Eneide, Libro 12, traduzione vv. 842-886 - Studentville

Eneide, Libro 12, traduzione vv. 842-886

His actis aliud genitor secum ipse volutat
Iuturnamque parat fratris dimittere ab armis.
dicuntur

geminae pestes cognomine Dirae, 845
quas et Tartaream Nox intempesta Megaeram
uno eodemque tulit partu, paribusque

revinxit
serpentum spiris ventosasque addidit alas.
hae Iovis ad solium saevique in limine regis
apparent acuuntque

metum mortalibus aegris, 850
si quando letum horrificum morbosque deum rex
molitur, meritas aut bello territat urbes.

harum unam celerem demisit ab aethere summo
Iuppiter inque omen Iuturnae occurrere iussit:
illa volat celerique ad

terram turbine fertur. 855
non secus ac nervo per nubem impulsa sagitta,
armatam saevi Parthus quam felle veneni,

Parthus sive Cydon, telum immedicabile, torsit,
stridens et celeris incognita transilit umbras:
talis se sata Nocte

tulit terrasque petivit. 860
postquam acies videt Iliacas atque agmina Turni,
alitis in parvae subitam collecta figuram,

quae quondam in bustis aut culminibus desertis spond
nocte sedens serum canit importuna per umbras,
hanc versa in

faciem Turni se pestis ob ora 865
fertque refertque sonans clipeumque everberat alis.
illi membra novus solvit formidine

torpor,
arrectaeque horrore comae et vox faucibus haesit.
At procul ut Dirae stridorem agnovit et alas,
infelix

crinis scindit Iuturna solutos 870
unguibus ora soror foedans et pectora pugnis:
‘quid nunc te tua, Turne, potest

germana iuvare?
aut quid iam durae superat mihi? qua tibi lucem
arte morer? talin possum me opponere monstro?
iam

iam linquo acies. ne me terrete timentem, 875
obscenae volucres: alarum verbera nosco
letalemque sonum, nec fallunt

iussa superba
magnanimi Iovis. haec pro virginitate reponit?
quo vitam dedit aeternam? cur mortis adempta est

condicio? possem tantos finire dolores 880
nunc certe, et misero fratri comes ire per umbras.
immortalis ego? aut

quicquam mihi dulce meorum
te sine, frater, erit? o quae satis ima dehiscat
terra mihi, Manisque deam demittat ad

imos?’
tantum effata caput glauco contexit amictu 885
multa gemens et se fluvio dea condidit alto.

Versione tradotta

Fatte queste cose lo stesso genitore medita altro tra sè
e procura di allontanare Giuturna dalle armi del

fratello.
Si dicono Dire di nome, le pesti gemelle, 845
che la Notte fonda diede con uno stesso unico parto
insieme

allaTartarea Megera, le legò di uguali spire
di serpenti ed aggiunse ali ventose.
Queste appaiono sulla soglia al trono

di Giove, re
inesorabile, ed accrescono la paura ai miseri mortali, 850
se a volte il re degli dei organizza la

spaventosa morte
e le malattie, o terrorizza le città meritevoli di guerra.
Giove inviò una di queste, veloce, dalla

sommità
dell'etere ed ordinò si imbattesse in Giuturna in presagio:
ella vola e si porta sulla terra con celere

vortice. 855
Non diversamente una freccia scagliata dal nervo,
che il Parto ha lanciato armata del fiele di crudele

veleno,
il Parto o il Cidone, arma irrimediabile,
stridendo oltrepassa le celeri ombre, sconosciuta:
così la nata

dalla Notte si recò e si diresse sulle terre. 860
Dopo che vede le schiere iliache e le file di Turno,
raccoltasi

nell'improvviso aspetto di piccolo alato,
che a volte su tombe e su tetti deserti
tardi, di notte appollaiato nelle

ombre canta lugubre,
trasformatosi in tale aspetto la peste si porta e riporta 865
sul volto di Turno stridendo e

percuote lo scudo con le ali.
Uno strano torpore gli snerva di paura le membra,
le chiome drizzate di fremito e la voce

s'attaccò alla gola.
Ma come da lontano riconobbe lo stridore e le ali della Dira,
la misera Giuturna si strappa i

capelli sciolti 870
con le unghie, da sorella, rovinando il volto ed il petto con pugni:
" In cosa adesso, Turno, tua

sorella ti può aiutare?
O cosa ormai resta a me (pur) tenace? Con quale astuzia
bloccarti la luce? Forse mi posso

opporre atele mostro?
Ormai proprio lascio le schiere. Non atterrite me che temo, 875
uccelli funesti: conosco i battiti

delle ali
il suono letale, non m'ingannano i superbi ordini
del magnanimo Giove. Queste cose in cambio della verginità

regala?
A che diede una vita eterna? Perché è stata tolta la condizione
della morte? Avrei potuto finirecosì grandi

adesso dolori 880
certamente e andare tra le ombre come compagna al misero fratello.
Immortale io? O qualcosa delle mie

(cose) mi saràdolce,
fratello, senza di te? O quale terra abbastanza profonda per me
s'aprirebbe, e caccerebbe una dea

tra i Mani profondi?"
Appena sfogatasi coprì il capo col glauco mantello 885
molto gemendo e la dea si nascose nel fiume

profondo.

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