l'altura dove accorre la legione
dei Teucri, né serrati depongono scudi
o
frecce.Stando in mezzo sull'elevata altura parla:
"Non ci sia alcun ritardo ai miei ordini, Giove sta qui, 565
e
nessuno mi vada più lento a causa dell'azione improvvisa.
La città oggi, causa di guerra, gli stessi regni di
Latino,
se non dichiarano di accettare il freno ed obbedire da vinti,
l'abbatterò e renderò le cime fumanti parial
suolo.
Dovrei proprio aspettare fin che piaccia a Turno 570
affrontare inostri duelli e voglia affrontarli, da vinto?
Questo il punto, o concittadini, questa la somma d'una guerra nefanda.
Portate torce velocemente e richiedete il
patto con le fiamme."
Aveva detto, e tutti insieme con cuori combattenti
formano un cuneo e siportano alle mura in
serrata unità; 575
subito le scale ed improvviso apparve il fuoco.
Alcuni corrono alle porte e trucidano i
primi,
altri lanciano ferro edoscurano il cielo di armi.
Lui, Enea, tra i primi tende la destra sotto le mura,
a gran
voce accusa Latino e chiama a testimoni 580
gli dei d'esser costretto di nuovo agli scontri,
che due volte gli Itali
(sono) nemici, questi secondi patti son rotti.
Nasce discordia tra i cittadini impauriti:
alcuni cordinano di aprire la
città e spalancare le porte
ai Dardanidi e trascinano subastioni lo stesso re; 585
altri portano armi e s'affrettano a
difendere le mura,
come quando il pastore ha scovato le api nascoste
nel tufo pieno di buchi ed ha riempito di afumo
amaro;
esse dentro impaurite dal fatto attraveso l'accampamento di cera
corrono ed aumentano le ire con grandi
ronzii; 590
il nero odore si avvolge nei tetti, allora dentro le pietre
risuonano di mormorio cieco, il fumo va
all'aria vuota
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