Cum ab his quaereret, quae civitates quantaeque in armis essent et quid in bello possent, sic reperiebat: plerosque Belgas esse ortos a Germanis Rhenumque antiquitus traductos propter loci fertilitatem ibi consedisse Gallosque, qui ea loca incolerent, expulisse solosque esse qui patrum nostrorum memoria omni Gallia vexata Teutonos Cimbrosque intra suos fines ingredi prohibuerint; qua ex re fieri uti earum rerum memoria magnam sibi auctoritatem magnosque spiritus in re militari sumerent. De numero eorum omnia se habere explorata Remi dicebant, propterea quod propinquitatibus affinitatibusque coniuncti, quantam quisque multitudinem in communi Belgarum concilio ad id bellum pollicitus sit cognoverint. Plurimum inter eos Bellovacos et virtute et auctoritate et hominum numero valere: hos posse conficere armata milia centum, pollicitos ex eo numero electa milia sexaginta totiusque belli imperium sibi postulare. Suessiones suos esse finitimos; fines latissimos feracissimosque agros possidere. Apud eos fuisse regem nostra etiam memoria Diviciacum, totius Galliae potentissimum, qui cum magnae partis harum regionum, tum etiam Britanniae imperium obtinuerit; nunc esse regem Galbam; ad hunc propter iustitiam prudentiamque summam totius belli omnium voluntate deferri; oppida habere numero xii, polliceri milia armata quinquaginta; totidem Nervios, qui maxime feri inter ipsos habeantur longissimeque absint; quindecim milia Atrebates, Ambianos decem milia, Morinos xxv milia, Menapios viiii milia, Caletos x milia, Veliocasses et Viromanduos totidem, Atuatucos decem et novem milia; Condrusos, Eburones, Caerosos, Caemanos, qui uno nomine Germani appellantur, arbitrari ad xl milia
Versione tradotta
Chiedendo loro, quali città e quanto grandi fossero in armi e cosa potessero in guerra, così scopriva: che parecchi Belgi erano nati dai Germani e passati il Reno anticamente per la prosperità del luogo lì si erano insediati ed i Galli che abitavano quei luoghi, li avevan cacciati ed eran stati i soli che al tempo dei nostri antenati, quando la Gallia era stata oppressa, avevano impedito ai Cimbri ed ai Teutoni di entrare nei loro territori; che per tale motivo accadeva col ricordo di quelle imprese avevano assunto un grande prestigio e grandi animosità in materia militare. Circa il loro numero, i Remi dicevano di aver tutto indagato, per il fatto che uniti da parentele e affinità sapevano quanta moltitudine ciascuno aveva promesso per quella guerra nella comune riunione dei Belgi. Che tra loro erano potenti moltissimo i Bellovaci per coraggio, prestigio, numero di uomini: questi possono realizzare cento mila armati, e promessi sessanta mila scelti tra quel numero chiedevano per sé il comando di tutta la guerra. I sucessoni erano loro confinanti; possedevano campi vastissimo e fertilissimi. (Che) anche all’epoca nostra presso di loro è stato re Diviziaco, il più potente di tutta la Gallia, che da una parte aveva tenuto il potere di gran parte di queste regioni e dall’altra anche della Britannia; ora era re Galba;
a costui per la giustizia e la somma saggezza era stato affidato la guida di tutta la guerra per volontà di tutti; avevano città nel numero di dodici, garantiva cinquantamila armati; altrettanto i Nervi, che sono considerati ferocissimi tra loro e stanno lontanissimo; quindici mila gli Atrebati, gli Ambiani dieci mila, i Morini 25 mila, i Menapi 9 mila, i Caleti 10 mila, i Veliocassi ed i Viromandui altrettanti, gli Atuatuci diciannove mila; i Condrusi, gli Eburoni, i Cerusi, i Cemani, che con un solo nome si chiamano Germani, eran considerati circa 40 mila.
- De Bello Gallico
- Libro 2
- Cesare
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