Epistulae Morales ad Lucilium, Libro 16, Lettera 96 - Studentville

Epistulae Morales ad Lucilium, Libro 16, Lettera 96

[1] Tamen tu indignaris aliquid aut quereris et non intellegis

nihil esse in istis mali nisi hoc unum quod indignaris et quereris? Si me interrogas, nihil puto viro miserum nisi aliquid esse

in rerum natura quod putet miserum. Non feram me quo die aliquid ferre non potero. Male valeo: pars fati est. Familia decubuit,

fenus offendit, domus crepuit, damna, vulnera, labores, metus incucurrerunt: solet fieri. Hoc parum est: debuit fieri. [2]

Decernuntur ista, non accidunt. Si quid credis mihi, intimos adfectus meos tibi cum maxime detego: in omnibus quae adversa

videntur et dura sic formatus sum: non pareo deo sed adsentior; ex animo illum, non quia necesse est, sequor. Nihil umquam mihi

incidet quod tristis excipiam, quod malo vultu; nullum tributum invitus conferam. Omnia autem ad quae gemimus, quae

expavescimus, tributa vitae sunt: horum, mi Lucili, nec speraveris immunitatem nec petieris. [3] Vesicae te dolor inquietavit,

epistulae venerunt parum dulces, detrimenta continua — propius accedam, de capite timuisti. Quid, tu nesciebas haec te optare

cum optares senectutem? Omnia ista in longa vita sunt, quomodo in longa via et pulvis et lutum et pluvia. [4] ‘Sed volebam

vivere, carere tamen incommodis omnibus.’ Tam effeminata vox virum dedecet. Videris quemadmodum hoc votum meum excipias; ego

illud magno animo, non tantum bono facio: neque di neque deae faciant ut te fortuna in delicis habeat. [5] Ipse te interroga,

si quis potestatem tibi deus faciat, utrum velis vivere in macello an in castris. Atqui vivere, Lucili, militare est. Itaque hi

qui iactantur et per operosa atque ardua sursum ac deorsum eunt et expeditiones periculosissimas obeunt fortes viri sunt

primoresque castrorum; isti quos putida quies aliis laborantibus molliter habet turturillae sunt, tuti contumeliae causa. Vale.

Versione tradotta

1 Tu ti sdegni e ti lamenti per qualche contrarietà e non capisci che in esse non c'è niente di male, se non

il tuo sdegno e i tuoi lamenti? Vuoi il mio parere? Secondo me la sola infelicità per l'uomo è ritenere che nella natura ci

siano elementi d'infelicità. Non sopporterò più me stesso il giorno in cui non sarò in grado di sopportare qualche

disgrazia. Sto male: fa parte del destino. La servitù è malata, i debiti mi opprimono, la casa scricchiola, disgrazie, danni,

pene, paure mi sono piombati addosso: sono cose che càpitano. O meglio: dovevano capitare. Non sono avvenimenti casuali: sono

decretati. 2 Vuoi credermi? Ora ti svelerò i miei intimi sentimenti: in tutte le situazioni che appaiono avverse e critiche,

mi comporto così: non obbedisco a dio, sono d'accordo con lui: lo seguo spontaneamente e non perché è necessario. Qualunque

cosa accada non l'accoglierò mostrandomi triste o con volto accigliato: non pagherò nessun tributo controvoglia. Tutto ciò

che ci fa piangere o ci atterrisce è un tributo che va pagato alla vita: non sperare, Lucilio mio, l'immunità, non chiederla

nemmeno. 3 Soffri di dolori alla vescica, sono arrivate lettere poco piacevoli, hai subìto danni continui, - dirò di più - hai

temuto per la vita. Come? Non sapevi che augurandoti la vecchiaia, ti auguravi questo? Sono tutte disgrazie in cui ci si

imbatte in una vita lunga, come in un lungo viaggio ti imbatti nella polvere, nel fango, nella pioggia. 4 "Ma io volevo

vivere, e non avere, però tutti questi fastidi." Parole così effeminate sono indegne di un uomo. Vedrai tu come accogliere

questo mio augurio; te lo faccio di cuore e con animo generoso: dèi e dee non ti permettano di essere nelle grazie della

fortuna! 5 Chieditelo: se un dio ti desse facoltà di scelta, vorresti vivere in un mercato o in un accampamento? Ma, caro

Lucilio, vivere è fare il soldato. Perciò coloro che sono sbattuti qua e là, e costretti a percorrere per dritto e per traverso

strade faticose e difficili e affrontano spedizioni piene di rischi, sono uomini valorosi, i primi tra i soldati; quanti,

invece, si lasciano languidamente andare a un ozio nauseante, mentre gli altri si affannano, sono delle colombelle, e si

garantiscono la sicurezza con il disonore. Stammi bene.

  • Letteratura Latina
  • Epistulae Morales ad Lucilium di Seneca
  • Seneca

Ti potrebbe interessare

Link copiato negli appunti