Horum adventu tanta rerum commutatio est facta, ut nostri, etiam qui vulneribus confecti procubuissent, scutis innixi proelium redintegrarent, calones perterritos hostes conspicati etiam inermes armatis occurrerent, equites vero, ut turpitudinem fugae virtute delerent, omnibus in locis pugnantes studio se legionariis militibus praeferrent. At hostes etiam in extrema spe salutis tantam virtutem praestiterunt, ut cum primi eorum cecidissent, proximi iacentibus insisterent atque ex eorum corporibus pugnarent, his deiectis et coacervatis cadaveribus, qui superessent ut ex tumulo tela in nostros conicerent pilaque intercepta remitterent: ut non nequiquam tantae virtutis homines iudicari deberet ausos esse transire latissimum flumen, ascendere altissimas ripas, subire iniquissimum locum; quae facilia ex difficillimis animi magnitudo redegerat.
Versione tradotta
Con l’arrivo di costoro avvenne un così grande cambiamento delle cose, che i nostri, anche quelli che erano caduti colpiti da ferite, appoggiandosi agli scudi riprendevano il combattimento, i portatori avendo visto i nemici terrorizzati anche inermi correvano contro agli armati, i cavalieri poi, per cancellare la vergogna della fuga, in tutti i luoghi combattendo con ardore si spingevano oltre i soldati legionari. Ma i nemici anche alla fine della speranza di salvezza mostrarono un così grande eroismo che, quando cadevano i primi di loro, i vicini salivano sui caduti e dai loro corpi combattevano, caduti questi ed ammucchiati i cadaveri, quelli che sopravvivevano dal cumulo scagliavano armi contro i nostri ed i giavellotti intercettati li rimandavano: a tal punto che non si riusciva a pensare assolutamente che uomini di così grande eroismo avessero osato passare un fiume larghissimo, scalare altissime rive, affrontare una postazione molto sfavorevole; queste cose la grandezza d’animo le aveva rese facili da difficilissime (quali erano).
- De Bello Gallico
- Libro 2
- Cesare
- De Bello Gallico