Paragrafo 26
Testis est
Phalaris cuius est praeter ceteros nobilitata crudelitas qui non ex insidiis interiit ut is quem modo dixi Alexander non a
paucis ut hic noster sed in quem universa Agrigentinorum multitudo impetum fecit. Quid? Macedones nonne Demetrium reliquerunt
universique se ad Pyrrhum contulerunt? Quid? Lacedaemonios iniuste imperantes nonne repente omnes fere socii deseruerunt
spectatoresque se otiosos praebuerunt Leuctricae calamitatis? Externa libentius in tali re quam domestica recordor. Verum tamen
quam diu imperium populi Romani beneficiis tenebatur non iniuriis bella aut pro sociis aut de imperio gerebantur exitus erant
bellorum aut mites aut necessarii regum populorum nationum portus erat et refugium senatus nostri autem magistratus
imperatoresque ex hac una re maximam laudem capere studebant si provincias si socios aequitate et fide
defendissent.
Paragrafo 27
Itaque illud patrocinium orbis terrae verius quam imperium
poterat nominari. Sensim hanc consuetudinem et disciplinam iam antea minuebamus post vero Sullae victoriam penitus amisimus;
desitum est enim videri quicquam in socios iniquum cum exstitisset in cives tanta crudelitas. Ergo in illo secuta est honestam
causam non honesta victoria. Est enim ausus dicere hasta posita cum bona in foro venderet et bonorum virorum et locupletium et
certe civium praedam se suam vendere. Secutus est qui in causa impia victoria etiam foediore non singulorum civium bona
publicaret sed universas provincias regionesque uno calamitatis iure comprehenderet.
Paragrafo
28
Itaque vexatis ac perditis exteris nationibus ad exemplum amissi imperii portari in triumpho Massiliam vidimus et
ex ea urbe triumphari sine qua numquam nostri imperatores ex transalpinis bellis triumpharunt. Multa praeterea commemorarem
nefaria in socios si hoc uno quicquam sol vidisset indignius. Iure igitur plectimur. Nisi enim multorum impunita scelera
tulissemus numquam ad unum tanta pervenisset licentia a quo quidem rei familiaris ad paucos cupiditatum ad multos improbos
venit hereditas.
Paragrafo 29
Nec vero umquam bellorum civilium semen et causa deerit
dum homines perditi hastam illam cruentam et meminerint et sperabunt quam P. Sulla cum vibrasset dictatore propinquo suo idem
sexto tricensimo anno post a sceleratiore hasta non recessit alter autem qui in illa dictatura scriba fuerat in hac fuit
quaestor urbanus. Ex quo debet intellegi talibus praemiis propositis numquam defutura bella civilia. Itaque parietes modo urbis
stant et manent iique ipsi iam extrema scelera metuentes rem vero publicam penitus amisimus. Atque in has clades incidimus
(redeundum est enim ad propositum) dum metui quam cari esse et diligi malumus. Quae si populo Romano iniuste imperanti accidere
potuerunt quid debent putare singuli? Quod cum perspicuum sit benivolentiae vim esse magnam metus imbecillam sequitur ut
disseramus quibus rebus facillime possimus eam quam volumus adipisci cum honore et fide
caritatem.
Paragrafo 30
Sed ea non pariter omnes egemus; nam ad cuiusque vitam
institutam accommodandum est a multisne opus sit an satis sit a paucis diligi. Certum igitur hoc sit idque et primum et maxime
necessarium familiaritates habere fidas amantium nos amicorum. haec enim est una res prorsus ut non multum differat inter
summos et mediocres viros eaque utrisque est propemodum comparanda.
Versione tradotta
Ne è testimone Falaride, la cui crudeltà è rimasta famosa sopra tutti; costui non morì a
causa di un agguato - come l'Alessandro che ho or ora ricordato - non per mano di pochi - come quel nostro tiranno; ma tutta
la popolazione di Agrígento si sollevò contro di lui. E che? I Macedoni non abbandonarono Demetrio e passarono tutti insieme
dalla parte di Pirro? E che? Forse che gli alleati non si distaccarono subito dagli Spartani, che comandavano con maniere
ingiuste, e se ne stettero oziosi spettatori della disfatta di Leuttra?
