Paragrafo 31
Honore et gloria et benivolentia civium fortasse non
aeque omnes egent sed tamen si cui haec suppetunt adiuvant aliquantum cum ad cetera tum ad amicitias comparandas. Sed de
amicitia alio libro dictum est qui inscribitur Laelius; nunc dicamus de gloria quamquam ea quoque de re duo sunt nostri libri
sed attingamus quandoquidem ea in rebus maioribus administrandis adiuvat plurimum. Summa igitur et perfecta gloria constat ex
tribus his: si diligit multitudo si fidem habet si cum admiratione quadam honore dignos putat. Haec autem si est simpliciter
breviterque dicendum quibus rebus pariuntur a singulis eisdem fere a multitudine. Sed est alius quoque quidam aditus ad
multitudinem ut in universorum animos tamquam influere possimus.
Paragrafo 32
Ac
primum de illis tribus quae ante dixi benevolentiae praecepta videamus; quae quidem capitur beneficiis maxime secundo autem
loco voluntate benefica benivolentia movetur etiamsi res forte non suppetit; vehementer autem amor multitudinis commovetur ipsa
fama et opinione liberalitatis beneficentiae iustitiae fidei omniumque earum virtutum quae pertinent ad mansuetudinem morum ac
facilitatem. Etenim illud ipsum quod honestum decorumque dicimus quia per se nobis placet animosque omnium natura et specie sua
commovet maximeque quasi perlucet ex iis quas commemoravi virtutibus idcirco illos in quibus eas virtutes esse remur a natura
ipsa diligere cogimur. Atque hae quidem causae diligendi gravissimae; possunt enim praeterea nonnullae esse
leviores.
Paragrafo 33
Fides autem ut habeatur duabus rebus effici potest si
existimabimur adepti coniunctam cum iustitia prudentiam. Nam et iis fidem habemus quos plus intellegere quam nos arbitramur
quosque et futura prospicere credimus et cum res agatur in discrimenque ventum sit expedire rem et consilium ex tempore capere
posse; hanc enim utilem homines existimant veramque prudentiam. Iustis autem et fidis hominibus id est bonis viris ita fides
habetur ut nulla sit in iis fraudis iniuriaeque suspicio. Itaque his salutem nostram his fortunas his liberos rectissime
committi arbitramur.
Paragrafo 34
Harum igitur duarum ad fidem faciendam iustitia plus
pollet quippe cum ea sine prudentia satis habeat auctoritatis; prudentia sine iustitia nihil valet ad faciendam fidem. Quo enim
quis versutior et callidior hoc invisior et suspectior detracta opinione probitatis. Quam ob rem intellegentiae iustitia
coniuncta quantum volet habebit ad faciendam fidem virium iustitia sine prudentia multum poterit sine iustitia nihil valebit
prudentia.
Paragrafo 35
Sed ne quis sit admiratus cur cum inter omnes philosophos
constet a meque ipso saepe disputatum sit qui unam haberet omnes habere virtutes nunc ita seiungam quasi possit quisquam qui
non idem prudens sit iustus esse alia est illa cum veritas ipsa limatur in disputatione subtilitas alia cum ad opinionem
communem omnis accommodatur oratio. Quam ob rem ut vulgus ita nos hoc loco loquimur ut alios fortes alios viros bonos alios
prudentes esse dicamus. Popularibus enim verbis est agendum et usitatis cum loquimur de opinione populari idque eodem modo
fecit Panaetius. Sed ad propositum revertamur.
Versione tradotta
Non tutti,
forse, hanno bisogno allo stesso modo dell'onore, della gloria e della benevolenza dei cittadini, ma tuttavia, se qualcuno è
prov visto di queste qualità, esse l'aiutano sensibilmente a procurarsi, oltre a tutto il resto, le amicizie.
