De Officiis, Libro 2, Par. da 56 a 60 - Studentville

De Officiis, Libro 2, Par. da 56 a 60

Paragrafo 56
Itaque miror quid in mentem venerit Theophrasto in eo libro quem de divitiis scripsit in

quo multa praeclare illud absurde: est enim multus in laudanda magnificentia et apparitione popularium munerum taliumque

sumptuum facultatem fructum divitiarum putat. Mihi autem ille fructus liberalitatis cuius pauca exempla posui multo et maior

videtur et certior. Quanto Aristoteles gravius et verius nos reprehendit qui has pecuniarum effusiones non admiremur quae fiunt

ad multitudinem deleniendam. At ii ‘qui ab hoste obsidentur si emere aquae sextarium cogerentur mina hoc primo incredibile

nobis videri omnesque mirari sed cum adtenderint veniam necessitati dare in his immanibus iacturis infinitisque sumptibus nihil

nos magnopere mirari cum praesertim neque necessitati subveniatur nec dignitas augeatur ipsaque illa delectatio multitudinis ad

breve exiguumque tempus capiatur eaque a levissimo quoque in quo tamen ipso una cum satietate memoria quoque moriatur

voluptatis.’

Paragrafo 57
Bene etiam colligit ‘haec pueris et mulierculis et servis

et servorum simillimis liberis esse grata gravi vero homini et ea quae fiunt iudicio certo ponderanti probari posse nullo

modo’. Quamquam intellego in nostra civitate inveterasse iam bonis temporibus ut splendor aedilitatum ab optimis viris

postuletur. Itaque et P. Crassus cum cognomine dives tum copiis functus est aedilicio maximo munere et paulo post L. Crassus

cum omnium hominum moderatissimo Q. Mucio magnificentissima aedilitate functus est deinde C. Claudius App. f. multi post

Luculli Hortensius Silanus; omnes autem P. Lentulus me consule vicit superiores; hunc est Scaurus imitatus; magnificentissima

vero nostri Pompei munera secundo consulatu; in quibus omnibus quid mihi placeat

vides.

Paragrafo 58
Vitanda tamen suspicio est avaritiae. Mamerco homini divitissimo

praetermissio aedilitatis consulatus repulsam attulit. Quare et si postulatur a populo bonis viris si non desiderantibus ad

tamen approbantibus faciundum est modo pro facultatibus nos ipsi ut fecimus et si quando aliqua res maior atque utilior

populari largitione adquiritur ut Oresti nuper prandia in semitis decumae nomine magno honori fuerunt. Ne M. quidem Seio vitio

datum est quod in caritate asse modium populo dedit; magna enim se et inveterata invidia nec turpi iactura quando erat aedilis

nec maxima liberavit. Sed honori summo nuper nostro Miloni fuit qui gladiatoribus emptis rei publicae causa quae salute nostra

continebatur omnes P. Clodii conatus furoresque compressit.

Paragrafo 59
Causa igitur

largitionis est si aut necesse est aut utile. In his autem ipsis mediocritatis regula optima est. L. quidem Philippus Q. f.

magno vir ingenio inprimisque clarus gloriari solebat se sine ullo munere adeptum esse omnia quae haberentur amplissima.

Dicebat idem Cotta Curio. Nobis quoque licet in hoc quodam modo gloriari; nam pro amplitudine honorum quos cunctis suffragiis

adepti sumus nostro quidem anno quod contigit eorum nemini quos modo nominavi sane exiguus sumptus aedilitatis

fuit.

Paragrafo 60
Atque etiam illae impensae meliores muri navalia portus aquarum

ductus omniaque quae ad usum rei publicae pertinent quamquam quod praesens tamquam in manum datur iucundius est tamen haec in

posterum gratiora. Theatra porticus nova templa verecundius reprehendo propter Pompeium sed doctissimi non probant ut et hic

ipse Panaetius quem multum in his libris secutus sum non interpretatus et Phalereus Demetrius qui Periclem principem Graeciae

vituperat quod tantam pecuniam in praeclara illa propylaea coniecerit. Sed de hoc genere toto in iis libris quos de re publica

scripsi diligenter est disputatum. Tota igitur ratio talium largitionum genere vitiosa est temporibus necessaria et tum ipsum

et ad facultates accommodanda et mediocritate moderanda est.

