Deferuntur dehinc consensisse Pallas ac Burrus,
ut Cornelius Sulla claritudine generis et adfinitate Claudii, cui per nuptias Antoniae gener erat, ad imperium vocaretur. eius
accusationis auctor extitit Paetus quidam, exercendis apud aerarium sectionibus famosus et tum vanitatis manifestus. nec tam
grata Pallantis innocentia quam gravis superbia fuit: quippe nominatis libertis eius, quos conscios haberet, respondit nihil
umquam se domi nisi nutu aut manu significasse, vel, si plura demonstranda essent, scripto usum, ne vocem consociaret. Burrus
quamvis reus inter iudices sententiam dixit. exiliumque accusatori inrogatum et tabulae exustae sunt, quibus oblitterata
aerarii nomina retrahebat.
Versione tradotta
Vengono in seguito
denunciati Pallante e Burro per aver congiurato, perché Cornelio Silla, per la nobiltà della stirpe e la parentela con Claudio,
che aveva come genero a causa delle nozze con Antonia, fosse elevato al trono imperiale. Egli si presentò come autore di quella
causa con tal impeto, famigerato per il suo traffico di confische erariali e in quell'occasione reo convinto di menzogna. Né
tanto gradita (a Nerone) fu l'innocenza di Pallante quanto insopportabile la sua superbia: dopo che fu fatto il nome dei
liberti che egli avrebbe avuto per complici, rispose che in casa sua non aveva mai dato alcun ordine se non con un cenno del
capo o della mano, o, se era necessario spiegarsi più diffusamente, aveva fatto ricorso allo scritto per non rivolgere loro la
parola. Burro, sebbene imputato, votò fra i giudici. Fu inflitto all'accusatore l'esilio e furono bruciati i registri coi
quali riaccendeva i crediti dell'erario ormai caduti in prescrizione.
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