dixit, et e curru saltum dedit ocius arvis
perque hostis, per tela ruit maestamque sororem
deserit ac rapido cursu
media agmina rumpit.
ac veluti montis saxum de vertice praeceps
cum ruit avulsum vento, seu turbidus imber 685
proluit aut annis solvit sublapsa vetustas;
fertur in abruptum magno mons improbus actu
exsultatque solo, silvas
armenta virosque
involvens secum: disiecta per agmina Turnus
sic urbis ruit ad muros, ubi plurima fuso 690
sanguine
terra madet striduntque hastilibus aurae,
significatque manu et magno simul incipit ore:
‘parcite iam, Rutuli, et
vos tela inhibete, Latini.
quaecumque est fortuna, mea est; me verius unum
pro vobis foedus luere et decernere
ferro.’ 695
discessere omnes medii spatiumque dedere.
At pater Aeneas audito nomine Turni
deserit et muros et
summas deserit arces
praecipitatque moras omnis, opera omnia rumpit
laetitia exsultans horrendumque intonat armis: 700
quantus Athos aut quantus Eryx aut ipse coruscis
cum fremit ilicibus quantus gaudetque nivali
vertice se attollens
pater Appenninus ad auras.
iam vero et Rutuli certatim et Troes et omnes
convertere oculos Itali, quique alta tenebant
705
moenia quique imos pulsabant ariete muros,
armaque deposuere umeris. stupet ipse Latinus
ingentis, genitos
diversis partibus orbis,
inter se coiisse viros et cernere ferro.
atque illi, ut vacuo patuerunt aequore campi, 710
procursu rapido coniectis eminus hastis
invadunt Martem clipeis atque aere sonoro.
dat gemitum tellus; tum crebros
ensibus ictus
congeminant, fors et virtus miscetur in unum.
ac velut ingenti Sila summove Taburno 715
cum duo
conversis inimica in proelia tauri
frontibus incurrunt, pavidi cessere magistri,
stat pecus omne metu mutum, mussantque
iuvencae
quis nemori imperitet, quem tota armenta sequantur;
illi inter sese multa vi vulnera miscent 720
cornuaque
obnixi infigunt et sanguine largo
colla armosque lavant, gemitu nemus omne remugit:
non aliter Tros Aeneas et Daunius
heros
concurrunt clipeis, ingens fragor aethera complet.
Iuppiter ipse duas aequato examine lances 725
sustinet et
fata imponit diversa duorum,
quem damnet labor et quo vergat pondere letum.
Versione tradotta
Disse, e dal carro fece un salto sui campi velocemente
e tra i nemici, tra le armi corre elascia la mesta sorella
e con
rapida corsa spezza in mezzo le schiere.
E come quando un masso dal vertice di un monte 685
piomba a precipizio strappato
dal vento, o torbida pioggia
lo trascina o il tempo insinuatosi negli anni;
il monte si getta a precipizio terribile con
grande spinta
e susulta sul suolo, travolgendo selve armenti ed uomini
con sé: così tra le file spezzate Turno precipita
verso
le mura della città, dove abbondantissima la terra 690
s'imbeve di sangue sparso e l'aria stride di
aste,
fa segno con la mano ed isieme comincia a gran voce:
"Smettere ormai, Rutuli, e voi bloccate le armi,
Latini.
Qualunque sia la fortuna, è mia: è più giusto che io da solo
per voi paghi il patto e combatta col ferro." 695
Tutti si tolsero di mezzo e diedero spazio.
Ma subito il padre Enea, udito il nome di Turno,
lascia anche le mura, e
lascia le sommità delle rocche
tronca tutti gli indugi, rompe tutte le iniziative
esultando di letizia ed orribilmente
tuonando con le armi: 700
quanto grande l'Athos o quanto l'Erice o quanto lo stesso
padre Appannino quando freme
con gli elci scintillanti e gioisce
per la cima nevosa alzandosi all'aria.
Ma ormai i Tutuli a gara edi Troiani e
tutti gli Itali
volsero gli occhi, e quelli che tenevano le alte mura 705
e quelli che con l'ariete battevano alla
base delle mura,
posarono le armi dalle spalle. Lo stesso Latino stupisce
che giganteschi eroi, nati in diverse parti
del mondo,
si scontrassero tra loro e combattessero col ferro.
Ma quelli, come le piane si aprirono nella distesa
libera, 710
con una rapida rincorsa scagliate da lontano le aste,
affrontano Martecon scudi e bronzo sonoro.
Laterra
dà u gemito; allora moltiplicano conle spade
fitti colpi, sorte e valore si mesce in una sola cosa.
E come quando sulla
gigantesca Sila o sulla sommità 715
del Taburno due tori si scontrano con fronti avverse
oer ostili duelli, impauriti si
son fermati i pastori,
tutto il gregge sta muto per la paura, e le giovenche son incerte
chi comandi nel bosco, chi
seguiranno tutti gli armenti;
essi tra loro vibrano ferite con molta forza 720
puntandosi conficcano le corna e lavano
con sangue
abbondante i colli e le membra, e di gemito tutto il bosco riecheggia:
non diversamente il triano Enea ed il
Daunio eroe
si scontran con gli scudi, enorme frastuono riempiel'etere.
Lo stesso Giove equilibrato l'ago sostiene
le due 725
bilance ed vi pone i diversi fati dei due,
chi l'impresa condanni e dove lamorte si volga col peso.
- Letteratura Latina
- Libro 12
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