Versione tradotta

Paragrafo 56
Perciò

mi meraviglio di quel pensiero che è venuto in mente a Teofrasto nel suo libro sulle ricchezze, in cui ha detto molte cose

egregiamente, ma è assurdo questo: è largo, infatti, di lodi per la magnificenza e lo sfarzo delle feste popolari e ritiene

frutto delle ricchezze la possibilità di tali allestimenti. A me, invece, quel frutto della generosità di cui ho fornito pochi

esempi sembra molto più grande e sicuro. Con quale maggiore serietà e verità Aristotele ci mette in guardia perché non

ammiriamo questi sperperi di denaro, che non hanno altro scopo che adescare il popolo. Dice infatti che " se degli assediati

dal nemico fossero costretti a comprare un quartino d'acqua al prezzo d'una mina, sulle prime questo ci sembrerebbe

incredibile e tutti si meraviglierebbero, ma, ripensandoci, farebbero una concessione alla necessità; noi, invece, non ci

meravigliamo affatto di questi eccessivi sprechi e infinite spese, tanto più che così non veniamo incontro ad alcune necessità,

e non si accresce la nostra dignità, e quel gran divertimento della moltitudine per breve ed esiguo tempo, ed è goduto dalla

gente di rango più basso, in cui, insieme con la sazietà, si spegne anche il ricordo del piacere

".

Paragrafo 57
E conclude anche giustamente: " Questo fa piacere ai fanciulli. alle

donnicciole, agli schiavi e a quegli uomini liberi assai simili agli schiavi; ma dall'uomo serio, che riflette con fermo

giudizio su ciò che accade, non possono essere in alcun modo approvate ". Capisco, comunque, che nella nostra città ormai

radicato, sin da tempo antico, l'esercizio in maniera assai splendida della carica di edile da parte degli uomini più

illustri. Perciò Publio Crasso, ricco di nome e di sostanze, adempi al suo compito di edile con il massimo splendore, e poco

dopo, con grandissima magnificenza, Lucio Crasso insieme a Qiunto Muoio, il più moderato di tutti gli uomini; poi Gaio Claudio,

figlio di Appio, e in seguito molti, i Luculli, Ortensio e Silano; ma Publio Lentulo, durante il suo consolato, superò tutti i

predecessori. Lo imitò Scauro; ma con la maggiore magnificenza svolse il suo compito il nostro Pompeo, durante il suo secondo

consolato; ma in tutte queste cose tu vedi quale sia il mio pensiero.

Paragrafo

58
Tuttavia bisogna anche evitare il sospetto di avarizia. Al ricchissimo Mamerco il rifiuto dell'edilità procurò la

sconfitta nelle elezioni per il consolato. Perciò se il popolo richiede un'elargizione, anche se gli uomini onesti non la

desiderano, e tuttavia l'approvano, si deve concedere solamente in base alle proprie possibilità economiche, come ho fatto io

stesso, specie ogni qualvolta con un donativo popolare si mira a raggiungere uno scopo più importante e più utile, come, or non

è molto, i banchetti imbanditi lungo le vie, a titolo di donativo, recarono grande onore ad Oreste. E neppure si imputò a

biasimo di Marco Seio il fatto che vendette al popolo, durante una carestia, un moggio di grano per un asse: così si liberò

d'una grande e antica odiosità popolare e con una spesa onesta, dal momento che era edile, e nemmeno eccessiva. Ma poco tempo

fa ebbe grandissimo onore il nostro Milone, che rintuzzò gli assalti e i furori di Publio Clodio con gladiatori assoldati per

conto dello Stato, la cui salvezza dipendenva dalla mia.

Paragrafo 59
Il motivo

dell'elargizione è la necessità o l'utilità. Anche nei riguardi di esse la regola migliore è quella del giusto mezzo. Lucio

Filippo, figlio di Quinto, uomo di grande ingegno e famoso sopra tutti, soleva vantarsi di aver conseguito tutte quelle cariche

che sono ritenute le più importanti senza alcuna elargizione; lo stesso affermava Cotta e cosi Curione. Anch'io potrei

vantarmi in qualche modo di questo; infatti in rapporti all'importanza delle cariche che ottenni con pieno suffragio, proprio

nell'anno consentito dalla legge per me (il che non toccò a nessuno di quelli che ho or ora citato), fu abbastanza esigua la

spesa per l'edìlità.

Paragrafo 60
Anche più giuste sono quelle spese di pubblica

utilità, come le mura, gli arsenali, i porti, gli acquedotti; benché sia più piacevole quel denaro che si dà quasi in mano,

tuttavia queste opere saranno più gradite in futuro. Nel biasimare i teatri, i portici, i nuovi templi, agisco con più ritegno

a causa di Pompeo, ma gli uomini saggi non approvano, come lo stesso Panezio, che io ho molto seguito in questi libri, senza

però tradurlo, e Demetrio Falereo, che biasima Pericle, il primo dei Greci, per il fatto che profuse tante denaro in quei

famosissimi propilei. Ma di tutto questo argomento si è trattato a lungo in quei libri che ho scritto 'Sulla repubblica'.

L'intero sistema di tali elargizioni è, dunque, in se stesso dannoso, ma necessario a seconda delle circostanze, ed anche

allora deve essere commisurato alle capacità economiche e regolato in base al giusto mezzo.

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