Dell'amicizia si è parlato in un altro libro [che si intitola 'Lelio']; ora parliamo della gloria, sebbene anche su
questo argomento ci siano due miei libri, ma ne accenniamo dal momento che giova moltissimo nell'occuparsi dei più alti
affari. La suprema e perfetta gloria consta di tre elementi: se la moltitudine ci ama, se ha in noi fiducia, se, insieme con
l'ammirazione, ci stima degni di un qualche onore. Orbene - per dirla in breve e semplicemente - suscitiamo nella moltitudine
questi sentimenti quasi con quegli stessi mezzi coi quali li facciamo nascere nelle singole persone, Ma vi è anche un altro
accesso alla simpatia della folla, per poter esercitare una certa influenza sull'animo di tutti.
In primo luogo tra quei tre aspetti di cui ho parlato vediamo i
consigli che riguardano la benevolenza. Questa, invero, la si guadagna soprattutto coi benefici, in secondo luogo essa è mossa
dalla volontà di beneficare, anche se, per caso, il risultato non corrisponda. L'amore della folla, invero, è suscitato in
maniera profonda dalla stessa fama e dall'opinione di generosità, beneficenza, giustizia e lealtà e da tutte quelle virtù che
riguardano la mitezza di costumi e l'affabilità. Infatti, poiché quella stessa virtù, che chiamiamo onesto e conveniente, ci
piace per se stessa e commuove l'animo di tutti con la sua natura ed il suo aspetto esteriore, e soprattutto quasi brilla tra
quelle virtù che ho ricordato, proprio per questa ragione la natura stessa ci spinge ad amare coloro nei quali, secondo noi,
esistono quelle virtù. Queste, invero, sono le cause più importanti dell'affetto; possono esisterne, inoltre, parecchie più
lievi.
Due qualità possono far sì che si abbia fiducia: l'esser stimati
in possesso della saggezza congiunta con la giustizia. Infatti abbiamo fiducia in quelli che riteniamo più perspicaci di noi e
crediamo capaci di prevedere il futuro e di risolvere una situazione, quando essa si verifichi e si sia giunti ad un momento
critico, e di poter prendere una decisione in base alle circostanze. Questa, secondo gli uomini, è la vera ed utile saggezza.
In verità negli uomini giusti [e leali], cioè nei galantuomini, si ripone tanta fiducia da non nutrire nei loro confronti
nemmeno il sospetto di frode e di offesa. Perciò pensiamo di poter affidare con tutta sicurezza a questi la nostra salvezza, i
nostri beni ed i nostri figli.
Di queste due qualità necessarie ad
ispirare fiducia ha maggior valore la giustizia, poiché anche senza saggezza essa ha sufficiente prestigio; invece la saggezza
senza giustizia non vale ad ispirar fiducia. Quanto più uno è astuto e furbo, tanto più è inviso e sospetto perché gli manca la
fama dell'onestà. Per questo motivo la giustizia congiunta all'intelligenza potrà quanto vorrà nell'ispirar fiducia; la
giustizia senza la saggezza potrà molto, mentre la saggezza senza la giustizia non varra
niente.
Qualcuno potrebbe meravigliarsi del fatto che, mentre tutti i
filosofi affermano - e d'altra parte anch'io ho sostenuto tale tesi - che chi ha una virtù le possiede tutte, ora le separi
così, come se qualcuno potesse esser giusto, senza essere nello stesso tempo saggio; ma altro è quella sottigliezza usata
quando si definisce accuratamente in una discussione filosofica proprio la verità, altro è quella adoperata quando tutto il
discorso si modella in base alle esigenze dell'opinione comune. Perciò noi ora parliamo, in questo passo, come la gente
comune, e alcuni li chiamiamo coraggiosi, altri onesti, altri saggi. Si devono usare termini popolari e comuni nel parlare
dell'opinione comune; allo stesso modo si comportò Panezio. Ma ritorniamo al tema che ci eravamo
proposti.
- Letteratura Latina
- De Officiis di Cicerone
- Cicerone