In un tale argomento ricordo più volentieri gli
esempi stranieri che i nostri. Tuttavia per tutto il tempo che l'impero romano si resse sui benefici e non sulle offese, si
conducevano le guerre o in difesa degli alleati o per lo Stato, e il loro esito era o mite o necessario; il senato era il porto
e il rifugio dei re, dei popoli e delle nazioni, e i nostri magistrati e generali si sforzavano di ottenere la maggior gloria
da questo solo, se avessero difeso le pro vince e gli alleati con giustizia e lealtà.
Perciò quello si poteva chiamare con maggiore verità patrocinio del
mondo che impero. A poco a poco già da tempo avevamo attenuato questa consuetudine e questa condotta, ma dopo la vittoria di
Silla essa scomparve del tutto. Cessò, infatti, di apparire ingiusto ogni danno contro gli alleati, dopo che erano state
commesse crudeltà tanto grandi verso i cittadini. Nel caso di Silla, dunque, una vittoria poco onesta tenne dietro ad una causa
onesta. Infatti egli osò dire, vendendo - dopo aver piantato l'asta - nel foro i beni di onesti cittadini, ricchi e, pur
sempre, cittadini, che egli vendeva il suo bottino. Gli tenne dietro uno che, per un'empia causa, con una vittoria ancor più
turpe, non solo vendeva i beni dei singoli cittadini, ma comprendeva sotto un unico diritto di sciagura tutte le provincie e le
regioni.
Perciò quello si poteva chiamare con maggiore verità patrocinio
del mondo che impero. A poco a poco già da tempo avevamo attenuato questa consuetudine e questa condotta, ma dopo la vittoria
di Silla essa scomparve del tutto. Cessò, infatti, di apparire ingiusto ogni danno contro gli alleati, dopo che erano state
commesse crudeltà tanto grandi verso i cittadini. Nel caso di Silla, dunque, una vittoria poco onesta tenne dietro ad una causa
onesta. Infatti egli osò dire, vendendo - dopo aver piantato l'asta - nel foro i beni di onesti cittadini, ricchi e, pur
sempre, cittadini, che egli vendeva il suo bottino. Gli tenne dietro uno che, per un'empia causa, con una vittoria ancor più
turpe, non solo vendeva i beni dei singoli cittadini, ma comprendeva sotto un unico diritto di sciagura tutte le provincie e le
regioni.
Non mancheranno mai il germe e il motivo delle guerre civili.
finché gli uomini perversi ricorderanno quell'asta sanguinosa e spereranno in essa. L'aveva vibrata Publio Silla mentre era
dittatore un suo parente, e dopo trentasei anni non si ritrasse da un'asta ancor più scellerata. Quell'altro Silla, che in
quella prima dittatura era stato scrivano, in questa fu questore urbano. Da ciò si può comprendere che le guerre civili non
mancheranno mai, allorché si propongono tali premi. Perciò solamente le mura della città rimangono in piedi e perdurano, ed
esse pure, ormai, col timore di estremi crimini, ma la repubblica l'abbiamo interamente perduta.
E se tali mali poterono
accadere al popolo romano per un ingiusto esercizio del potere, che cosa devono aspettarsi i singoli cittadini? Pur essendo
evidente che la forza della benevolenza sia grande, quella della paura debole, resta da trattare con quali mezzi possiamo
conseguire nel modo più facile quell'affetto che noi vogliamo, insieme con l'onore e la lealtà.
Non tutti ne abbiamo ugualmente bisogno: deve essere proporzionato
al modo in cui ciascuno regola la propria vita, se gli sia necessario l'esser amato da molti o da pochi. Si tenga ben fermo
questo suggerimento, che è il primo ed il più importante, e cioè di avere la familiarità e la fedeltà degli amici che ci amano
e ci ammirano. Questo è sicuramente il solo aspetto in cui non ci sia molta differenza tra gli uomini grandi e quelli mediocri:
ambedue se lo devono procurare nella stessa misura.
- Letteratura Latina
- De Officiis di Cicerone
- Cicerone